I migranti, con la loro domanda di integrazione, sono nel cuore della Comunità di Sant’Egidio sin da quando, alla fine degli anni Settanta, hanno cominciato a essere una presenza significativa nella società italiana.
Negli anni, l'impegno per l'accoglienza e l'integrazione è cresciuto in Italia e nel mondo e vogliamo che cresca ancora di più. Possiamo riuscirci grazie a chi sceglie la strada delle donazioni e a chi invece vuole offrire un po’ del suo tempo con il volontariato: due gesti di grande umanità che possono regalare la prospettiva di una vita migliore a chi è stato costretto a fuggire dal proprio Paese.
L’integrazione è un processo grazie al quale gli individui diventano parte attiva e virtuosa di una comunità. Inizia solitamente con l’accoglienza delle persone nella comunità e continua con l’insegnamento dei valori, della cultura e delle dinamiche sociali della comunità nella quale avviene l’integrazione.
Non a caso abbiamo usato gli aggettivi attiva e virtuosa. I migranti sono un’occasione di crescita umana per la comunità. La loro integrazione porta ricchezza, la ricchezza di una nuova cultura che, mentre impara, ha anche tanto da insegnare e può dare quel “qualcosa in più” alla comunità.
Era il 22 maggio 1979 quando alcuni sconosciuti diedero alle fiamme un rifugiato somalo, di nome Ali Jama, mentre dormiva tra i suoi cartoni sul sagrato di un'antica chiesa nei pressi di piazza Navona, a Roma. La sua tragica morte ci spinse a riflettere sulla presenza dei primi immigrati in Italia.
La Comunità promosse una veglia cittadina e chiese a Giovanni Paolo II, da pochi mesi divenuto pontefice, di ricordare quell'uomo sconosciuto. Il papa accolse l'invito e il 27 maggio, durante l'Angelus, ricordò, insieme ad Ali, tutti i migranti.
Da allora, ne abbiamo conosciuti tanti, di numerose nazionalità e provenienza. Oggi molti fra loro, alla fine di un percorso, sono “nuovi italiani” e “nuovi europei”. Un buon numero ha preso la cittadinanza e vive, lavora, pensa al suo futuro nel Paese dove risiede con la sua famiglia. Lo stesso accade in altre nazioni europee dove la Comunità è presente.
L’integrazione, dal nostro punto di vista, si fonda proprio su questo: su un sentire insieme che si basa sull’ascolto e sulla comprensione. Il nostro primo impegno con i migranti è capire da cosa stanno scappando. Il migrante con il quale parliamo ha una sua storia, una sua vita e tutto ciò che vuole è un luogo dove poter stare in pace con i propri cari.
La Comunità di Sant’Egidio intraprende numerose iniziative per favorire l’integrazione, considerata, insieme alla costruzione della pace, una delle più grandi sfide del mondo globalizzato. Tra le tante, ce ne sono due che riteniamo decisive perché, in un certo senso, rappresentano il punto di partenza per un’integrazione effettiva dei migranti nel nostro Paese e in Europa.
Si parte dall’accoglienza a chi bussa alle nostre porte perché in fuga dal suo Paese. Ma allo stesso tempo proponiamo, da subito, un percorso che prevede, come prima tappa, l’apprendimento della lingua. Aperte dal 1982 e frequentate oggi da migliaia di studenti in Italia e altri Paesi europei, le Scuole di Lingua e Cultura sono la chiave per la comprensione e la partecipazione alla vita sociale e relazionale del Paese in cui si arriva.
Parallelamente all’insegnamento della lingua, il movimento Genti di Pace, di cui fanno parte persone di tutte le nazionalità, contribuisce a creare una rete che protegge dalla tentazione di divisioni e ripiegamenti identitari. Assemblee, incontri, conferenze, anche nelle scuole, permettono di favorire l’inclusione sociale perché rende chi viene da lontano familiare anche ai cittadini dei Paesi di accoglienza. Forte in questo senso è anche l’impegno a combattere ogni forma di razzismo ed esclusione favorendo l’incontro tra mondi diversi destinati a convivere.
Dopo il naufragio di Lampedusa e le ripetute tragedie del mare, con migliaia di vittime in cerca di speranza – e nel solco di ciò che ha auspicato più volte Papa Francesco (“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”) – sono stati avviati dalla Comunità di Sant’Egidio, nel febbraio 2016, i Corridoi Umanitari, insieme alle Chiese protestanti italiane. A fine 2017 avevano già permesso l’arrivo dal Libano in Italia di oltre mille profughi siriani con un progetto interamente autofinanziato.
Ne è nato un modello di accoglienza e integrazione, ripreso in Francia, in Belgio e nelle Andorre e guardato come esempio a livello europeo.
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