OMELIE

Il dono della pace: un impegno per tutti, ispirati dai martiri. L'omelia del card. Farrell alla veglia di preghiera a San Bartolomeo all'Isola

 

 

OMELIA DEL CARD. FARRELL
(Mc 13,5-13)

Cari fratelli e sorelle, nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù esorta i suoi discepoli a non farsi prendere dallo spavento quando udranno di guerre, terremoti e carestie. Sono eventi drammatici che fanno parte della storia umana e che colpiscono tutti, credenti e non credenti. Tuttavia hanno una relazione con gli eventi finali, sono “l’inizio dei dolori” dice Gesù, dunque anch’essi sono sotto il dominio di Dio. L’intervallo di tempo fra l’“inizio dei dolori” (v.8) e la “fine” (v.7) rimane ignoto, Gesù non lo rivela, ma rivela che questo tempo intermedio di attesa della fine sarà sempre caratterizzato da persecuzioni. Persecuzioni ingiuste che colpiranno i discepoli per il solo fatto di aver creduto in Gesù e di averlo seguito. Dunque, alla inevitabile precarietà della storia, segnata da guerre, terremoti, carestie, si aggiunge per i discepoli l’incomprensione e la violenza causata dal loro legame con Gesù. Ogni credente, incontrando Gesù, sperimenta la salvezza e, nella relazione con Lui, trova la ragione della propria vita. Eppure, questa relazione vitale con Gesù diventa causa di isolamento dagli altri e di rifiuto: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome», dice Gesù. Persino la famiglia, che è la prima e più importante comunità umana, può diventare luogo di minacce e violenze a causa di Gesù. L’opposizione a Cristo scuote così le fondamenta della comunità umana.

I cristiani perseguitati ci mostrano, in ogni tempo, che nulla - nemmeno i legami di sangue – è superiore al legame con Cristo. Nei martiri vediamo che la comunione con Gesù è ben più preziosa della vita terrena, dei legami famigliari, di tutto! Questa “testimonianza del sangue” che i martiri rendono a Cristo è una voce profetica potente e un grande segno di speranza perché il Regno di Dio continuerà a diffondersi, anzi, grazie ai martiri, sarà ancora più conosciuto e amato.
Gesù, infatti, rivela che la persecuzione non potrà mai rendere inefficace la volontà salvifica di Dio, in particolare il suo desiderio di far giungere l’annuncio della salvezza a tutti gli uomini: «ma prima è necessario che il Vangelo sia annunciato a tutte le nazioni» (v. 10). Nonostante le difficoltà e le persecuzioni, il Vangelo continuerà ad essere proclamato, a illuminare tante menti, a convertire tanti cuori, a salvare tante vite. Gesù rivela anche che, sebbene possano sembrare abbandonati da tutti, i discepoli perseguitati non sono soli: lo Spirito Santo sarà con loro per illuminarli, per confortarli, per donare loro forza. Se anche saranno privati della vita, per la loro fedeltà fino alla fine, Dio li salverà accogliendoli nella propria vita: «chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato». Così ci assicura Gesù.

Sant’Agostino in un sermone in onore dei martiri afferma: «La giustizia dei martiri è perfetta perché raggiunsero la perfezione proprio nel crogiuolo della passione. È per questo che nella Chiesa non si prega per loro. Per gli altri fedeli defunti si prega, per i martiri non si prega. Infatti, ne uscirono così purificati da non essere i nostri protetti ma i nostri avvocati. E questo non di per sé stessi ma in Colui al quale, come Capo, le membra perfette sono strettamente connesse. Egli è, infatti, veramente l'unico avvocato» (Disc 285).

Le parole di Sant’Agostino ci fanno comprendere ciò che facciamo in questa Veglia: ci rivolgiamo ai martiri come intercessori, come avvocati, perché ora essi vivono in Dio e sono uniti all’unico avvocato che è Cristo e con Lui pregano per noi.

Ci rivolgiamo a loro soprattutto per chiedere il dono della pace di cui abbiamo tanto bisogno. Assistiamo oggi a tante manifestazioni di violenza nel mondo: tante persone inermi che muoiono nelle guerre, tante vittime di fanatismo religioso, tante donne uccise anche fra le mura domestiche, tanti bambini morti a Gaza … eppure pochi si adoperano per la pace! In pochi cuori abita il desiderio della pace! I martiri avevano nel cuore la pace e per questo, con la loro morte, hanno fermato la spirale della violenza. I martiri, infatti, hanno vissuto in situazioni di tensione e di conflitto, ma non hanno alimentato il risentimento e gli odi reciproci. Li preghiamo perché anche noi possiamo avere un cuore pacificato e desideroso di pace.
Sappiamo bene che le “polarizzazioni” che affliggono la società iniziano nel nostro cuore, mettendo in cattiva luce gli altri e arrivando alla fine a distorcere la loro reale identità. Quando poi le “polarizzazioni interiori” diventano diffuse e si proiettano all’esterno, dapprima rendono tesi i rapporti umani e alla fine trasformano l’intera società, che diventa poco alla volta fredda e satura di violenza. Il primo passo da fare, perciò, è superare le “polarizzazioni” che abbiamo dentro di noi e cercare la pace con le persone a noi vicine: famigliari, vicini, colleghi, persone che vivono nei nostri quartieri e nelle nostre città, le persone che appaiono “diverse” da noi. Sarebbe una vistosa contraddizione chiedere alle nazioni quella pace che noi stessi non vogliamo vivere nell’esistenza quotidiana.

Nella nostra preghiera chiediamo ai martiri un cuore libero dalle contrapposizioni e dalle polarizzazioni che inquinano gli animi. Anche noi, sebbene non ne siamo del tutto consapevoli, possiamo provocare la morte di altre persone, i “martiri della povertà e della disperazione”, perché in nome della ricerca cieca del nostro benessere ci mostriamo indifferenti a chi è nel bisogno, ci volgiamo dall’altra parte e non offriamo aiuto a chi desidera migliori prospettive di vita. Oppure favoriamo disuguaglianze e squilibri all’interno di paesi esteri che poi causano sofferenze in migliaia di persone.
Nella nostra preghiera chiediamo ai martiri di essere accoglienti, di sentire la giusta solidarietà e compassione e saper trovare modi intelligenti e realistici per offrire aiuto e sostenere il cammino della pace e dell’uguaglianza in tanti paesi del mondo.

Carissimi, in una società dove prevale il non senso e lo smarrimento esistenziale, i nostri fratelli martiri ci ricordano che esiste un senso “alto” della vita, qualcosa per cui vale la pena di vivere e di morire. In un’epoca di indifferenza, di relativismo e di freddezza rispetto a qualsiasi ideale morale e religioso, questi nostri fratelli gridano con il loro esempio che c’è qualcosa di assoluto che ci supera e che vale più di ogni ricerca momentanea ed effimera di
benessere. Questo bene assoluto, questo amore assoluto dal quale mai dobbiamo separarci è Gesù!

Sant’Agostino afferma: «Per il nome e la giustizia di Cristo, i suoi martiri… non temettero né la morte né i patimenti. Vinse in loro Colui che visse in loro» (Disc 280). I martiri non sono vinti, sono vincitori! E sono vincitori perché Gesù viveva in loro. Che essi ci aiutino nel seguire Gesù con più generosità e coraggio e a servire gli altri con più amore.

Amen.