Padova ricorda la deportazione ottant'anni anni dopo. «La memoria contrasti il contagio di odio e razzismo»

Ieri sera la marcia silenziosa da Palazzo Moroni al ghetto, organizzata da Sant'Egidio e dalla comunità ebraica
«Non c'è futuro senza memoria»: sono le parole di Primo Levi scelte come titolo della marcia silenziosa che si è svolta ieri pomeriggio per ricordare la deportazione degli ebrei padovani a 80 anni di distanza. Un pellegrinaggio, organizzato dalla comunità di Sant'Egidio e dalla comunità ebraica di Padova, a cui hanno partecipato oltre 200 persone che da Palazzo Moroni si sono dirette verso il ghetto, per poi tornare sotto il Municipio.
La data del 3 dicembre 1943 segnò l'avvio di uno dei momenti più drammatici della storia recente della città: il prelevamento degli ebrei padovani, in esecuzione dell'ordinanza numero 5 della Repubblica Sociale Italiana, e l'apertura del campo di concentramento di Vo' Vecchio, nella seicentesca
Villa Contarini-Venier.
«Questa manifestazione che si svolge a Padova dal 2012 è un monito ostinato, figlio della convinzione che nel nostro tempo veloce e superficiale c'è bisogno di fermarsi, conoscere e ricordare - ha spiegato la responsabile di Sant'Egidio Alessandra Coin - Sentiamo la necessità di conservare e diffondere questa memoria per contrastare il contagio dell'odio, dell'antisemitismo e del razzismo, con un contagio uguale e contrario: quello della solidarietà, dell'impegno per la costruzione di un mondo più umano».
«Sono tempi difficili e siamo preoccupati - ha osservato il presidente della Comunità ebraica Gianni Parenzo - Ottant'anni dopo i terribili eventi che oggi ricordiamo, le nostre sedi comunitarie e i nostri luoghi di preghiera sono presidiati dalle forze di polizia». È stata netta la condanna del pogrom del 7 ottobre da parte di Hamas: «È stato vissuto da tutti gli ebrei come uno dei momenti più tragici per l'odio e l'efferatezza degli atti compiuti». «Il fanatismo, che è stato uno degli elementi determinanti della Shoah, oggi riemerge con preoccupante vigore - ha sostenuto Parenzo - Testimoniare e tramandare la memoria vuol dire contribuire a creare una cultura della pace».
Presente all'evento la consigliera comunale Etta Andreella, che ha proposto: «Facciamoci memoria vivente, solo così possiamo dire di aver fatto il nostro dovere di cittadine e cittadini». È inoltre intervenuto don Enrico Piccolo, a testimoniare l'amicizia tra la comunità ebraica e la Chiesa di Padova, e sono pervenuti anche i saluti - affidati a una lettera - del presidente della Regione Luca Zaia. 
 

[ Rocco Currado ]