Spazio a un vero negoziato

La missione di pace del segretario Onu Guterres e la vasta solidarietà a sostegno dei cittadini ucraini
La solidarietà - e non le armi - l'unica risposta alla logica della guerra

Papa Francesco si oppone alla guerra con i suoi ripetuti appelli, che continuano a essere lanciati senza sosta anche dopo il fallimento della tregua pasquale. E anche la sua disponibilità a incontrare Putin per cercare di fermare il conflitto. Nel frattempo, nel buio profondo di combattimenti sempre più aspri, emerge con la luce della solidarietà, sotto molti aspetti la prima se non l'unica seria azione di pace realizzata finora per l'Ucraina.
Tante le manifestazioni di generosità degli italiani di fronte ai profughi che fuggono dalla guerra, in grandissima parte donne con bambini. Nel nostro Paese sono soprattutto le loro nonne, che lavorano nelle nostre case per lo più come badanti, ad averle chiamate. C'è stata una grande mobilitazione che fa capire quanto la popolazione italiana — e crediamo anche quella europea — sia per la pace e spesso lontana dai toni bellicistici a cui assistiamo nei talk-show televisivi. Tante le associazioni che si sono mobilitate, prima ancora degli Stati, nell'accoglienza.
Anche la Comunità di Sant'Egidio ha fatto la sua parte. Un impegno reso possibile grazie alla generosa disponibilità di tanti cittadini, che in Italia e in tutta Europa, hanno offerto appartamenti, beni di prima necessità, farmaci e sostegno economico a chi ha dovuto improvvisamente lasciare le proprie case. A inizio maggio, erano già oltre 300 le persone ospitate a Roma, altre 400 in una ventina di città italiane, da Aosta a Palermo, ben 800 in una decina di Paesi europei, dalla Polonia alla Spagna.
Oltre all'accoglienza c'è un importante impegno umanitario, che ha il suo punto di forza proprio nella presenza della Comunità di Sant'Egidio in Ucraina, radicata dagli anni Novanta a Kiev e in altre città. Dopo lo scoppio della guerra, a Leopoli è stata aperta una grande sede nel centro della città e allestito un magazzino di stoccaggio degli aiuti che arrivavano. A metà aprile, erano state inviate già oltre 120 tonnellate di generi diversi (alimentari, vestiario, calzature, prodotti per l'igiene personale, carrozzine per persone con disabilità...). Grazie alla collaborazione del Banco farmaceutico, sono arrivate anche circa 100mila confezioni di medicinali e materiale sanitario, soprattutto insulina, insieme a farmaci per la cura di patologie della tiroide, di cui soffre una parte della popolazione a causa di Chernobyl. Oltre cento, finora, i dializzati salvati e ora in cura in alcuni ospedali italiani.
I convogli umanitari hanno raggiunto anche le città dell'Est del Paese che più hanno sofferto per la guerra, come Kharkiv, Chernihiv, Dnipro, Zhitomyr. E, all'indomani del ritiro delle truppe russe da Bucha e Irpin, sono stati inviati medicinali e coperte alle amministrazioni delle due città, teatro di violenze terribili, destinati agli abitanti rimasti, soprattutto anziani.
Anche a Kiev non si sono mai interrotte le distribuzioni di cibo e medicinali per senza dimora e anziani poveri in tre quartieri della città, nonostante lo scorso 16 marzo la sede dei Giovani per la Pace di Kiev (il movimento giovanile di Sant'Egidio), un locale seminterrato che all'inizio del conflitto era stato utilizzato come rifugio da alcune persone, fosse stato colpito dai frammenti di un missile.
In attesa che si possa aprire un vero negoziato tra i belligeranti, la solidarietà — e non le armi — risulta essere l'unica risposta alla logica della guerra, perché sostiene la resistenza di un popolo che ha bisogno soltanto di pace e libertà. 


[ Marco Impagliazzo ]