«Dolore e solidarietà uniscono». L'imam in chiesa con Sant'Egidio

All'Annunziata la veglia "Morire di speranza" dedicata alle tragedie dell'immigrazione

Miracoli di Sant'Egidio, la comunità che apre le porte a tutti e non guarda al colore della pelle, al credo o alla provenienza delle persone che incontra: ieri, la basilica dell'Annunziata a Principe si è riempita di una folla multietnica per la preghiera "Morire di Speranza", dedicata ai 66 mila morti in mare dal 1990 ad oggi, più di 800 dal primo gennaio a oggi limitandosi ai casi conosciuti. E per la prima volta in questa occasione è entrata in chiesa una delegazione islamica, per pregare insieme davanti all'altare con un'unica voce, guidata dall'imam egiziano della mosche di via Balbi Mohamed Abou Ebrehem, seduto accanto.
«I nostri amici islamici hanno sempre partecipato a questa giornata pregando fuori, senza però unirsi al rito cattolico - racconta Sergio Casali, portavoce di Sant'Egidio - ma quest'anno hanno voluto esserci». Un'amicizia cementata da tanti piccoli gesti come la partecipazione dell'imam, nei giorni del Ramadan, ai giri della distribuzione di cibo alla gente di strada da parte dei volontari. La solidarietà può unire così, come uniscono il dolore e la speranza.
Nella Giornata mondiale del rifugiato (e a pochi giorni di distanza dal naufragio davanti alle coste della Calabria in cui hanno perso la vita decine di persone, tra cui molti bambini) la Comunità di Sant'Egidio ha rinnovato la veglia "Morire di Speranza", per ricordare tutte le donne e gli uomini morti lungo le rotte delle migrazioni. Nella basilica dell'Annunziata, dove spiccano grandi foto di soccorsi in mare per testimoniare la tragedia e gli aiuti, vengono ricordate tutte le persone morte dal 1990 a oggi inghiottite dal mare Mediterraneo o perite lungo le altre rotte, via terra, dell'immigrazione verso l'Europa. «Un conteggio drammatico, che nell'ultimo anno ha subito una preoccupante accelerazione. Una tragedia dai costi umani elevatissimi, cinque morti al giorno, che deve scuotere la coscienza dell'Europa e spingerla a ripristinare missioni di salvataggio in mare e aprire vie legali e sicure, sul modello dei corridoi umanitari».
Durante la veglia vengono scanditi alcuni nomi di chi è scomparso, in rappresentanza di tutti e soprattutto di chi resta un morto senza identità, e accese candele. Tanti i profughi presenti, alcuni dei quali venuti in Italia con i corridoi umanitari, e tra le panche ci sono anche familiari e amici di chi ha perso la vita in mare. All'altare, monsignor Giacomo Martino animatore della Migrantes parla di speranza. «Pensiamo di essere noi ad aiutare - scandisce - ma sono le mani protese dall'acqua per non affogare a tirarci fuori dalla melma della nostra indifferenza e del nostro menefreghismo». 


[ B. V. ]