A Bracciano e Civitavecchia(Roma) "Le Case dell'Amicizia" ospitano oltre 60 pazienti psichiatrici
Simona, dopo 20 anni in una struttura sanitaria, ora è responsabile delle pulizie degli appartamenti. Marco, un passato da attore prima della crisi, può dedicarsi alla sua passione, il disegno...
Sono le 9 di mattina di una soffocante giornata di metà luglio a Civitavecchia. Nella "Casa dell'amicizia", lo spazio della Comunità di Sant'Egidio che offre la possibilità di fare docce e lavatrici a persone senza fissa dimora, cominciano a radunarsi uomini e donne di varie età. Sudore sui volti consumati dal sole, segnati da rughe affilate, capelli appiccicati alla testa o tirati su da mollettoni. La malinconia sui volti si interrompe al momento di metterci in cerchio: siamo una ventina di persone. Il dottor Massimo Magnano, volontario della Comunità e medico della Asl Roma 4, prende la parola con naturalezza: Abbiamo parlato della difficoltà di avere relazioni sociali, ma sappiamo che qui c'è una casa senza barriere, che ci accoglie sempre: noi sappiamo che il tesoro più grande non sono i soldi, le cose che ci mancano, ma questa amicizia che ci può aiutare sempre nella vita, nei momenti più difficili, anche nella malattia».
Poi il cerchio si scioglie, i partecipanti aprono il pacco di cornetti freschi e cominciano a sorseggiare il caffè dei thermos. Con i turni nelle docce e nella calura mattutina inizia anche la festa. Tra amici che si fanno aria a vicenda con ventagli, volontari e utenti che scherzano dei loro acciacchi, si abbracciano, mentre l'energia dell'amicizia fa quasi scordare il disagio del caldo.
Se c'è una regina di questa festa è Simona. Paziente psichiatrica con una grave forma di schizofrenia e, a volte, deliri, Simona è anche responsabile della pulizia dei locali e della gestione delle lavatrici della "casa dell'amicizia". Ha 50 anni, grandi, ingenui occhi verdi, la risposta pronta e un sorriso travolgente, che esplode quando gioca con utenti e volontari del centro.
Poi il cerchio si scioglie, i partecipanti aprono il pacco di cornetti freschi e cominciano a sorseggiare il caffè dei thermos. Con i turni nelle docce e nella calura mattutina inizia anche la festa. Tra amici che si fanno aria a vicenda con ventagli, volontari e utenti che scherzano dei loro acciacchi, si abbracciano, mentre l'energia dell'amicizia fa quasi scordare il disagio del caldo.
Se c'è una regina di questa festa è Simona. Paziente psichiatrica con una grave forma di schizofrenia e, a volte, deliri, Simona è anche responsabile della pulizia dei locali e della gestione delle lavatrici della "casa dell'amicizia". Ha 50 anni, grandi, ingenui occhi verdi, la risposta pronta e un sorriso travolgente, che esplode quando gioca con utenti e volontari del centro.
Oggi vive sola, con un gran numero di gatti, in un grazioso appartamentino vicino all'ospedale di Civitavecchia, dove si reca quando sente di avere delle crisi. Le piace preparare pranzetti per le amiche, giocare a bowling, cantare al karaoke. Ma tra i 27 e i 45 anni ne ha trascorso quasi venti chiusa in strutture psichiatriche convenzionate con la Regione Lazio. Dopo il matrimonio e la nascita di una bambina, ha avuto le prime crisi psicotiche: le è stata tolta la bambina ed è stata messa lì dai parenti. Racconta che per anni ha dormito molto, tutto il giorno, perché non vi erano attività da fare se non i lavori di pulizia. Poi c'è stato l'incontro che ha rivoluzionato la sua vita. Quando Massimo Magnano le ha offerto di uscire dalla residenza psichiatrica e iniziare a vivere in un appartamento integrato nella città.
Simona è entrata così a far parte del progetto di "cohousing supportato" realizzato a Bracciano e Civitavecchia dalla Comunità di Sant'Egidio con la Asl Roma 4: dal 2012 ha riportato ad abitare in normali condomini oltre 60 uomini e donne che avevano vissuto decenni per strada o in residenze psichiatriche. Tra i beneficiari c'è anche Marco, che a 20 anni interpretava il romanista Luca Covelli nel film dell'83 di Carlo Vanzina Vacanze di Natale: ancora oggi molti, soprattutto tra i tifosi romanisti, 4 ricordano la frase cult che rivolge alla fidanzata, una splendente e sbigottita Antonella Interlenghi, sulle note di Grazie Roma di Antonello Venditti: «Di' un po', secondo te dove lo festeggia il Capodanno Toninho Cerezo? Secondo me dorme, perché è un professionista».
Ma la malattia mentale può aggredire chiunque e così da promessa del cinema italiano Marco è diventato in poco tempo paziente psichiatrico.
Simona è entrata così a far parte del progetto di "cohousing supportato" realizzato a Bracciano e Civitavecchia dalla Comunità di Sant'Egidio con la Asl Roma 4: dal 2012 ha riportato ad abitare in normali condomini oltre 60 uomini e donne che avevano vissuto decenni per strada o in residenze psichiatriche. Tra i beneficiari c'è anche Marco, che a 20 anni interpretava il romanista Luca Covelli nel film dell'83 di Carlo Vanzina Vacanze di Natale: ancora oggi molti, soprattutto tra i tifosi romanisti, 4 ricordano la frase cult che rivolge alla fidanzata, una splendente e sbigottita Antonella Interlenghi, sulle note di Grazie Roma di Antonello Venditti: «Di' un po', secondo te dove lo festeggia il Capodanno Toninho Cerezo? Secondo me dorme, perché è un professionista».
Ma la malattia mentale può aggredire chiunque e così da promessa del cinema italiano Marco è diventato in poco tempo paziente psichiatrico.
Passando dalle location scintillanti del cinema di Vanzina agli anonimi corridoi di una residenza psichiatrica convenzionata, dove ha vissuto per molti anni senza poter uscire liberamente. Massimo Magnano sorride ricordando la determinazione con cui Marco lo aveva atteso il giorno che era andato a conoscerlo: «Era rimasto per oltre dieci ore all'entrata della struttura residenziale per paura che io, arrivando, non lo trovassi, terrorizzato dal pensiero di perdere questa opportunità».
Oggi vive con tre coinquilini in un appartamento a Bracciano: presi in carico dal locale Centro di salute mentale, sono aiutati per le necessità quotidiane da volontari e operatori, ma anche liberi di uscire di casa quando ne sentono il desiderio, di fare tardi al vicino karaoke e di praticare i propri hobby - per Marco il disegno - in spazi da loro curati e arredati.
Oggi vive con tre coinquilini in un appartamento a Bracciano: presi in carico dal locale Centro di salute mentale, sono aiutati per le necessità quotidiane da volontari e operatori, ma anche liberi di uscire di casa quando ne sentono il desiderio, di fare tardi al vicino karaoke e di praticare i propri hobby - per Marco il disegno - in spazi da loro curati e arredati.
Questo progetto segue il modello ideato e realizzato da Franco Basaglia e i suoi collaboratori 50 anni fa, per sistemare i pazienti dei manicomi in civili appartamenti. Come allora, a coprire le spese della nuova vita sono le stesse persone con disturbo mentale: alcuni hanno un lavoro, altri percepiscono la pensione di invalidità. Simona, Marco e gli altri pazienti accolti in questi progetti di cohousing hanno anche permesso alla Asl Roma 4 sostanziosi risparmi.
In dodici anni l'Asl ha risparmiato quasi 8 milioni di euro che prima venivano spesi per le rette delle residenze private convenzionate (da circa 100 a 250 euro al giorno per persona) che assorbono ad oggi circa il 50% della spesa pubblica per la salute mentale a livello nazionale (ma la percentuale sale al 70% nella Regione Lazio).
Fabrizio Starace, presidente della Società italiana epidemiologia psichiatrica (Siep) afferma che «corriamo il rischio di adottare modalità neoistituzionalizzanti», nonostante i manicomi siano stati chiusi con la Legge 180 del 1978, riferendosi al fatto che gli ospiti delle residenze psichiatriche sono spesso portati a perdere autonomia. «Due pazienti che avevano trascorso più di dieci anni in quelle strutture, quando sono andati a vivere in appartamento ci chiedevano il permesso persino per bere un bicchiere d`acqua», racconta Magnano, sottolineando il reale valore aggiunto di questa iniziativa: che persone «istituzionalizzate» siano tornate a essere cittadini.
Fabrizio Starace, presidente della Società italiana epidemiologia psichiatrica (Siep) afferma che «corriamo il rischio di adottare modalità neoistituzionalizzanti», nonostante i manicomi siano stati chiusi con la Legge 180 del 1978, riferendosi al fatto che gli ospiti delle residenze psichiatriche sono spesso portati a perdere autonomia. «Due pazienti che avevano trascorso più di dieci anni in quelle strutture, quando sono andati a vivere in appartamento ci chiedevano il permesso persino per bere un bicchiere d`acqua», racconta Magnano, sottolineando il reale valore aggiunto di questa iniziativa: che persone «istituzionalizzate» siano tornate a essere cittadini.
[ Ludovica Jona ]