"Servono nuovi italiani la vera sicurezza è l'integrazione". Intervista ad Andrea Riccardi

"Servono nuovi italiani la vera sicurezza è l'integrazione". Intervista ad Andrea Riccardi

Il quesito sulla cittadinanza non è buonista, è un caso in cui le esigenze umanitarie ed economiche si incontrano

Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio, domani e lunedì andrà convintamente a votare. «Darò un sì di cuore sulla cittadinanza, sugli altri temi relativi al lavoro invece sto facendo le ultime valutazioni», dice l'ex ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione.
Quali sono le sue ragioni?
«Bisogna allargare i diritti a chi di fatto è già italiano e che con noi condivide lavoro e vita quotidiana. L'integrazione di chi vive e lavora nel nostro Paese genera benefici sociali, economici e demografici: abbiamo bisogno di loro e non possiamo tenerli o trattarli come cittadini di serie B, così come non possiamo mantenere queste politiche con bambini che studiano nelle nostre scuole e si sentono italiani a tutti gli effetti, senza però esserlo».
La destra in parole povere dice: se facilitiamo l'accesso alla cittadinanza, poi "vengono tutti qua". Come risponde?
«Non rispondo, perché guardo al di là degli schieramenti e al futuro del Paese, a cosa sarà questa Italia che invecchia. Di questo passo non ci saranno nemmeno le badanti ad aiutarci a invecchiare. Le esigenze umanitarie ed economiche e sociali si incontrano e si sposano in questo quesito, non a caso sono gli imprenditori a dire che abbiamo bisogno di loro».
Sempre a destra si agita anche il tema della sicurezza, c'è una correlazione?
«La sicurezza più vera è l'integrazione. Vorrei dire che questo non è un quesito buonista ma qualcosa di decisivo nella costruzione dell'Italia di domani: non facciamo crescere un mondo di stranieri nella casa accanto, ma un mondo di italiani. Poi, oggi ci vogliono dieci anni sulla carta per ottenere la cittadinanza ma poi sono diversi di più per le lungaggini burocratiche: parliamo di persone che hanno dato segno di esplicita volontà di condividere il nostro percorso. Ritengo che chi risiede e lavora nel nostro Paese sia chiamato a partecipare alla vita sociale e pubblica, con i conseguenti doveri e diritti. È il momento per integrare».
Altro slogan che si sente dire spesso: "La cittadinanza va meritata". Condivide?
«Penso certamente che sia una cosa seria, che va data alle persone che danno il loro contributo con dedizione, ma c'è un interesse anche degli italiani a far sì che queste persone diventino nostri concittadini a tutti gli effetti».
Come ha vissuto questa campagna referendaria? Le è parsa effettivamente sottaciuta?
«Non dobbiamo abituarci a perdere gli appuntamenti elettorali, dobbiamo provare a viverli anche se non ci piacciono come una occasione di partecipazione. La mia paura è un popolo disaffezionato alle consultazioni e questa è una grande tristezza per la generazione uscita dalla guerra come la mia, che votava con gioia e responsabilità, soprattutto le donne: mia nonna ricordava con emozione il suo primo voto e fino a 90 anni è andata, anche con condizioni di salute precarie».
E della presidente del Consiglio che dice che andrà al seggio senza ritirare la scheda cosa pensa?
«Che ognuno fa quel che vuole, non bisogna imporre nulla, lei fa in un modo e Sergio Mattarella in un altro: l'importante è andare al seggio e non al mare, come disse una volta Bettino Craxi».
 


[ Matteo Pucciarelli ]