Nell’aula del campus Upo consegnati i diplomi dalla Comunità di Sant’Egidio: “Qui sta la chiave dell’integrazione”
Due suore asiatiche siedono poco lontano da una donna completamente velata e da una ragazza che indossa un elegante abito africano verde e oro con turbante. Qualcuno parla in spagnolo e arabo, altri si salutano in italiano che non è la lingua madre di nessuno di loro. Il mondo è riunito nell'aula del campus Upo in cui si celebra la consegna dei diplomi della scuola di italiano della Comunità di Sant'Egidio che in questo anno scolastico ha contato 535 iscritti e nei suoi 36 anni di attività oltre venti mila: «Ognuno ha una storia diversa da raccontare» ha commentato il responsabile Gianfranco Giromini.
La scuola di italiano è nata nell'ambito della Comunità a Roma nel 1982 e a Novara non molto dopo, nel 1989: i primi allievi erano un piccolo gruppo di immigrati senegalesi impiegato nell'agricoltura delle campagne del Novarese. Ora la scuola tiene lezioni nelle aule dell'ateneo di via Perrone, alla scuola De Amicis di via Monte San Gabriele e alla Casa della solidarietà, in via Fratelli di Dio a Sant'Andrea. I corsi danno l'opportunità di ottenere le certificazioni, un passo dopo l'altro compresa quella cruciale per chi richiede la cittadinanza, la B1.
Osservando i volti e ascoltando le voci, si vede il mondo. Le statistiche dicono che la nazionalità più rappresentata è il Bangladesh con il 19 per cento degli iscritti, seguono il Perù con il 17% e il Marocco con il 12%, poi Pakistan e Ucraina ciascuno al 10%, Egitto al 7%, India e Siria rappresentano ognuno il 6% degli allievi, quindi Nigeria al 5% e Senegal e Albania al 4%. Insieme queste 11 nazionalità sono i quattro quinti del totale degli studenti. Per quanto riguarda la religione sei su dieci sono mussulmani, tre sono cristiani e gli altri induisti, sikh o atei.
« Comprendere la lingua del Paese in cui si vive è un bisogno primario - ha sottolineato Giromini - e la sua conoscenza è la prima vera chiave di integrazione . Ma questa non è solo una scuola di lingua e cultura italiana: qui noi impariamo a usare le parole che costruiscono affetto, amicizia e attenzione ai bisogni degli altri. Nessuno vive da solo e insieme possiamo crescere molto: vorremmo trasmettere questa idea di solidarietà all´Italia».
“Un pezzo di città”
A questo proposito la presidente della Comunità Daniele Sironi ha aggiunto: «Siamo un pezzo bello della nostra città e del nostro mondo. Ci siamo rimessi tutti a scuola per imparare una nuova lingua e perché con l'istruzione si costruisce la pace. E' una materia molto difficile ma ha la forza del terremoto: un movimento che nasce piccolo e fa crollare le barriere e della divisione».
Ha detto «grazie» in diverse lingue il prorettore dell'università, Gianluca Gaidano: «Ogni arrivo arricchisce la nostra cultura e quindi vi siamo grati di aver portato la vostra e di condividerla con l'Italia - ha detto - . Tanti di voi provengono da situazioni di sofferenza ma hanno trovato speranza. Vi auguro un progetto di vita bellissimo nel nostro Paese o dove vorrete essere».
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[ Barbara Cottavoz ]