Rappresentanti del mondo cattolico riuniti ieri nella sede italiana del Parlamento europeo
Gli "artigiani di pace" d'ispirazione cattolica sono tornati a mobilitarsi. E ieri hanno eletto come laboratorio privilegiato una sede emblematica nel panorama della diplomazia e delle relazioni internazionali: la sala "Esperienza Europa - David Sassoli" dell'ufficio del Parlamento europeo a Roma. I leader di numerosi movimenti e associazioni ecclesiali - dalla Comunità di Sant'Egidio alle Acli, dall'Azione Cattolica al Movimento dei Focolari, passando anche per gli Scalabriniani e Comunione e Liberazione - hanno dato vita ad un confronto senza precedenti: l'obiettivo è stato quello di gettare le basi per l'affermazione nel mondo di una pace che sia frutto della giustizia e del rispetto dei diritti umani, aderendo all'invito di Papa Francesco a trasformarsi in testimoni del dialogo aperto, senza esclusione, che conduca alla verità evitando condizionamenti da parte delle diverse posizioni sociali e politiche.
«Questo nostro incontro è la prima tappa di un'agenda che dovrà vederci sempre più protagonisti» ha detto Piero Damosso, giornalista dal cui libro intitolato Può la Chiesa fermare la guerra? è giunto lo stimolo per organizzare questo summit, al quale hanno partecipato anche rappresentanti del mondo musulmano ed ebraico.
L'accordo tra Israele ed Hamas e il recente cambio di potere in Siria hanno spinto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, a sostenere che sono deboli segnali di speranza ma ci sono, sono concreti.: «Quando era arcivescovo di Buenos Aires - ha aggiunto - Jorge Mario Bergoglio ci disse: io apprezzo il vostro lavoro perché voi siete mediatori e non intermediari, gli intermediari sono quelli che vogliono guadagnare dalla pace, mentre l'unico interesse dei veri mediatori è superare la sofferenza dei popoli coinvolti. Per fare la pace occorre lo stile non violento».
Della necessità della pace costruita dal basso ha parlato anche Margaret Karram, di origine palestinese e presidente del Movimento dei Focolari. «Per ottenerla, tutti, ma proprio tutti, dobbiamo pensare a innalzare ponti di speranza. E la nostra comunità lo sta facendo in tante zone del mondo devastate dai conflitti come ad esempio Libano e Siria: il nostro compito è aiutare chi ha bisogno senza distinzione». Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha posto l'accento sulla necessità sempre più urgente di coinvolgere i giovani: «Dobbiamo promuovere ancora di più il servizio civile: in Italia, ogni anno, ci sono circa 100.000 mila domande ma i posti sono molti meno. E poi dovremmo pensare di non dimenticare un'esperienza che è stata avviata con la legge finanziaria in una forma per ora sperimentale: i corpi civili di pace. Dovremmo renderli stabili». Ma Fadda si è spinto anche oltre: «Il governo italiano dovrebbe istituire anche il ministero della pace mentre all'Europa spetterebbe la creazione di un Commissario per la pace. Sono scelte assolutamente necessarie».
Presente all'incontro anche il vicepresidente del consiglio e ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, che in collegamento da Gerusalemme dove è in visita - la prima di un esponente di governo straniero dopo la firma della tregua - ha voluto esprimere gioia per il cessate-il-fuoco e confermare l'impegno dell'Italia per la pace: «Tra qualche settimana tornerò qui per accogliere le navi del progetto Food for Gaza che ha l'appoggio israeliano e palestinese. Per la pace ci vorrà tempo ma si deve lavorare in questa direzione senza perdere il coraggio».
«Questo nostro incontro è la prima tappa di un'agenda che dovrà vederci sempre più protagonisti» ha detto Piero Damosso, giornalista dal cui libro intitolato Può la Chiesa fermare la guerra? è giunto lo stimolo per organizzare questo summit, al quale hanno partecipato anche rappresentanti del mondo musulmano ed ebraico.
L'accordo tra Israele ed Hamas e il recente cambio di potere in Siria hanno spinto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, a sostenere che sono deboli segnali di speranza ma ci sono, sono concreti.: «Quando era arcivescovo di Buenos Aires - ha aggiunto - Jorge Mario Bergoglio ci disse: io apprezzo il vostro lavoro perché voi siete mediatori e non intermediari, gli intermediari sono quelli che vogliono guadagnare dalla pace, mentre l'unico interesse dei veri mediatori è superare la sofferenza dei popoli coinvolti. Per fare la pace occorre lo stile non violento».
Della necessità della pace costruita dal basso ha parlato anche Margaret Karram, di origine palestinese e presidente del Movimento dei Focolari. «Per ottenerla, tutti, ma proprio tutti, dobbiamo pensare a innalzare ponti di speranza. E la nostra comunità lo sta facendo in tante zone del mondo devastate dai conflitti come ad esempio Libano e Siria: il nostro compito è aiutare chi ha bisogno senza distinzione». Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha posto l'accento sulla necessità sempre più urgente di coinvolgere i giovani: «Dobbiamo promuovere ancora di più il servizio civile: in Italia, ogni anno, ci sono circa 100.000 mila domande ma i posti sono molti meno. E poi dovremmo pensare di non dimenticare un'esperienza che è stata avviata con la legge finanziaria in una forma per ora sperimentale: i corpi civili di pace. Dovremmo renderli stabili». Ma Fadda si è spinto anche oltre: «Il governo italiano dovrebbe istituire anche il ministero della pace mentre all'Europa spetterebbe la creazione di un Commissario per la pace. Sono scelte assolutamente necessarie».
Presente all'incontro anche il vicepresidente del consiglio e ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, che in collegamento da Gerusalemme dove è in visita - la prima di un esponente di governo straniero dopo la firma della tregua - ha voluto esprimere gioia per il cessate-il-fuoco e confermare l'impegno dell'Italia per la pace: «Tra qualche settimana tornerò qui per accogliere le navi del progetto Food for Gaza che ha l'appoggio israeliano e palestinese. Per la pace ci vorrà tempo ma si deve lavorare in questa direzione senza perdere il coraggio».
[ Federico Piana ]