Con dolore abbiamo appreso della morte di Curtis Windom, da 33 anni detenuto in Florida per crimini per i quali i familiari delle vittime lo avevano perdonato, unendo la loro voce a quella dei tanti che, da ogni parte del mondo, avevano chiesto clemenza per lui. Solo attraverso questo sito sono stati inviati oltre 10.000 appelli. Ci uniamo a tutti coloro che hanno sostenuto la battaglia per salvare, insieme alla vita di Curtis, l'umanità e la giustizia.
Lc 4,16-30 Isaia 43,1-4
Siamo raccolti insieme per pregare con fede, ma anche con timore e tremore, per la salvezza di Curtis Windom. Afroamericano di 59 anni, nel braccio della morte da 33, la cui esecuzione è stata proclamata in Florida questa notte. La sua vita dipende dall’accoglienza o meno dell’ultimo possibile appello rivolto alla Corte Suprema di questo stato, che dall’inizio dell’anno ha già ucciso 11 persone.
Siamo uniti a lui, alla sua famiglia, particolarmente alla figlia, che dopo aver perso tragicamente la madre e la nonna per mano di Curtis, il padre, da tempo ha ritrovato la forza della riconciliazione e del perdono, insieme ai suoi parenti. Mentre si abbreviano pericolosamente le ore e si sono abbreviati i giorni, gli sono stati accanto, e la vita e la riconciliazione sono rifluiti nell’anima e nell’umanità di Curtis.
Un balsamo, che gli ha dato forza per resistere, e anche stupore, insieme alla fraternità di chi lo conosce personalmente qui a Roma e negli Stati Uniti e, con la Comunità di Sant’Egidio, lo ha accompagnato in questi anni. Circa diecimila persone hanno sottoscritto la petizione che abbiamo lanciato, e sono certo che Curtis senta questo abbraccio. Con noi molti americani, amici come George Kain, si sonno uniti nella stessa invocazione e nello stesso sforzo.
Curtis sa che ci rivolgiamo al Dio della vita, che si è manifestato a Nazareth per portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Nessuno di noi è giusto, nessuno di noi è innocente, solo il Signore Gesù, e noi siamo tutti fratelli e sorelle in umanità. Tutti bisognosi di riscatto, tutti bisognosi di perdono, tutti partecipi, ce lo ricorda il Giubileo della Speranza, del dono di una vita nuova.
Se siamo amici di Curtis e della sua famiglia, se lui ci considera parte felice della sua umanità ferita dal male, è perché abbiamo ricevuto il collirio del Vangelo, che ci ha aperto gli occhi. I ciechi che riacquistano la vista siamo noi, nell’epoca della forza, della violenza, del conflitto, della vendetta.
E negli occhi di quest’uomo, per cui preghiamo, votato alla morte dagli altri, dalle leggi inique, dalla indifferenza, negli occhi di quest’uomo leggiamo la sua accorata preghiera: che si avveri anche per me ciò che il Signore ha proclamato nella sinagoga della sua città. Sono venuto a proclamare ai prigionieri la liberazione, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore.
Grazia, che noi chiediamo con un cuore solo e un’anima sola, sapendo che ciò che è impossibile agli uomini, è sempre possibile a Dio. Non siamo rassegnati, soprattutto, soprattutto, non abbiamo il diritto di essere rassegnati. Non possiamo dire non c’è niente da fare, non c’è nulla in cui sperare, quando la mano che si tende verso di te è quella di un agonizzante.
Gesù è stato fatto oggetto di progetti di morte anche prima di salire sulla croce. Lo abbiamo ascoltato: All’udire queste cose tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città, e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.
Progetti di morte operati e pensati non da efferati criminali, ma da pii e modesti e frequentatori del culto. Gente di villaggio con le loro famiglie, che hanno avuto paura del bene disarmato. Eppure, Gesù passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Gesù non si è fermato mai davanti a queste minacce, Gesù continua a camminare in mezzo a noi, qui, negli Stati Uniti, ovunque. Entra nelle nostre vicende umane, entra nelle carceri, accanto a quelli che, ci dice nel Vangelo di Matteo al capitolo 25, sono e resteranno sempre i suoi fratelli più piccoli.
Gesù ha continuato a suscitare amici della vita e figli della sua speranza, fra noi peccatori e fra tutti i bisognosi di misericordia. E ha inaugurato l’anno di grazia nel cuore e nella vita anche di chi l’ha negato. Gesù è vivo, risorto, accanto al Padre, nonostante e attraverso la croce.
Che l’ultimo pensiero di questa sera di noi tutti qui, di chi è collegato, l’ultima invocazione sia rivolta a lui, al vivente, venuto a strappare l’umanità dalle tenebre della morte. Che la nostra preghiera abbracci il nostro fratello Curtis e raggiunga il suo cuore.
Possa il Signore fargli udire ciò che il profeta Isaia annunciò al popolo di Israele, e che sentiamo parole rivolte questa sera, questa notte, personalmente a lui: Non temere, perché ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno. Se dovrai passare in mezzo al fuoco non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare. Perché io sono il Signore, tuo Dio, il santo di Israele, il tuo salvatore. Io do l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto, l’Etiopia cedo al tuo posto, perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e di affetto e io ti amo. Do uomini al tuo posto, nazioni in cambio della tua vita.
Preserva, o Signore, la vita di Curtis dal male e dalla morte. Ricordati di lui e di noi, o Signore, nel tuo regno. Amen.