Parole e immagini della liturgia per la festa di Sant'Egidio: l'omelia del card. Matteo Zuppi, il saluto di Marco Impagliazzo

Predicazione del card. Matteo Zuppi in occasione della festa di Sant'Egidio


Prima Lettura
1Cor 2,10-16
Salmo Responsoriale Salmo 144
Vangelo Lc 4, 31-37
 

Questa piazza questa sera raccoglie un po’ tutti quelli che sono sparsi nei quattro angoli della terra che sentiamo molto uniti a noi in quel vincolo vero, invisibile, che è la comunione.

Viviamo con gioia particolare la memoria di Sant'Egidio. Celebriamo, infatti, oggi un anniversario davvero importante: 1300 anni dalla sua morte, avvenuta nel Sud della Francia, dove è sepolto. È occasione privilegiata per ringraziare. Non dovremmo mai perderne nessuna per farlo, perché ringraziare ci aiuta a vivere bene, “è cosa buona e giusta” come si dice nella Liturgia, ed è fonte di salvezza, perché chi ringrazia vive meglio lui e fa vivere meglio gli altri. Ringraziare aiuta a ricordare i doni che abbiamo e ci libera dalla tentazione di essere presi dagli affanni che ci fanno perdere la parte che non sarà tolta e che ci fanno diventare vittimisti tanto da non accorgerci della vicinanza di Dio.

Ringraziamo per un dono che è nostro ed è mio, personale come la cosa più intima e preziosa che ognuno ha e che ci aiuta a rendere preziosi il prossimo amandolo. È un regalo comune, che ci fa vivere in un’unica casa con tante stanze unite anche se lontane. Nonostante il nostro peccato siamo suoi, perché Dio è sempre più grande della nostra miseria.

E “l’amicizia qui non finisce mai”, diceva un vecchio e commosso amico della Comunità, Valdo Vinay, perché è la scelta di Dio di essere amico e ci permette di essere una famiglia, e di esserlo in tutte le nostre scelte perché è quella più importante di tutte. Sant'Egidio è una casa e non una sede. Io rimasi sorpreso (mi prese un colpo!), ricevetti una chiamata di Andrea perché proprio il giorno di Sant'Egidio, un anno fa, Papa Francesco aveva annunciato che mi avrebbe creato cardinale. Era chiaro per me: eminente è la Comunità, quello che ho è per l’amore che ho ricevuto e tutti siamo titolari di questa casa che ci unisce al Vescovo di Roma e alla sua Chiesa che presiede.

Ringraziamo perché ci ha cambiato la vita e dopo tanti anni e tante resistenze non smette di farlo. Nel piccolo seme dell’inizio era nascosto un albero grande che Andrea ha visto anche quando sembrava impossibile, perché ha creduto che la Parola è efficace e lo ringraziamo di tutto cuore, insieme a Marco e a quanti, come direbbe l’apostolo “si affaticano per noi”.

Preghiamo sempre gli uni per gli altri e anche per chi ha il servizio della comunione in una famiglia così grande, davvero universale e che ci chiede a tutti di non fare mai mancare la nostra amicizia e vicinanza. Sant’Egidio è un albero davvero grande che vuole offrire riparo in un mondo segnato da interessi oscuri e potenti, che lo minacciano pericolosamente, che lo rovinano, attraversato da tante pandemie alle quali la Comunità non si è mai abituata, che non ha ignorato e non ha affrontato senza fretta, con il distacco dei funzionari.

Con il male non c’è tempo da perdere e Sant’Egidio non ha smesso di avere fretta di raggiungere tanti uomini mezzi morti e per certi versi un mondo mezzo morto, per i quali se si perde tempo significa perdere anche la metà della vita che gli era rimasta, questa volta per colpa del bandito che è l’indifferenza. In questi mesi così difficili e pieni di solitudine e paura abbiamo capito ancora di più la forza di umanità di Sant’Egidio e come non possiamo sciuparla con un amore scarico di passione o tenendola per noi.
Sant’Egidio è vissuto in un mondo completamente diverso dal nostro e potremmo pensare che non ha niente a che fare con la nostra vita. L’amore sempre supera le distanze, il tempo, le differenze, perché viene da Dio. Ed è proprio vero che quello che rimane è quello che doniamo agli altri. La santità, cioè l’amore di Dio riflesso nella nostra umanità, non finisce mai e dura dopo di noi. Sant’Egidio non andava certo in giro con l’aureola, ma certamente gli altri lo cercavano perché trasmetteva un amore che lo rendeva attraente e luminoso, autorevole, come chi è vuoto delle sue parole e pieno delle parole di Dio.

Era un greco che prese sul serio il Vangelo e si sentiva a casa dappertutto, come la Comunità. Egli andò dall’altra parte del mondo di allora, la Francia e la Spagna. In Catalogna ci sono alcuni santuari dedicati a Sant'Egidio. Era un ricco, che si fece povero. Era un uomo di preghiera intensa e perseverante e allo stesso tempo attento agli altri, accoglieva tutti, specie i poveri e quelli che avevano bisogno di protezione. Non si faceva mettere paura – diciamo intimidire - dai violenti e dai ricchi. Anzi, se questi lo incontravano capivano e diventavano diversi, perché non era presuntuoso, ma potente, forte, pieno dell’intelligenza di Dio. Resisteva alla loro violenza e difendeva la cerva, amica sua. Costruì un monastero, cioè una comunità di persone. Nessuno di noi all’inizio conosceva chi fosse Sant’Egidio.

Nei primi anni della Comunità spesso domandavano ad Andrea cosa avesse fatto di tanto particolare questo sant’Egidio da scegliere di prendere il suo nome! Abbiamo scoperto che ci rassomiglia moltissimo! Perché chi ama il Signore non diventa del tutto uguale agli altri, un po’ come avviene a chi ama se stesso e quindi banale e uguale agli altri, ma scopre che siamo fratelli e che è bello esserlo, capisce che siamo figli della stessa madre e vive la gioia di essere insieme e fratelli: poveri e ricchi, uomini e donne, malati e non, giovani e vecchi, bambini e adolescenti, tutti possiamo ascoltare il Vangelo ed aiutarci a metterlo in pratica imparando che ognuno di noi ha sempre qualcosa da dare agli altri. 

Che gioia allora un Santo così e avere un nome che ci unisce! Il suo nome rende importante il nome di ognuno e fa crescere in noi, anche dopo tanti anni, la voglia di essere migliori e la scelta serena di tirare fuori il meglio di noi.  Sant’Egidio era uno che compiva tanti miracoli. E ci insegna a compiere le cose grandi dei discepoli di Gesù, che non possono avere un amore mediocre. Raccontano le storie antiche di persone che erano in grandissime difficoltà, come prigionieri o condannati a morte, che pronunciarono il nome di Sant’Egidio e vennero liberati o protetti.  Un’altra storia parla di Sant’Egidio come colui che apparecchia in terra per i poveri la mensa che Gesù apparecchia per noi in paradiso. Il nome stesso ci fa compagnia nelle difficoltà, è come luce nel buio, ci fa sentire importanti anche nella debolezza più grande, perché amati, soli ma non isolati, come accade ad alcuni nostri fratelli che purtroppo vivono distanti e in condizioni di pericolo. Rappresenta la pace. E quanti invocano Sant’Egidio perché sono sommersi dalla terribile tempesta della guerra.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci parla di un uomo che non era padrone di sé perché posseduto da uno spirito che rovinava il suo cuore e la sua relazione con gli altri. Gesù ripara, guarisce,
fa tacere la divisione e costruisce una relazione di amore, ci dona il potere di liberare il mondo dai tanti spiriti di divisione, di odio, di violenza, di solitudine. Ecco perché Sant’Egidio era ed è protettore dei deboli, guaritore, difensore di chi non sapeva come fare, anche le persone che hanno sofferenza psichiatriche e spirituali, naufraghi, posseduti dai demoni, contadini che invocano la pioggia contro la siccità.

Sant’Egidio è un patrono, un protettore, cioè qualcuno che pensa a me, che non mi dimentica, che mi prende sul serio e per il quale sono importante tanto da venire in mio aiuto. Continua a proteggere la cerva dalla violenza dei re e dall’arroganza di chi si crede padrone dell’ambiente. Quante persone non hanno un patrono che li difenda! Celebriamo con gioia il nostro patrono, capiamo che e scegliamo amati dal signore e scegliamo di essere protettori per gli altri. E la sua forza è solo quella degli umili, cioè di coloro che non confidano nel loro orgoglio ma nella grazia. Amiamo Sant’Egidio, questa casa che è santa perché dono di Dio. “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. Per far conoscere agli uomini le tue imprese e la splendida gloria del tuo regno”.


A conclusione della liturgia

Il saluto di Marco Impagliazzo

Vorrei rivolgere un augurio e un saluto a tutti voi in piazza, a chi è in Basilica e a tutti coloro che sono collegati in tutto il mondo per questa grande festa. Caro Andrea, grazie per l’ispirazione che dai ogni giorno alla vita della Comunità. Caro don Matteo, prete romano a pieno titolo, prete romano trasteverino, collaboratore stretto di Papa Francesco, titolare di questa chiesa di Sant’Egidio in questo speciale anniversario. Ci voleva una festa così per i 1300 anni del trapasso di Sant’Egidio ma, forse, anche per festeggiare il tuo primo anno di cardinalato, è questa forse la vera sorpresa. Ringrazio anche Vincenzo e Ambrogio che concelebrano in questa liturgia così bella e solenne in cui finalmente abbiamo avuto anche il permesso da governo e CEI di rafforzare il coro per le liturgie.

Ma vorrei ringraziare soprattutto per i tantissimi messaggi ricevuti in tanti modi, via social, e personalmente, che abbiamo ricevuto. È un’emozione abbracciare idealmente tutte le nostre Comunità, una grande famiglia di comunità, come ha detto don Matteo. La memoria di Sant’Egidio, una memoria che è stata legata per secoli ad un uomo e via via ad un luogo, un santuario, un eremo, una chiesa e a tanti luoghi che si sono costruiti legati a questo santo in Europa. Una memoria europea, un santo europeo. Ma lasciatemi dire che è così ma non è più così. E perché oggi questa memoria ha superato i confini europei ed è legata non più soltanto ad un uomo, ad un santo ma è legata ad una Comunità, almeno così noi la sentiamo, a tante Comunità che sono parte della stessa famiglia, una famiglia universale.

E tutto ciò che Sant’Egidio ha rappresentato nella storia, la protezione dei poveri, dei piccoli, delle malattie, dei naufragi, dei flagelli della natura, delle pandemie, tutto ciò che Sant'Egidio ha rappresentato come protezione oggi la nostra comunità lo vive lo vuole vivere nel futuro, ed è provvidenziale che sia così in questo tempo. Perché la risposta a un tempo difficile come il nostro è non essere soli e non lasciare solo nessuno e sapere che siamo tutti sulla stessa barca, come dice Papa Francesco, la risposta a questo tempo è essere comunità, anche essere Comunità di Sant’Egidio ed è popolare di comunità le nostre città, per questo è molto bello che non sia più soltanto la memoria di un santo ma la vita di una Comunità che da lui prende il nome. Per questo preghiamo a Sant’Egidio di proteggere e far crescere nel mondo la Comunità e lo stile della Comunità, perché c’è uno stile della Comunità che è segno di protezione verso tutti coloro che hanno bisogno. Ci doni Sant'Egidio la benedizione di non essere mai soli, di costruire tutti i giorni comunità che non vivono di virtualità ma di realtà. Viva Sant’Egidio!

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