I bambini al centro

I bambini al centro

Vaticano, 3 febbraio 2025 Incontro mondiale dei diritti dei bambini. Occasione per individuare nuove vie per soccorrere e proteggere milioni di bambini che sono ancora senza diritti
Amiamoli e proteggiamoli: è il tema scelto da Francesco per soccorrere milioni di bambini in condizioni precarie

"In occasione della Giornata Internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza [...] desidero annunciare che il prossimo 3 febbraio si svolgerà qui in Vaticano l'Incontro mondiale dei diritti dei bambini intitolato Amiamoli e proteggiamoli, con la partecipazione di esperti e personalità di diversi Paesi. Sarà l'occasione per individuare nuove vie volte a soccorrere e proteggere milioni di bambini ancora senza diritti, che vivono in condizioni precarie, vengono sfruttati e abusati, subiscono le conseguenze drammatiche delle guerre".
Con queste parole, lo scorso 20 novembre, Francesco ha presentato l'iniziativa che si pone nel solco tracciato dalla prima Giornata mondiale dei bambini (Roma, 25-26 maggio 2024), con la partecipazione di migliaia di piccoli provenienti da 101 nazionalità: mettere al centro i bambini, ascoltare le loro voci e immaginare un futuro a misura di chi è piccolo, e quindi di tutti.
Francesco richiama il mondo a una nuova attenzione verso i bambini, sempre più spesso vittime delle guerre, invitando a una riflessione sulla Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata all'unanimità dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite 35 anni fa. In questo testo fondamentale vengono stabiliti i diritti che gli Stati devono garantire a ogni bambino: la vita, la salute, il nome, l'istruzione, la tutela da tutte le forme di sfruttamento e abuso. Diritti troppo spesso negati, a cominciare da quello alla vita, come si vede dalle tante guerre in corso, di cui i bambini pagano il prezzo più alto. 450 milioni di bambini - 1 su 6 su scala globale - vivono in aree in guerra, mentre 30 milioni hanno dovuto lasciare il loro Paese, con un aumento del 9% negli ultimi anni.
Uccidere i bambini è un crimine di guerra. Eppure, accade ogni giorno. Secondo l'Onu, dal 2005, sono stati uccisi oltre 120 mila minori: una "crisi morale globale" che non va accettata come una "nuova normalità". Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha identificato sei gravi violazioni contro i bambini in tempo di guerra: uccisione e mutilazioni; reclutamento o utilizzo nelle forze armate e/o gruppi armati; attacchi a scuole o ospedali; stupro o violenza sessuale; rapimento; negazione all'accesso umanitario.
La sofferenza e la morte dei piccoli non cessano di scandalizzare e interrogare ogni società. La guerra è il carnefice più micidiale, come vediamo in Ucraina, a Gaza o nei kibbutz israeliani attaccati il 7 ottobre 2023 con le atrocità contro innocenti. In alcuni Paesi africani ci sono bambini costretti a combattere, spesso sotto l'effetto di droghe: 300 mila, secondo alcune stime. Il fenomeno drammatico dei bambini-soldato è reso possibile dalla violazione di un altro diritto, sancito dall'art. 7 della Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia: quello al nome. Su 125 milioni di bambini che nascono ogni anno, 51 milioni non vengono registrati e sono di fatto "invisibili", particolarmente in Africa e Asia. Privati di un'esistenza legale, questi bambini crescono senza servizi essenziali, come la scuola e la sanità, e le loro piccole vite sono esposte al traffico di esseri umani, allo sfruttamento sessuale, al matrimonio precoce, al lavoro minorile. O, come si è detto, all'arruolamento nelle milizie armate.
Rendere visibili i bambini, proteggerli da ogni tipo di abuso e soccorrere i più vulnerabili è l'impegno del programma Bravo! (Birth registration for all versus oblivion), promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, con risultati incoraggianti: dal 2008 sono oltre 5 milioni i bambini registrati allo stato civile e quindi sottratti all'invisibilità in Burkina Faso, Mozambico e Malawi.
Un altro diritto che è negato a troppi bambini è l'istruzione, nonostante l'impegno di 193 Stati membri delle Nazioni Unite con la Dichiarazione, che nel 2000 ha fissato gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Il secondo Millennium Goal intendeva «rendere universale l'istruzione primaria», assicurando che, entro il 2015, le bambine e i bambini potessero «terminare un ciclo completo di scuola primaria». Ancora oggi, però, 57 milioni di piccoli tra i sei e gli undici anni non frequentano la scuola: un'ipoteca sul futuro di interi Paesi, considerando che la mancanza di istruzione è collegata alla povertà e al mancato sviluppo. È provato che chi non ha frequentato la scuola ha più problemi di salute e che i genitori non istruiti sono meno in grado di curare i propri figli e di nutrirli adeguatamente. «L'istruzione», ha affermato il rabbino Jonathan Sacks, «è la principale chiave d'accesso alla dignità umana». La scuola potrebbe rompere la spirale di povertà e ignoranza che intrappola milioni di vite. Garantire l'istruzione a tutti è decisivo anche per la crescita stessa dei Paesi. «L'educazione è l'arma della pace; la vera difesa dei popoli non può poggiare sulle armi, giacché le guerre si succederanno sempre l'una all'altra e non potranno mai assicurare la pace e la prosperità di nessun popolo». Lo scriveva negli anni '30 Maria Montessori, osservando che «coloro che vogliono la guerra preparano la gioventù alla guerra; ma coloro che vogliono la pace hanno trascurato di preparare l'infanzia e la giovinezza alla pace». Investire sull'educazione, assicurare un nome e un'esistenza dignitosa a ciascun bambino. sono queste le azioni necessarie per allontanare le guerre dall'orizzonte e costruire un futuro di pace. 

 


[ Marco Impagliazzo ]