Un di più di carità aiuta le vite scartate a ritrovare il proprio posto nel mondo

Un di più di carità aiuta le vite scartate a ritrovare il proprio posto nel mondo

Un libro di Giannotti racconta storie di sfruttamento ma anche di riscatto
Quanto vale la vita delle persone ai margini delle nostre società? Se lo chiede Antonello Giannotti prete della diocesi di Caserta nel libro, "Quanto vale la vita di un uomo" (Ed. Saletta dell'Uva, Caserta 2024), con prefazione di Andrea Riccardi, partendo dal vissuto concreto di uomini e donne incontrati nel corso degli anni, grazie ai diversi, meritori, progetti della Caritas nell'area del Casertano: persone accolte, ascoltate, aiutate, soprattutto non dimenticate.
Partire dalle storie è decisivo per tanti aspetti e qui più di metà del libro è costituita da questo tipo di narrazione. Lo è perché le storie sono l'unico ancoraggio alla realtà così com'è, fuori da luoghi comuni o da teorie prefabbricate; solo partendo da esse, ad esempio, si può giungere ad una comprensione più profonda del fenomeno migratorio. Tra le vicende narrate molte sono infatti di migranti. Le loro vite ci aprono ad una dimensione planetaria della conoscenza. Non ce ne rendiamo conto, ma l'Europa-fortezza in cui viviamo, dove la curiosità verso mondi 'altri' si restringe, finisce per rattrappire tante volte anche la nostra intelligenza degli eventi. Al contrario, chi si mette a fianco dei migranti, chi si espone nell'ascolto e nell'aiuto, apprende molto, impara ad interpretare i segni dei tempi, si apre alla comprensione della storia.
Papa Francesco sostiene che il mondo e il tempo che viviamo si comprendono meglio dalle periferie, geografiche ed esistenziali, piuttosto che dal centro. Ed è così. Quanta cultura scaturisce dalle strutture di accoglienza, che Giannotti giustamente definisce 'crocevia del mondo' Le storie di chi vale di meno ci raccontano la persistenza nei nostri territori di fenomeni criminali e di sfruttamento ben oltre ogni decenza. Penso all'ignobile pratica del caporalato, al lavoro in schiavitù, come anche al enomeno delle agromafie. Scrive Giannotti: «Ogni mattina, alle cinque, gli ospiti si svegliavano, facevano colazione e andavano a cercare lavoro a giornata nelle campagne limitrofe a Caserta. La sera tornavano, esausti ed umiliati da ore ed ore di lavoro in condizioni disumane e degradanti» (pag. 61). Non si potrebbe essere più chiari. Pensiamo anche alle drammatiche condizioni imposte alle donne con lo sfruttamento sessuale, alle terribili umiliazioni cui sono sottoposte. A ciò si aggiunge l'isolamento: smettono di chiamare casa, smettono di rispondere, spariscono, perché non sanno come raccontare a genitori, parenti, figli, cosa gli sta succedendo in Italia, il proprio fallimento.
È cambiato qualcosa negli ultimi anni? Giannotti fa riferimento più volte alla legge contro il caporalato, la 199/2016. Sono stati fatti passi importanti ma non ancora sufficienti per sconfiggere questa piaga sociale. Il libro ci racconta storie di violenze e di sfruttamento, a volte al limite della bestialità. Ma anche storie a tratti commoventi per la grande umanità che trasuda dai racconti.
Una delle parti più interessanti è l'analisi del fenomeno delle reti migratorie, fenomeno complesso e contraddittorio, ma poco studiato nonostante il forte impatto che ha sulla vita quotidiana dei migranti. Dove mancano politiche pubbliche efficienti ed incisive intervengono reti informali, spesso promosse e attivate dalle stesse comunità di migranti. Pensiamo all'auto-organizzazione dell'offerta di lavoro attraverso i rapporti interpersonali, al consolidamento di comunità occupazionali a base etnica che formano nicchie in determinati settori economici (pag. 147), o al sostegno alla micro imprenditorialità, specie in settori di prodotti e servizi specifici (ad esempio, money transfer, macellerie halal, ecc,).
Le reti migratorie, così come emerge dal libro, hanno un ruolo importante nel percorso di integrazione dei migranti, ma possono anche condurre ad esiti diversi. Da un lato, possono favorire l'inclusione secondo il modello adottivo vincente in questi anni, tanto da aver permesso all'Italia, in poco più di due decenni, di arrivare in maniera ordinata ad una percentuale di popolazione straniera pari a quella di paesi europei con una tradizione coloniale ben più lunga della nostra. Un modello che significa protagonismo della società civile e del mondo associazionistico, inserimento nelle famiglie (baby sitter, badanti...), sistema scolastico aperto e inclusivo. Dall'altro lato, le reti migratorie, soprattutto nei paesi dove prevale un modello multiculturalista, possono frenare e ostacolare l'inserimento degli stranieri nel tessuto sociale del paese ospitante e creare dei ghetti. Il lavoro offerto è spesso poco qualificato, gli immigrati più istruiti sono più penalizzati, si formano comunità chiuse che escludono e fanno muro alla ricezione culturale e linguistica del paese ospitante.
E infine, una parola sulla Chiesa. Scrive Giannotti: «La Chiesa non è un soggetto politico classico di parte che rivendica le proprie istanze e difende i propri interessi mondani, ma ha un ruolo espressamente "profetico": una spinta orientata alla mutazione radicale del mondo in vista del Regno». La Chiesa indica sempre un "oltre" verso cui andare. Per questo, anche nel suo agire concreto, accanto agli "scartati," non può rinunciare alla sua radice escatologica, cioè a battersi per conseguire un "di più" di giustizia attraverso l'esercizio della carità. 

[ Marco Impagliazzo ]