Riccardi: sarà in continuità con il predecessore ma non è un clone, non ha quell'esuberanza impaziente. È un Papa metapolitico, di grande esperienza
«E' stato scelto tra i cardinali un Pontefice che sarà in continuità con l'eredità di papa Francesco, ma con una diversità riconoscibile nella sua tempra di religioso. Credo sarà un realizzatore di quelle che sono state le intuizioni di Jorge Mario Bergoglio, tante volte lanciate e non sempre concluse», dice Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio e storico della Chiesa moderna e contemporanea.
Pochi giorni fa, in una precedente intervista, ci si era trovati in sintonia nel ritenere troppo italo-centriche molte delle analisi in circolazione sul Conclave ancora da aprire. E anche una volta terminato, la voce di Riccardi merita ascolto.
In quale misura Leone XIV potrà risultare in continuità con papa Francesco?
«Non ne è un clone. Del predecessore non ha l'esuberanza impaziente e "portégna", di Buenos Aires. E' un uomo levigato da un servizio mite, costante, e Francesco lo aveva voluto vicino a sé per le sue doti di equilibrio».
Quale può essere un aspetto della diversità?
«Si farà aiutare nel governo, come ha fatto da superiore generale degli Agostiniani».
Secondo lei quale significato ha l'elezione di un cardinale degli Stati Uniti?
«Può stupire tanti perché non c'era mai stata. Ma per capire bisogna entrare nella biografia di Robert Francis Prevost».
Faccia lei da guida.
«Un religioso degli Agostiniani. Ha una dimensione non solo americana, bensì universale. Il rischio è essere interni alle divisioni del cattolicesimo americano. Non con lui. Poi è stato vescovo in Perù in zone particolarmente disagiate. Conosce la miseria del popolo peruviano. Di questo Paese ha la cittadinanza e ai fedeli ieri ha parlato in spagnolo, non in inglese».
Non gli manca «l'odore delle pecore», dei «pastori in mezzo al proprio gregge», come raccomandava Francesco ai sacerdoti?
«Lo ha. E da Francesco era stato chiamato come capo del dicastero dei vescovi, ha seguito tutta la sua politica di nomina dei vescovi, i quali sono il futuro della Chiesa. Prevost è stato al di sopra delle divisioni e delle ambizioni della Curia romana. Sempre figura ritirata. In Curia ha fatto una vita operosa, però allo stesso tempo al di fuori di dibattiti e discussioni. La sua è una biografia molto universale. Americana,,latinoamericana, romana. E' Papa di grande esperienza. Troverà un popolo che ha avvertito il vuoto della scomparsa di Francesco e il bisogno di un leader spirituale. Questo popolo, come si è visto già da piazza San Pietro, lo accompagnerà».
Verso dove?
«E' un uomo di pace, anche all'interno della Chiesa. Ci si domanderà: sarà all'altezza dei conflitti, perché non ha esperienza diplomatica?».
Parlando da Leone XIV alla piazza, ha invocato pace senza nominare le guerre in corso in Ucraina e a Gaza. Nel rinunciare a citarle nella prima occasione in veste da Papa, ha dimostrato accortezza: sul momento ha evitato ogni parola interpretabile a favore di un tipo di pace o di un'altra.
«È un Papa metapolitico».
Al di sopra della politica senza che gliene manchi la conoscenza?
«Sì».
Nel novembre scorso l'Avvenire ha riferito di uno studio secondo il quale nelle presidenziali il 56% dei cattolici americani avrebbe votato Donald Trump. Quale linea potrà seguire Leone XIV verso di loro?
«È veramente al di là dei dibattiti statunitensi. Non è stato eletto per i dibattiti statunitensi. Che mai fosse stato eletto un cardinale americano dimostrava il timore che potesse essere considerato espressione della più grande potenza. In questo caso non è così. La personalità individuata ha una dimensione universale».
Dal 1978 non c'è un Papa italiano. L'ultimo fu Albino Luciani. Tanti pronostici puntavano sul segretario di Stato uscente Pietro Parolin. Significa che c'è molta sopravvalutazione su quanto conta l'Italia nella Chiesa?
«Non è stato scelto un Papa diplomatico. Parolin lo sarebbe stato. La scelta ha riguardato un pastore che ha svolto poi lavoro di Curia, ritenuto più adatto per affrontare le questioni di pace e di guerra. C'è una sopravvalutazione del Papa italiano. Era come se ce ne fosse una nostalgia, ma penso non si sia deciso tra un italiano e un non italiano. La scelta è stata di un uomo che potesse raccogliere l'eredità di Bergoglio e Prevost ne è stato un intimo collaboratore».
Nella dialettica interna alla Chiesa quale filone o concezione dell'agire è prevalso?
«A prevalere è stata l'unità della Chiesa. Di certo Leone XIV può conciliare quei curiali che volevano Parolin. E' persona di sintesi. E mentre all'inizio nella messa del Conclave non è stato ricordato Bergoglio, il nuovo Papa lo ha voluto ricordare».
Qual è la componente del Conclave che a prima vista non è risultata vincente?
«Quella di chi voleva tornare indietro, mettere le cose in ordine considerando il pontificato di Francesco un periodo estemporaneo. Di chi diceva che bisogna preoccuparsi del figlio maggiore che resta a casa e non del figliol prodigo che è uscito fuori».
[ Maurizio Caprara ]