"A Gaza vedo solo sadismo e barbarie Siamo prigionieri dell'età della forza". Intervista ad Andrea Riccardi

"A Gaza vedo solo sadismo e barbarie Siamo prigionieri dell'età della forza". Intervista ad Andrea Riccardi

Il colloquio
Il fondatore di Sant'Egidio: "Bisogna fermare il massacro, la risposta di Israele calpesta il diritto internazionale". Il cessate il fuoco serve a impedire altra sofferenza agli ostaggi e a migliaia di persone affamate e spinte alla fuga. Una follia trasformare in resort le case di chi ha la sola colpa di avere addosso Hamas

«Ammazzare non crea futuro, siamo prigionieri dell'età della forza. Mancano un piano per Gaza e un'idea di mondo», dice Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, mediatore di pace in Mozambico, Guatemala, Costa d'Avorio, Guinea, già ministro per la Cooperazione internazionale.
Stasera a Roma movimenti e associazioni cattoliche si riuniscono in preghiera per la pace in Medio Oriente. Perché il conflitto a Gaza aumenta invece di diminuire?
«Una situazione incredibile. Servono il cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi israeliani. Radere al suolo la Striscia è una barbarie così come è sadismo terroristico far deperire gli ostaggi. Sono da sempre amico di Israele ma la risposta del governo Netanyahu è sproporzionata e calpesta il diritto internazionale: non si vede qual è il disegno. Fermiamo subito il massacro. Basta con gli ospedali che saltano e gli innocenti che muoiono di sete e di bombe»
Chi chiede il cessate il fuoco?
«Una parte della società israeliana e tanto mondo arabo che ha ripudiato Hamas. Troppi hanno giocato con Hamas, ma il futuro di Gaza non si chiama Hamas. Non è il momento di fare il processo alla storia. Va fermato il massacro. Il cessate il fuoco serve a impedire altra sofferenza agli ostaggi e a centinaia di migliaia di persone affamate e spinte alla fuga da quel che resta delle loro case. E' il momento di una soluzione diplomatica negoziata e il diritto umanitario vale anche in guerra. Continuare a uccidere e bombardare non fa che accumulare carboni ardenti».
Perché radunarsi a Roma?
«Per annodare la preghiera al grido di dolore di Gaza. Biblicamente il grido di dolore è già una preghiera che Dio ascolta: nei salmi è anche una protesta davanti a Dio e provoca un risveglio di coscienza. Mentre si attacca per saggiare la capacità di reazione militare vogliamo suscitare nei governanti il senso di giustizia».
"Esilio forzato", dice il Papa.
«Un popolo non si sposta, è la saggezza della Chiesa. Non si fa geometria sulla cartina: un tempo le potenze coloniali disegnavano confini. Non si capisce il progetto per cui si versa tanto sangue. Il Medio Oriente non ne ha bisogno. Tenere aperta una guerra produce frutti avvelenati. La pace richiede visione. Giorgio La Pira fu irriso quando per primo esortò il presidente egiziano Nasser a parlare con Israele».
Qual è adesso la prospettiva?
«Non c'è alcun piano. Dove si sposta un popolo? E' una follia investire nella Striscia per trasformare in resort le case di chi ha la sola colpa di avere addosso Hamas che strangola una popolazione che in parte, nel lontano 2006, ha commesso l'errore di votarla. Un gazawi accolto da Sant'Egidio mi ha detto: "siamo due volte ostaggi. Dei bombardamenti e di Hamas". Basta con la violenza, dobbiamo entrare in un'altra dimensione. Andiamo oltre la guerra. La preghiera è rifiuto di un mondo senza dialogo. Putin, dopo l'incontro con Trump, ha aumentato i raid sull'Ucraina. Senza non sappiamo dialogare ci condanniamo alla guerra mondiale».
Quella di Francesco?
«Sì e per tante cause insignificanti che non valgono la vita di un uomo. L'individualismo delle persone è diventato il nazionalismo degli Stati. Ma il mondo è un'architettura complessa, se abbatto una colonna crolla tutto. Fare gli interessi del proprio Paese significa farli anche degli altri. Esiste, come diceva Beniamino Andreatta, un interesse globale che si compone. Qui si è creato un mondo solo economico, dominato dalle tecnoimprese, in cui gli Stati sono silenti e la diplomazia è un'arte dimenticata. La pace è una costruzione a vari livelli. Non si comincia dalla fine, cioè dalla firma di un trattato come quello di Camp David. E' un mondo pieno di problemi che dobbiamo risolvere. Non possiamo rassegnarci ad andare avanti così sotto l'ombrello della guerra. Ai cristiani sarà lasciato il compito di credere ancora alla pace e inventarla laddove si immagina solo la guerra».
Regno Unito e Canada riconoscono la Palestina, l'Italia?
«Non pervenuta. Eppure il segretario di Stato Pietro Parolin ha risposto con una efficace battuta in romanesco: "da mo' l'abbiamo riconosciuta". Già gli accordi di Oslo prevedevano una entità palestinese che vuole essere Stato. Dare una voce seria e ufficiale a un popolo è interesse di tutti. Non diamo alle bombe il valore di una voce. Ho lavorato una vita sulla Shoah e promosso la memoria della razzia degli ebrei a Roma. Israele ha diritto alla sicurezza. Ma la vera sicurezza è la pace. Gli accordi di Abramo erano importanti e Hamas li ha fatti fallire».
Fallimento anche di Trump?
«Ciò che accade nella Striscia è un fallimento americano di lungo periodo. Ho sperato che Trump potesse fare qualcosa, soprattutto in Ucraina. Non ho capito la sua politica. Senza un suo intervento la guerra si trascina ed è come il fuoco: scappa di mano a chi lo appicca e torna anche indietro. Penso al dolore della famiglie palestinesi per la devastazione in corso e di quelle israeliane che non sanno che fine hanno fatto i loro cari. Sono morti innocenti anche il 7 ottobre ed era povera gente che aveva buoni rapporti con i palestinesi. Non dividiamoci, andiamo al di là della violenza spropositata. Alla veglia di preghiera a Roma si accenderanno candele. Un invito a non andare avanti al buio illuminato solo dai razzi e dai bombardamenti. Sono sconcertato dall'orrore che dilaga nella Striscia».
Che ruolo ha la fede?
«Parliamo delle tre religioni abramitiche, ebrei, cristiani, musulmani, ma a Gaza non è una guerra di religione, è una guerra per la guerra. Nessuna guerra è santa. Tra il 26 e il 28 ottobre, i leader religiosi si raduneranno a Roma e interverrà Leone XIV, nello spirito di Assisi: il tema è "osare la pace". Oggi il vero coraggio è fermare queste guerre atroci». 
 


[ Giacomo Galeazzi ]