OMELIE

"Chiamati ad abbandonare il mondo dell'io per essere benedizione per gli altri". Commento di Andrea Riccardi a Gen. 12,1-9 nella festa di Sant'Egidio

 

 

Genesi 12,1-9
Il Signore disse ad Abram: "Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra". Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei.
Il Signore apparve ad Abram e gli disse: "Alla tua discendenza io darò questa terra". Allora Abram costruì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb.


Cari fratelli e sorelle,
celebriamo Sant’Egidio, una memoria che ci è sempre più chiara e più cara. L’abbiamo approfondita anche pubblicando in italiano quel racconto che molti secoli fa si leggeva nella basilica di Santa Maria in Trastevere per la sua ricorrenza. Ne narrava la storia, i miracoli, la vicenda di monaco e di padre dei deboli e dei poveri.
E abbiamo aggiunto oggi in mezzo a noi, sull’altare, quella reliquia che ci è stata donata da un pellegrinaggio proveniente da Saint Gilles in Francia, Sant’Egidio, dove il santo è stato sepolto.
Cosa aveva spinto Egidio a uscire dal mondo di se stesso, dei suoi pensieri, dei suoi interessi per ascoltare la Parola del Signore e andare dove Dio gli diceva? Uscire, camminare non è soltanto movimento, dopo il quale spesso si resta uguali: camminare dalla propria patria, ascoltando la Parola di Dio, è anche la metafora della fede. Tanto che negli Atti degli Apostoli la nostra fede, la nuova fede è chiamata con una parola molto semplice, la via.
In ogni santo e in ogni cristiano, in fondo, c’è Abramo. Noi oggi vediamo Sant’Egidio nella luce di Abramo. Forse questo passo della Genesi è la svolta più importante dell’Antico Testamento, dicono i maestri delle Scritture. Dio promette di divenire un popolo grande a un anziano con una moglie vecchia e senza un figlio.
Non solo gli promette che avrà una terra, ma non la possederà: “soggiornò nella terra promessa come in una nazione straniera”, dice la lettera agli Ebrei. (Eb 11,9). Però ovunque andrà Abramo, mai re, mai faraone, mai sovrano, sarà una benedizione.
E a un certo punto gli hittiti, stupiti della sua presenza, gli dicono: “Tu sei un principe di Dio” (Gen 23,20). Sì, un principe di Dio. Abramo avrà una discendenza che alla fine si chiamerà Israele e che sarà benedizione anche per gli altri popoli con cui vivrà, anche se nomade, minoritario, straniero: “In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”.
Vedete, è questo il messaggio che sale dalla Genesi. Un piccolo, un vecchio, un nomade o un prigioniero come Giuseppe, trasforma le nazioni del mondo. E io vorrei dire che ogni piccola comunità credente, senza presunzione, è una benedizione per la città, per la nazione, per il mondo, per i poveri.
Oggi, per ognuno di noi sentiamo che c’è una chiamata a incamminarci da noi stessi, per benedire le nazioni e il mondo. Perché questo è un mondo che spesso follemente maledice se stesso. La guerra è la maledizione che il mondo infligge a se stesso, come in Ucraina o come in Siria o in Sudan o in altre parti del mondo. Il mondo maledice se stesso.
Oggi, 1 settembre, ricordiamo l’inizio della Seconda guerra mondiale, cominciata proprio il 1 settembre 1939. E oggi la Chiesa ortodossa ricorda la festa della cura del creato. Il mondo maledice se stesso con la distruzione del creato.
Amici, c’è un profondo bisogno di benedizione, c’è un profondo bisogno di benedizione dove ci si combatte, nelle città distrutte: si parla di mezzo milione di morti e di feriti tra ucraini e russi. Quanto c’è bisogno di benedizione nell’impossibile cammino dei migranti. Quanto c’è bisogno di benedizione laddove ci si odia. E c’è bisogno di benedizione anche nella Chiesa. Benedizione su di noi, perché cresca in noi non la sapienza di questo mondo, ma l’audacia dell’amore.
Oggi ricordiamo Egidio, nascosto nella foresta, che attraeva con la santità e con la benevolenza verso i deboli. Ma ricordiamo il piccolo Abramo, che “Ebbe fede - dice l’apostolo - sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli” (Rom 4,18). Perché per essere padre di molti popoli bisogna sperare contro ogni speranza.
La forza di Abramo è la fede. Per questo Abramo pregava, anzi Abramo appare anche in questo brano un costruttore di altari al Signore. A lui Dio aveva chiesto: “C’è qualcosa di impossibile al Signore?” (Gen 18,14). Niente è impossibile a Dio! Sapeva che la sua intercessione poteva essere ascoltata come avvenne a Sodoma.
Così, fratelli e sorelle, la nostra preghiera può essere ascoltata. Preghiera per la pace, preghiera per la protezione della nostra famiglia, preghiera perché si aprano strade di consolazione per i poveri.
Parlando di Abramo non parliamo di un lontano personaggio, ma parliamo di noi. La chiamata ad abbandonare il mondo dell’io per essere benedizione per gli altri. Anche il mio cuore di pietra, duro e indurito, poco capace di fraternità, può aprirsi all’amore: “Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre” (Mt 3,9) -dice Gesù. e tante volte queste pietre dure diventano le pietre che costruiscono la casa di preghiera, la casa dei poveri, la casa della pace. I figli di Abramo.
Nel Vangelo di Luca noi troviamo stranamente Abramo vicino alla povera gente. Lo troviamo nel Magnificat di Maria e Gesù dice dell’emorroissa: “Questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto legata per 18 anni” (Lc 13,10). Poi, nella vicenda del povero Lazzaro, Abramo sta accanto a lui, Lazzaro ignorato dal ricco. E Gesù dice di Zaccheo, un corrotto: “anch’egli è un figlio di Abramo” (ivi, 19,9).
Abramo è amico dei poveri, dei peccatori e lui stesso, uomo fragile, è il prototipo e l’immagine di noi tutti discepoli.
E allora, cari amici, siamo felici di ritrovarci qui insieme in questa festa, di riconoscerci l’un l’altro nel nome del beato Egidio. Siamo contenti di ritrovarci e in questa festa chiediamo ad Abramo, a Egidio di pregare con noi. Chiediamo a Sant’Egidio di pregare per noi, perché possiamo essere negli angoli del mondo popolo di benedizione e la benedizione è pace e fraternità. Quella fraternità che, ricordando Sant’Egidio, noi chiediamo per tutti. Chiediamo pace e fraternità!
Sia una buona festa di Sant’Egidio, sia questa memoria una benedizione per noi tutti. Amen.