Lunedì 10 marzo, nel carcere di Secondigliano a Napoli, si è tenuto un incontro tra i detenuti e Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992 a Palermo.
Due ore di colloquio, un dialogo intenso e a tratti commovente, tra la figlia del giudice e i detenuti. Fiammetta Borsellino, raccontando la storia della sua famiglia - il padre era cresciuto nei quartieri popolari della Kalsa di Palermo, in un'epoca in cui la Sicilia era diventata un grosso centro del traffico di droga - ha richiamato la convinzione del padre, che la cultura potesse contrastare la mentalità mafiosa.
Ed è quello che la Comunità di Sant'Egidio promuove nelle carceri, non solo in Campania, ma ovunque: offrire a chi è detenuto occasioni di allargare lo sguardo "oltre il muro" e costruire insieme una cultura di pace.
L'incontro, realizzato alla vigilia della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che si celebra il 21 marzo, è stato un momento importante per contrastare la logica del rancore e della vendetta, ancora purtroppo tanto viva non solo per chi vive recluso in carcere, ed ha rappresentato un gesto di riconciliazione e di umanizzazione.