SANT'EGIDIO: LA CHIESA E IL SANTO

La chiesa di Sant’Egidio a Roma è il primo luogo di preghiera della Comunità. Dedicata a Sant’Egidio abate, una figura divenuta molto popolare nel Medioevo. Venuto dall'Oriente in Occidente all’inizio del VII secolo, fondò un monastero in Provenza nei pressi di Arles. Qui Egidio morì, probabilmente nel 730.

Sant’Egidio abate è stato eremita nel sud della Francia. È una figura di santo divenuta molto popolare nel Medioevo. Di lui, però, non si hanno notizie sicure.
Secondo alcuni nacque ad Atene all’inizio del VII secolo e in seguito si recò in Provenza dove fondò un monastero nei pressi di Arles di cui fu primo abate. Qui Egidio morì, probabilmente nel 730, e il monastero venne chiamato con il suo nome.
Sul luogo della sua cripta, sul finire del IX secolo, venne costruita una basilica nella quale, in una tomba di età merovingia, si conserva il suo corpo. L’abbazia divenne luogo di numerosi pellegrinaggi soprattutto nel X secolo. Il suo culto si diffuse anche nell’Italia centrale e nell’Europa orientale, in particolare in Slovacchia, Polonia e Ungheria. È venerato come patrono dei lebbrosi, degli storpi e dei tessitori. Viene festeggiato il 1º settembre.
La sua vita, databile al X secolo, e riportata anche dalla Legenda Aurea, narra che Egidio si era ritirato a vivere in vita eremitica in un luogo deserto della Settimania, in compagnia di una cerva che gli offriva il suo latte. Durante una battuta di caccia l’animale si salvò perché Egidio fu colpito al suo posto da una freccia scagliata dal re dei Goti, rimanendo ferito ad una gamba. Il sovrano donò allora all’eremita delle terre sulle quali egli costruì un monastero di cui divenne abate. Diffusasi ormai la sua fama di santità, Egidio fu invitato da Carlo Martello, che lo supplicò di pregare per ottenergli il perdono di una colpa che non osava confessare a nessuno. In seguito Egidio si sarebbe recato a Roma per porre il suo monastero sotto la protezione papale, ottenendo dal pontefice privilegi che sottraevano il cenobio ad ogni altra ingerenza.

Sant'Egidio. La storia, il culto, le fonti

M. Bartoli - F. Tedeschi. Prefazione di Andrea RiccardiLeggi di più

La chiesa di Sant’Egidio a Roma è il primo luogo di preghiera della Comunità di Sant’Egidio.
La chiesa sorge nei pressi di una precedente fondazione più antica denominata San Lorenzo in Janiculo o de curtibus. All’inizio del ‘600 la chiesetta era pericolante: il capitolo della prospiciente Basilica di Santa Maria in Trastevere (che ne deteneva i diritti) la concesse nel 1610 ad un devoto macellaio, Agostino Lancellotti, perché la restaurasse. Aiutato dalle generose offerte della principessa di Venafro, restaurò la chiesa, ne cambiò la denominazione, dedicandola a Sant’Egidio abate, ed infine la concesse con la casa annessa alle Carmelitane Scalze. Nel frattempo le monache avevano ottenuto un’altra chiesa vicina, consacrata ai SS. Crispino e Crispiniano.
Per non avere due chiese nello stesso monastero le Carmelitane decisero di demolirle e di ricostruirne una. E’ quanto accadde nel 1630. La chiesa venne dedicata alla Madonna del Carmelo, come si legge sull’iscrizione sulla facciata: “B.V. Mariae de Monte Carmelo dicatum a. salutis MDCXXX”.

L’interno della chiesa si presenta ad unica navata. Di particolare interesse il monumento funebre di Veronica Rondinini Origo di Carlo Fontana, e la tela raffigurante Sant’Egidio abate con la cerva di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio.
La prima cosa che si nota, entrando nella piccola chiesa è la grande icona del Volto del Signore, posta sull’altare, sul fondo della chiesa. Si tratta di una icona molto antica, proveniente dalla Russia. Essa rappresenta un “mandilion”, cioè il velo sul quale si è impressa la vera immagine del volto di Gesù.
Dall’icona Gesù guarda chiunque si siede in chiesa per pregare. E’ uno sguardo insieme serio e compassionevole. La preghiera comincia così: ponendosi sotto lo sguardo di Gesù. E’ lui che ci ha visti mentre eravamo soli, confusi e dispersi.
Subito sotto l’icona del Volto del Signore si trova un leggio sul quale è sempre aperta una Bibbia. Davanti al leggio c’è un cero, che viene acceso ogni volta che la Bibbia viene letta, per la proclamazione della Parola di Dio.
Sopra l’altare vi è una croce sospesa con accanto le icone di Giovanni e delle pie donne ai piedi della croce. Davanti all’altare una bella icona della Vergine che mostra il Bambino con accanto i due santi fondatori del monachesimo russo: Antonio e Teodosio.
Accanto all’altare, addossato al pilastro di sinistra, all’altezza della balaustra, c’è un Cristo ligneo molto particolare: non ha le braccia. Non si conoscono le vicende di questo Cristo di legno: non si sa chi lo abbia scolpito, né esattamente quando e dove sia stato realizzato. E, soprattutto, si ignorano le circostanze per le quali ha perduto le braccia. E’ così e basta, con il suo dolore, con il suo sguardo rivolto verso l’alto. Nella tradizione di Sant’Egidio questo è il “Cristo dell’impotenza”.

La cappellina di destra nella chiesa di sant’Egidio è la cappella delle croci. Sopra l’altare è stata costruita come una collina di pietre grezze e, su queste pietre, sono state poste decine di croci di ogni fattura: di legno, di metallo, di ceramica, di ambra. Sotto, sulle pietre, si riconoscono le croci con le loro diverse provenienze. Una croce dipinta con il volto di mons. Romero, che viene naturalmente da El Salvador. Una croce di ambra, con le tipiche fattezze armene, dono del Patriarca armeno come ringraziamento per l’aiuto che la Comunità diede in occasione del terremoto nel 1988. Una croce peruviana che rappresenta tanti piccoli uomini che la portano, insieme, sulle spalle. Su un’altra croce, al posto di Gesù, è appesa una stampella da disabile. Una croce etiopica è stata realizzata con il metallo dei proiettili. Tante croci, ognuna diversa dalla altre, come sono diversi i paesi in cui sono state fatte. Tante croci perché ancora oggi tanti uomini e tante donne sono schiacciati sotto il peso di croci insopportabili. Tante croci perché ancora oggi Gesù continua a morire in tanti luoghi del mondo.
Sotto e vicino all’altare ci sono dei grandi quaderni nei quali sono contenute le storie (e qualche volta le foto) di alcuni amici che la Comunità ha conosciuto sotto la croce, in momenti di sofferenza e di bisogno.
A terra, sotto l’altare, c’è un cestino in cui sono raccolti dei biglietti pieni di nomi. Sono i nomi di tutti gli ammalati per i quali si prega a S. Maria in Trastevere il primo lunedì di ogni mese, quando la preghiera della Comunità di Sant’Egidio è dedicata ai malati. Ognuno scrive il nome delle persone che vuole ricorda su un foglietto. Questi foglietti, raccolti nel corso della preghiera, vengono poi lasciati ai piedi dell’altare delle croci e vengono sostituiti ogni mese.
La cappella di sinistra è quella dedicata al Santo. Qui sono custodite Bibbie o Nuovi Testamenti in decine di lingue parlate nel mondo intero. La Parola di Dio parla a tutti gli uomini di questo mondo e a chiunque entri in chiesa per pregare o meditare.

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