Il dibattito sulla cittadinanza

I lettori ci scrivono. Una riflessione sull'editoriale di Daniela Pompei
Ho apprezzato moltissimo il "Primo piano" (FC 34, pag. 3) sui cittadini di fatto di Daniela Pompei, per l'oggettività e competenza con cui Famiglia Cristiana tratta argomenti anche così spinosi. Oggettività e soprattutto competenza, che non si riscontra in molti politici e anche giornalisti nel trattare l'argomento. Molto pressapochismo, al di là dei "miopi calcoli elettoralistici e di presunto consenso popolare".
Sicuramente, come scrive la vicepresidente della Comunità di Sant'Egidio, l'attuale legge sulla cittadinanza è anacronistica. Ma, per fortuna, contiene alcune disposizioni che aprono qualche opportunità per i minori, senza dover attendere il compimento del diciottesimo anno di età per acquistare il nostro status civitatis. Fermo restando la sacrosanta necessità e opportunità di arrivare a una normativa più civile, e socialmente giusta, come quella prospettata dello ius scholae.
In sintesi: i figli minori di chi acquista la cittadinanza italiana, se convivono con lui, acquistano la cittadinanza italiana. È il caso dei figli minori di cittadini comunitari, che possono richiedere la cittadinanza italiana se risiedono legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica e per gli extracomunitari se risiedono da almeno dieci anni, trascinando anche i figli minori nell'acquisto. Inoltre, il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza.Esiste anche una, sia pur irrilevante, forma di ius soli per chi nasce in Italia se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, o per il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica. 

[ Umberto Coassin ]