Il secondo appuntamento, nella parrocchia Sant'Antomo da Padova alla Dozza, del ciclo di riflessioni organizzato dalla Chiesa di Bologna, dalla Piccola Famiglia dell'Annunziata e dalla casa editrice Zikkaron, denominato «Da Monte Sole al presente. Riflessioni sulle violenze collettive e su possibili strade di ricostruzione», ha avuto come tema la situazione del Mozambico.
Dopo il primo appuntamento con gli interventi della storica Toni Rovatti e della criminologa Huma Saeed, l'attenzione si è spostata sul Paese africano, ex colonia portoghese, che dopo l'indipendenza nel 1975 fu teatro di una sanguinosa guerra civile durata oltre un decennio. Per la panoramica su quegli eventi, sulla transizione post-bellica e sulle sfide attuali di questo Paese sono stati invitati Pier Maria Mazzola, giornalista, con una lunga esperienza in Mozambico, e l'arcivescovo Matteo Zuppi.
Mazzola ha offerto un puntuale inquadramento storico della vicenda mozambicana, evidenziando le dinamiche sociopolitiche e religiose del Paese, le tensioni coloniali, la transizione verso l'indipendenza, le cause e le conseguenze della guerra civile, i problemi di oggi. La Chiesa cattolica, inizialmente alleata del regime coloniale portoghese, gradualmente adottò posizioni più critiche. Il suo ruolo, in particolare quello di gruppi missionari come i padri Bianchi e di Burgos, è centrale nel combattere le ingiustizie sociali e promuovere la pace. La lotta tra Frelimo e Renamo, con l'intreccio di interessi locali e internazionali, ha profondamente segnato il tessuto sociale, creando divisioni e tensioni.
Grazie alla mediazione della comunità di Sant'Egidio, con l'allora monsignor Zuppi, si è comunque riusciti ad avviare un dialogo che ha portato alla pace nel 1992. Il bilancio della guerra civile è drammatico, centinaia di migliaia di morti in prevalenza civili, ma sorprendentemente il Mozambico è riuscito a evitare una spirale di vendette, aprendo la strada alla riconciliazione e a nuove elezioni democratiche.
L'Arcivescovo ha sottolineato nuovamente come il processo di pace in Mozambico sia stato un passo fondamentale verso la fine di una guerra civile devastante; ma la vera sfida è stata e continua a essere quella di costruire una pace duratura. Nonostante l'accordo del 1992, infatti, molti aspetti cruciali come le autonomie locali, la giustizia per i crimini di guerra e la piena inclusione di tutte le forze politiche e sociali, sono rimasti irrisolti. Il cammino verso la riconciliazione continua ad essere un'opera in corso, con il Paese che, sebbene abbia fatto dei progressi, affronta ancora oggi, nell'attualità, sfide interne legate alle diversità politiche, regionali e sociali.
Il processo di pace, quindi, non si esaurisce con la firma di un accordo, ma si dipana ulteriormente nei suoi aspetti più pratici e quotidiani, che richiedono una continua mediazione e un impegno a lungo termine. Senza un processo strutturato e condiviso che possa garantire giustizia e verità, il Mozambico rischia di trovarsi di fronte a una pace fragile, che potrebbe essere messa alla prova da nuove tensioni interne.
Nonostante queste difficoltà, l'esempio della mediazione di Sant'Egidio dimostra che la diplomazia e il dialogo possono aprire porte che sembrano chiuse, offrendo speranza per il futuro.
Dopo il primo appuntamento con gli interventi della storica Toni Rovatti e della criminologa Huma Saeed, l'attenzione si è spostata sul Paese africano, ex colonia portoghese, che dopo l'indipendenza nel 1975 fu teatro di una sanguinosa guerra civile durata oltre un decennio. Per la panoramica su quegli eventi, sulla transizione post-bellica e sulle sfide attuali di questo Paese sono stati invitati Pier Maria Mazzola, giornalista, con una lunga esperienza in Mozambico, e l'arcivescovo Matteo Zuppi.
Mazzola ha offerto un puntuale inquadramento storico della vicenda mozambicana, evidenziando le dinamiche sociopolitiche e religiose del Paese, le tensioni coloniali, la transizione verso l'indipendenza, le cause e le conseguenze della guerra civile, i problemi di oggi. La Chiesa cattolica, inizialmente alleata del regime coloniale portoghese, gradualmente adottò posizioni più critiche. Il suo ruolo, in particolare quello di gruppi missionari come i padri Bianchi e di Burgos, è centrale nel combattere le ingiustizie sociali e promuovere la pace. La lotta tra Frelimo e Renamo, con l'intreccio di interessi locali e internazionali, ha profondamente segnato il tessuto sociale, creando divisioni e tensioni.
Grazie alla mediazione della comunità di Sant'Egidio, con l'allora monsignor Zuppi, si è comunque riusciti ad avviare un dialogo che ha portato alla pace nel 1992. Il bilancio della guerra civile è drammatico, centinaia di migliaia di morti in prevalenza civili, ma sorprendentemente il Mozambico è riuscito a evitare una spirale di vendette, aprendo la strada alla riconciliazione e a nuove elezioni democratiche.
L'Arcivescovo ha sottolineato nuovamente come il processo di pace in Mozambico sia stato un passo fondamentale verso la fine di una guerra civile devastante; ma la vera sfida è stata e continua a essere quella di costruire una pace duratura. Nonostante l'accordo del 1992, infatti, molti aspetti cruciali come le autonomie locali, la giustizia per i crimini di guerra e la piena inclusione di tutte le forze politiche e sociali, sono rimasti irrisolti. Il cammino verso la riconciliazione continua ad essere un'opera in corso, con il Paese che, sebbene abbia fatto dei progressi, affronta ancora oggi, nell'attualità, sfide interne legate alle diversità politiche, regionali e sociali.
Il processo di pace, quindi, non si esaurisce con la firma di un accordo, ma si dipana ulteriormente nei suoi aspetti più pratici e quotidiani, che richiedono una continua mediazione e un impegno a lungo termine. Senza un processo strutturato e condiviso che possa garantire giustizia e verità, il Mozambico rischia di trovarsi di fronte a una pace fragile, che potrebbe essere messa alla prova da nuove tensioni interne.
Nonostante queste difficoltà, l'esempio della mediazione di Sant'Egidio dimostra che la diplomazia e il dialogo possono aprire porte che sembrano chiuse, offrendo speranza per il futuro.
[ Sergio Rimondi ]