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"Make Peace: meno violenza, più futuro" Un incontro per la pace nella periferia di Roma con lo sguardo sul mondo

 

 

Martedì 8 ottobre, a Roma, al Teatro di Tor Bella Monaca, si è tenuto l’evento “Make Peace: meno violenza, più futuro”, organizzato nell’ambito del Festival dello Stupore (www.stuporefest.com).

Nel cuore dell’incontro, la testimonianza di Lucia Monteiro, madre di Willy Monteiro, ha toccato profondamente il pubblico. Con parole intense e pacate, ha raccontato come solo il perdono e la comprensione profonda dell’altro possano trasformare il dolore e sentimenti di vendetta in un cammino verso la pace. Un messaggio forte, che ha evidenziato come la violenza non solo ferisca chi la subisce, ma anche chi la infligge, generando un ciclo di odio e sofferenza che può essere spezzato solo con il dialogo e la riconciliazione.
 
Da uno scenario di guerra reale è arrivato l’intervento del giornalista Nello Scavo, in collegamento dall’Ucraina. Con grande difficoltà, ha condiviso alcuni messaggi e video direttamente dalla linea del fronte: “Questo è il paesaggio della guerra: distruzione e paura, uguali in ogni conflitto”. Le sue parole, cariche di realismo e umanità, hanno offerto uno spaccato autentico della brutalità della guerra. Anche Lucia Capuzzi, in collegamento da Tel Aviv, ha portato la sua esperienza di giornalista dalle zone di conflitto, sottolineando come la pace si costruisca anzitutto attraverso l’ascolto dell’altro e la ricerca delle sue ragioni, prima a livello personale e poi come strumento di diplomazia: “Il conflitto esisterà sempre, ma la guerra è la patologia del conflitto, mai una soluzione”.
 
La giornalista Maria Cuffaro ha aggiunto un ulteriore tassello alla riflessione, analizzando la logica della guerra e smascherandone i miti: “Chi predica la distruzione del nemico sa che il nemico spesso non si riduce a un gruppo armato, ma è un’ideologia di odio e vendetta che si autoalimenta e cresce proprio e unicamente con il sangue versato.” Un pensiero che ha scosso i presenti, facendo emergere l’importanza di andare oltre le semplici categorie di “buoni e cattivi” e di comprendere le radici profonde della violenza.
 
Non solo parole, ma anche arte e musica hanno intrecciato i loro linguaggi durante la mattinata. Sono stati infatti presentati i grafemi monumentali STOP WAR e MAKE PEACE, opere di forte impatto visivo, già simboli di speranza e di protesta contro la violenza in tutto il mondo, che l'artista internazionale Barbara Gałińska ha donato al Festival dello Stupore, contribuendo con la potenza delle immagini a rafforzare il messaggio dell’evento. Contemporaneamente, il rapper Diamante e la crew di Wild Up hanno acceso l’entusiasmo dei giovani presenti con un freestyle incentrato sull’impegno per la giustizia sociale e la costruzione di un futuro senza violenza. Le loro barre, piene di energia e significato, hanno risuonato come un invito a prendere posizione e ad agire concretamente per il cambiamento.
 
Anche i Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio hanno portato il loro contributo, raccontando le esperienze di servizio nei quartieri più difficili di Roma e il lavoro con i bambini delle Scuole della Pace. “Costruire la pace significa prendersi cura degli altri, stare dove c’è più bisogno, in ogni situazione, e trasmettere il valore della solidarietà.” Le loro storie hanno suscitato entusiasmo e interesse, mostrando come l’impegno concreto sul territorio possa fare la differenza.
 
“Make Peace” è stato molto più di un semplice incontro: è stato un richiamo forte e chiaro ad agire, a vedere con occhi nuovi la realtà dei conflitti e a immaginare insieme un futuro fatto di dialogo e di comprensione reciproca.