OMELIE

"Non chi vince la guerra, ma solo chi vince la pace costruisce la pace" L'omelia del card. Gualtiero Bassetti alla veglia "Pace per Gaza"

 

Mt. 5, 1-12

Care amiche e cari amici,
Ci troviamo insieme a pregare per le popolazioni di Gaza nella consapevolezza che la nostra vocazione a essere operatori di pace, chiama tutto li nostro essere all'agire.
Operare per la pace non è mai - come la guerra - un'operazione astratta. Non preghiamo genericamente per la pace, ma in maniera speciale per la pace nella striscia di Gaza. Non ignoriamo le altre terribili guerre e gli altri luoghi dove il diritto internazionale e il diritto umanitario sono violati. 
Pregare e vigilare su Gaza, non implica affatto dimenticare tutte le atrocità,  ma la coscienza che, ogni guerra, ogni atrocità, ogni violazione dei diritti umani è il frutto di decisioni puntuali, che generano sofferenza in punti precisi della terra. Le vittime non sono mai “astratto” frutto di fatalità, sono sempre frutto di concatenazione di scelte puntuali.
Non siamo stati in grado di fermare questa concatenazione di scelte, prima che producesse gli effetti più atroci. Dobbiamo acquisire la consapevolezza - e questa giornata di mobilitazione ci incoraggia - che queste scelte possono e devono essere rovesciate, la violenza può e deve essere fermata.
Ottenere a Gaza il cessate li fuoco, il rilascio degli ostaggi, la soluzione diplomatica negoziata, il rispetto integrale del diritto umanitario internazionale, significa ridare slancio a processi, per la risoluzione negoziata d tutti i conflitti. 
Care sorelle e cari fratelli, che avete scelto di riempire questa chiesa e la sua piazza, voi rappresentate il mondo cattolico italiano nelle sue variegate espressioni e sensibilità: il fatto che siamo raccolti insieme è un segnale potente che nessuno dovrebbe sottovalutare.
Noi stessi, inoltre, dobbiamo lasciarci incoraggiare dal fatto che, tanti movimenti e tante piazze si sono mobilitate per esprimere, come il Papa ha detto mercoledi scorso, la loro vicinanza al popolo palestinese di Gaza, "che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre"
Tutte e tutti siamo interpellati, dall'obbligo di coscienza, di non tradire la nostra umanità; siamo, come ha detto li Papa, "al cospetto dell'intera storia umana" perché "ogni persona ha sempre una dignità inviolabile, da rispettare e d a custodire”.
E nell'Angelus di ieri, li Santo Padre ha rivolto un saluto alle Associazioni presenti: "mi rivolgo innanzitutto ai rappresentanti delle diverse associazioni impegnate nella solidarietà con la popolazione della striscia di Gaza. Carissimi apprezzo la vostra iniziativa e molte altre, che ni tutta al Chiesa esprimono vicinanza ai fratelli e alle sorelle che soffrono in quella terra martoriata. Con voi e con i Pastori delle Chiese di Terra Santa ripeto: non c'è futuro basato sulla violenza, sull'esilio forzato, sulla vendetta. I popoli hanno bisogno di Pace: chi ama veramente, lavora per la Pace". Siamo parte di questo movimento pluriforme che vuole il cessate li fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Lo siamo con ciò che più intimamente e al tempo stesso più politicamente, dà senso alla nostra vita: la chiamata a contemplare – in obbedienza alla Parola del Signore - la presenza del Regno di Dio che viene, che è "già e non ancora", in questa tensione che raccoglie l'angoscia per l'orrore cui assistiamo e la speranza che non arretra.
Il brano delle beatitudini costituisce la carta di orientamento per tracciare le dinamiche del Regno anche nella drammatica storia dei nostri giorni, proprio come nel tessuto dell'esistenza terrena di Gesù, segnata dalla Croce e dalla Resurrezione, per fecondare la fraternità universale.
Non possono sussistere dubbi sui profili delle persone descritte dalle beatitudini. ll futuro che Dio apre, anche oggi, e tutta la terra appartengono a loro. Questa la promessa che ci anima e guida: Beati anche noi se operiamo la pace!
Beati sono gli afflitti: coloro che in fedeltà alla loro missione apostolica, o alla loro professione
sanitaria, umanitaria nell'ambito dell'informazione, sono rimasti a Gaza. Coloro che sono costretti a vivere la fedeltà alla propria esistenza umana e alle proprie scelte in condizioni tanto drammatiche: le mamme, i padri e i bambini di Gaza.
Infelici, sono coloro che non provano compassione!
Permettemi di leggervi alcuni versi di Ni'ma Hassan, una mamma di Gaza alle prese con la disperata ricerca di un riparo dai bombardamenti, per i propri bambini:

Una madre a Gaza non dorme...
Ascolta il buio, ne controlla i margini, filtra i suoni uno ad uno
per scegliere una storia che le si addica, per cullare i suoi bambini
E dopo che tutti si sono addormentati,
si erge come uno scudo di fronte alla morte.
Una madre a Gaza non piange
Raccoglie la paura, la rabbia e le preghiere nei suoi polmoni,
e attende che finisca il rombo degli aerei,
per liberare il respiro (...]'


Le beatitudini non ci svelano soltanto l'attesa di Dio, che dà senso alla nostra vita, ma anche, poiché da Lui seminata, l'attesa più profonda del cuore umano: l'attesa di pace, di fraternità, di prosperità condivisa.
Quest' attesa, cari fratelli e sorelle, può essere rinnegata dall'egoismo, dalla logica dell'odio, dalla sete di vendetta e soprattutto da quella di potere; può anche essere obnubilata, lungo il corso di più generazioni, dal trauma della violenza subita. Ma questa attesa non può essere cancellata, anzi, essa anima la cultura profonda di ogni popolo.
Giorgio La Pira sosteneva, con gli interlocutori più disparati e spesso anche con quelli meno disponibili, che l'azione politica autenticamente efficace è quella che sa leggere la cultura dei popoli, che esprime il desiderio di pace attraverso l'arte, la cultura, la preghiera, la solidarietà creativa. Il politico autentico, diceva il vescovo santo, è colui che si inserisce nella cultura profonda del suo popolo e la trasforma in processo politico condiviso.
Non è lecito ingannare i popoli: la pace e la sicurezza non sono garantiti dalla guerra, dal riarmo, dalla chiusura egoistica verso i poveri.
Non chi vince la guerra, ma solo chi vince la pace costruisce la pace: bene fragile, custodito dalla solidarietà, dalla giustizia e (noi cristiani dobbiamo gridarlo) dal perdono.
I popoli non si fanno ingannare a lungo. La pace è azione popolare, perché corrisponde ai loro desideri profondi. 
Dobbiamo essere - assieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà - animatori di questa cultura!
E' necessario - scriveva Martin Buber a La Pira - prima di tutto che gli uomini di buona volontà si parlino, come solo loro sanno fare. Con tale espressione evangelica io intendo coloro che, in questo momento caotico, vedono in comune la realtà della situazione umana e tendono in comune verso un consorzio comune umano. Che si aiutino a guardare, a desiderare, a parlare veramente, che si ascoltino veramente e allora i popoli il seguiranno e i governi seguiranno i popoli. E' il momento, fratelli e sorelle, di "forzare l'aurora a venire"!