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"L'amore per i poveri e i ragazzi di strada è al cuore del martirio di Floribert" Le parole di Andrea Riccardi nel giorno del riconoscimento del martirio di Floribert Bwana Chui

Matteo 11, 25-26
In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.


   E' con grande gioia che annuncio che oggi papa Francesco ha riconosciuto il martirio di Floribert Bwana Chui, nato nel 1981 e ucciso l’8 luglio 2007 a Goma, in Congo, in odio alla fede, come recita il decreto. In odio alla fede. A 26 anni, le mani mafiose che l’avevano tentato di corrompere, lo hanno punito con la morte per la sua resistenza. Una resistenza per loro incomprensibile.
    In una regione bellicosa, con molti movimenti etnico-politici in lotta, percorsa da forti interessi economici, che confinano e si incrociano con il criminale, Floribert è stato abitato fin da giovane da una grande voglia di vivere, e anche di fare il bene agli altri. L’incontro con Sant’Egidio lo ha portato ai poveri, ai ragazzi di strada, visti dalla gente come bande marginali, criminali e violente che rubano e intimidiscono. L’ha portato alla Scuola della Pace, che considerava il laboratorio dei nuovi congolesi.
    Aveva capito che i poveri non sono un’altra razza, perduta per sempre. Un’amica racconta: Parlava spesso dei ragazzi di strada, diceva che non siamo diversi, che siamo gli stessi noi e loro. E poi non erano stati loro a scegliere quella vita che erano costretti a vivere per determinate circostanze.
    Vorrei dire subito che l’amore per i ragazzi è una delle origini del suo martirio. Cominciò a considerarli la sua famiglia, mentre si interessava sempre più a tutte le dimensioni della Comunità. Amava la pace e si faceva raccontare la storia della pace in Mozambico, e la sognava in Kivu.
    Fin da giovane religioso, Floribert visse la conversione nell’incontro con la Comunità. I poveri e la Parola di Dio. La sua Bibbia, conservata a San Bartolomeo, ora è innanzi a noi come una reliquia preziosa. Amava la Bibbia e diceva, con la sua semplicità, ai suoi amici: Se tu dovessi avere qualche problema, qualunque esso sia, non ti affannare, prendi il Vangelo e leggilo. Ti consolerà, ti darà gioia. Perché lui sapeva spezzare così la Parola di Dio.
    Era un ragazzo, un uomo felice, ma anche forte. Irradiava simpatia attorno a sé, divenendo un leader spesso per i giovani. Fu inviato a Kinshasa da Goma per la preparazione professionale. In quel momento tutti gli consigliarono di rimanere a Kinshasa, per le opportunità che la capitale offre, ma anche per sottrarsi al clima di violenza e di arbitrio di Goma. C’era poi una leggenda nera di famiglia, il padre aveva perso suo padre assassinato per questioni politiche, era il nonno di Floribert, e lo consigliava con molta forza di non tornare a Goma. Ma lui, finito il corso, non volle lasciare la sua Goma.    
Che sognava? Sognava di cambiare a partire dai ragazzi di strada.
Così rientrò nella vita di sempre e iniziò il lavoro come commissario alle avarie, per le merci provenienti dal Rwanda. Continuava il suo servizio con entusiasmo e creatività. Un testimone prezioso è Jonathan, un ragazzo di strada, un ragazzo di strada che era arrivato a Goma dall’altra parte del lago, perché era salito sul battello e non era più potuto scendere ed era rimasto a Goma per strada e, proprio di ritorno da Kinshasa, Floribert lo riporta a casa.
Jonathan ricorda: "la cosa che mi piaceva di più di Floribert era che parlare con lui mi faceva stare meglio. Certo, mi ha pagato la scuola, io ero contento, ma il punto non era questo. Non i soldi la cosa più importante. Anzi, quando passava di qui nessuno di noi ragazzi di strada doveva chiedergli dei soldi, lo avevamo deciso insieme, perché non si chiedono i soldi agli amici. La cosa più importante - continua Jonatha -, era il fatto che si prendeva cura di me, il suo affetto, il fatto che mi dava consigli, che si interessava di questo, di quello, di me in generale". Infatti, Floribert è stato uomo dalla parola amica con tutti. Quella parola era la sua arma.
Lui ha osato resistere alla dittatura del materialismo e della corruzione, che pervade Goma in tutte le fibre e in tutte le istituzioni, che è diventata un costume. Un piccolo uomo, lo vediamo nelle foto con un’aria un po' da intellettuale o da funzionario, che si misurava con i signori del denaro, che muovevano uomini, armi e milioni di dollari, con agganci alla politica e all’esercito.
Bisognava far passare un carico avariato, una volta era riso avariato, altre volte riso di seconda mano misto a vetro, altre volte ancora riso avariato. Sul direttore alle avarie arrivano le pressioni: 1000 dollari ti bastano? Lui dice di no, e loro non capiscono e ne offrono 2000. E lui dice di no, e ne offrono 3000. E continua a dire di no, non è il no di una trattativa, è un no diverso.
Si dice normalmente, per giustificare la corruzione in Kivu, ma anche in tante altre parti del mondo: se non lo faccio io, lo farà un altro al posto mio. E poi qualche amico gli diceva: ma credi tu, forse, di potere cambiare il mondo? Chi lo accompagnava vedeva che riceveva minacce pesanti sul cellulare, che spesso spegneva a adirato. Un amico lo sente rispondere arrabbiato come non era mai: “Nyiye amuta nikaza!”, che vuol dire in swahili: Voi non potrete costringermi!
Ma chi non è costretto dai poteri criminali? Chi può resistere? Come può farlo un ventiseienne, che ai signori del denaro appariva un imbecille testardo. Ma Floribert diceva, con sofferenza, con paura, era la sua settimana di agonia: Ma come posso permettere che la merce avariata avveleni la gente! Come posso permettere che la merce avariata avveleni i miei ragazzi, i ragazzi della scuola, di strada! E allora dice, confida: "Meglio morire che accettare quei soldi".
Così, mentre usciva da un negozio, dove aveva comprato una cravatta, nell’immagine più bella ha una bella cravatta, mentre usciva da un negozio in quei giorni frenetici, viene rapito e portato via. L’affare è grosso, perché chi assiste al rapimento e lo riconosce sarà eliminato qualche giorno dopo.
Povero Floribert, la sua morte è accompagnata dalla tortura, da colpi di ferro da stiro dappertutto, specie ai genitali, in segno di disprezzo. La tortura di chi gli strappa tutti i denti e alla fine lo strangolamento. Bisognava terrorizzare, serviva un esempio. Nessuno potrà avere più il coraggio, dopo questo, di dire ai signori del denaro: “Nyiye amuta nikaza! Voi non potrete costringermi!"
Il papa ha riconosciuto il martirio e Floribert Bwana Chui è beato. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Il debole ventiseienne ha vinto lo strapotere dei signori della morte. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Soprattutto, sentiamo compiersi in Floribert: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, la preghiera di Gesù, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
Cari amici,
noi tutti qui riuniti, più adulti di lui, con storie forse più complesse, vissuti sempre in paesi più sicuri, siamo oggi chiamati a volgere il nostro sguardo nel cuore dell’Africa, a Goma, a questo piccolo. Martire e beato, vuol dire grande nel regno dei cieli. Giovane, mai uscito dal suo paese, questo ragazzo ci precede nel regno ed è maestro di noi tutti. Soprattutto, in questo mondo di poteri occulti, e sono tanti, corrotti, dominato da guerre incomprensibili, Floribert mostra una via di cambiamento, quella che nessuno può impedirmi, cominciare da me.
Amici,
non tutto è impossibile, non tutto è perduto, c’è speranza. Floribert possederà la sua terra, quelli che hanno fame e sete di giustizia saranno saziati. In questo tempo, con poca speranza di pace e di liberazione dal male e dai suoi molteplici agenti, il nostro Floribert è una lampada che brilla in un luogo oscuro. E ci dà speranza che spunti il giorno che la stella del mattino si levi nei nostri cuori.
Per questo nella preghiera di questa sera ringraziamo il Signore per questo dono alla Comunità, alla Chiesa, al Congo e al modo intero. Ringraziamo il Signore per questo dono immeritato di un fratello così giovane e piccolo, che è divenuto nostro maestro.