Festa. Quest'anno la celebrazione capita nello stesso giorno ma ci sono ancora lontananze. E ora di lavorare verso l'unità
Nella Pasqua del 2025, ci sono segni che parlano di unità tra cristiani divisi. Il più evidente è che tutte le Chiese — cattolica, ortodosse, protestanti e le antiche Chiese cristiane (armeni, siriaci, copti, etiopi) — celebrano la Pasqua nella stessa domenica, per una coincidenza dei calendari d'Oriente e d'Occidente. Questo evidenzia ancor di più il fatto che non si celebri l'eucarestia assieme. Nonostante i dialoghi ecumenici, restano le divisioni.
A maggio, si ricordano i 1700 anni dal Concilio di Nicea, tappa decisiva per la chiarificazione della comune fede cristologica. L’unità dei cristiani resta iscritta nei propositi fondamentali delle Chiese. Sono cambiati clima e relazioni, ma non si sono fatti passi decisivi.
Gli ecumenisti avevano pensato l’unità anche come contributo a un mondo più pacifico: «Chiese sorelle, popoli fratelli», diceva il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras. Il quale prospettava: «Al centro dell’umanità in via di riunificazione deve trovarsi la Chiesa indivisa». Così non è stato con la globalizzazione.
Tuttavia non si tratta solo di unità incompiuta. Nella frammentazione del XXI secolo, anche le Chiese sono toccate da processi divisivi. Al concilio panortodosso di Creta del 2016, c’erano solo 10 Chiese ortodosse su 14 (mancava la grande Chiesa russa). Lo si preparava da oltre mezzo secolo: un progetto di Athenagoras, tenacemente perseguito dall’attuale patriarca Bartolomeo. Del resto, dopo la fine del comunismo, molte Chiese ortodosse hanno riemesso l’identificazione con la nazione — eccetto Costantinopoli.
Il seguito della crisi di Creta è stato il riconoscimento, da parte di Costantinopoli, dell’indipendenza della Chiesa ortodossa d’Ucraina. Qui l’ortodossia è spaccata tra autocefali e fedeli di Mosca, cui il governo applica misure restrittive. Il patriarcato di Mosca, con Kyrill, ha sposato le ragioni della guerra russa, perdendo influenza su una terra decisiva per le sue radici e il suo futuro.
Le Chiese si dividono. Dal 2023, le Chiese anglicane d’Africa — tra cui quella nigeriana, che rivendica un terzo degli anglicani praticanti al mondo — hanno rifiutato la decisione della Chiesa d’Inghilterra di benedire le coppie gay e hanno formato la Global South Fellowship of Anglican Churches. Uno scisma nell’anglicanesimo.
Invece, per la galassia neoprotestante ed evangelicale (oltre mezzo miliardo di fedeli), la divisione è naturale, parte della dinamica di un mercato della fede in continuo movimento e altamente competitivo. Questo mondo, in rapida espansione, sembra la forma di cristianesimo «favorita» dalla globalizzazione.
Anche il cattolicesimo registra forti polarizzazioni, come si è visto nel rifiuto dei vescovi africani alla decisione romana di benedire coppie non regolari. Negli Stati Uniti, si nota un irrigidimento anche alla base, mentre i vescovi eleggono una presidenza non vicina a Francesco — che invece nomina cardinali statunitensi a lui prossimi.
La visita pasquale a Roma del vicepresidente americano JD Vance, cattolico conservatore reborn (come molti nella sua area), rappresenta un confronto interessante: un cattolicesimo pensato su posizioni trumpiane, distante dall’universalismo conciliare e da quello di Francesco.
Il terreno comune si riduce. L’unità è una sfida anche per i cattolici, che pure contano sul papato, su istituzioni e tradizione. Cresce una vasta pubblicistica sull’irrilevanza del cristianesimo, che ne prevede un destino negativo in Occidente e non solo.
Eppure colpisce come i cristiani siano bersaglio di terrorismo, criminalità, etnicismo, in Asia, Africa e America Latina — perché considerati controcorrente e pacificatori.
Solo la scorsa domenica delle Palme, in Nigeria, nello Stato del Plateau, i jihadisti hanno massacrato 51 cristiani, tra cui alcuni bambini, “colpevoli” di essere andati in chiesa. Francesco li ricorderà (insieme a tutti i martiri degli ultimi venticinque anni) con una celebrazione a San Paolo, a Roma, il 9 maggio.
Giovanni Paolo II, guardando ai caduti per la fede — cattolici, ortodossi, anglicani, protestanti — affermava: «Noi siamo uniti sullo sfondo dei martiri». Forse il discorso sull’unità dei cristiani dovrebbe ripartire da qui, sfidando cristallizzazioni storico-teologiche che non reggono, e realizzando un processo controcorrente in un mondo diviso.
I martiri sono un punto di partenza per riconsiderare anche il vero rilievo dei cristiani nel mondo. È il grande tema pasquale: dare la vita per gli altri che genera vita.
[ Andrea Riccardi ]