L'importanza dei corridoi umanitari

L'importanza dei corridoi umanitari

Colloquio con Roberto Zuccolini

Zuccolini è giornalista, ha lavorato per oltre 30 anni al Corriere della Sera in diversi settori del giornale seguendo in particolare il fenomeno dell'immigrazione e specializzandosi in Chiesa e mondo cattolico, prima di diventare capo servizio del politico. Esperto anche di società africane e relazioni internazionali, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui Shahbaz Bhatti. Vita e martirio di un cristiano in Pakistan (Paoline 2012) e La Parola e i poveri. Storia di un'amicizia cristiana. Carlo Maria Martini e la Comunità di Sant`Egidio (San Paolo 2022).
In una situazione siffatta, i Corridoi umanitari rappresentano un programma sicuro e legale di trasferimento e accoglienza, rivolto a popolazioni civili in fuga da situazioni di grave emergenza umanitaria, volti a evitare le stragi del Mediterraneo.
A parlarne è Roberto Zuccolini, dal 2014 portavoce della Comunità di Sant'Egidio, fondata da Andrea Riccardi e primo ente promotore dei Corridoi umanitari 
Quando e come è nata l'iniziativa dei Corridoi umanitari?
L'idea è nata dopo le grandi tragedie del mare del 2013 e successive: parlo di Lampedusa e di quelle avvenute subito dopo, 2014 e 2015. Ci si è chiesti: può esserci un modo diverso per far giungere in sicurezza le persone, che tra l'altro hanno diritto assoluto a essere accolte e protette perché fuggono da guerre, come i profughi siriani o più recentemente quelli afghani? Allora abbiamo studiato un modo anche legale per farli arrivare, protetti anche da tutte le regole esistenti in Ue e nel nostro territorio italiano. Abbiamo visto che c'era nei regolamenti europei la possibilità di concedere i visti di protezione umanitaria, abbiamo proposto questo progetto allo Stato italiano, in particolare al ministero dell'Interno e dell'Estero. Finalmente nel dicembre 2015 siamo riusciti a firmare un accordo che inizialmente prevedeva l'arrivo di 1.000 profughi siriani che stavano in Libano, fuggiti dalle guerre, un accordo preso in maniera ecumenica con le Chiese protestanti in Italia, quindi la Chiesa valdese e la Chiesa evangelica in Italia.
Da allora in poi la Comunità Sant'Egidio ha promosso altri Corridoi umanitari anche con altre associazioni o realtà ecclesiali e non: per esempio, abbiamo preso accordo con la Cei dall'Etiopia per i profughi del Corno d'Africa, Sud Sudanesi, Somali ed Eritrei, oppure per esempio l'accordo per l'Afghanistan. Da allora in poi siamo riusciti a far venire in Europa - dico Europa perché poi questo stesso modello è stato replicato in Francia e in Belgio con numeri minori - più di 6.300 persone dal febbraio 2016 a oggi.
Si potrebbe dire che è una piccola goccia nel mare da cui le persone fuggono, ma non è vero perché in realtà 6.300 persone fanno quello che sono riusciti a fare nello stesso periodo ben 15 Stati europei. Una quindicina di Stati è riuscita a fare quello che noi siamo riusciti a fare da soli: da soli intendo dire che c'è un accordo con lo Stato, ma il progetto è totalmente autofinanziato da chi offre case, quindi famiglie Italiane, associazioni, parrocchie e istituzioni. Mentre per quello che riguarda i viaggi e tutto il resto noi facciamo una raccolta fondi e la comunità, i Valdesi e la Cei, per esempio, hanno utilizzato una parte del loro 8 x 1.000. Lo Stato, quindi, non mette un euro: da parte sua facilita e permette l'ingresso dei migranti stessi, perché c`è un accordo con le ambasciate dei diversi Paesi per concedere i visti, poi la polizia appena arrivano prende le impronte e accetta la loro richiesta di status di rifugiato, di asilo politico. Però non ci sono finanziamenti da parte dello Stato. C'è stato un aiuto per i voli, per far venire i profughi afghani che stanno in Pakistan e in Iran. Gli ultimi e più recenti arrivi di afghani però sono stati a spese nostre.
Non si tratta però solo di accoglienza, ma anche di solidarietà e integrazione. Soprattutto integrazione, perché il vero problema dei migranti è l'integrazione, cioè il motivo per cui talvolta si fa fatica con i migranti che arrivano con i barconi è che non c'è un progetto prima. Con i Corridoi il criterio con cui si scelgono le persone è la fragilità e la vulnerabilità: noi accogliamo per esempio famiglie con tanti figli, persone che hanno avuto problemi o donne a rischio di tratta. Quindi l'integrazione viene esaudita, perché da settimane prima la comunità locale, che sia un comune o un quartiere di una città, si mobilita nel provvedere a tutto quello che serve per l'accoglienza.
I genitori, gli adulti migranti vengono invitati ad apprendere l'italiano in scuole che noi predisponiamo per loro, mentre i bambini vanno a scuola e c'è tutto un tessuto che li accoglie. In alcuni casi è servito anche in qualche modo per rendere più vivi e popolari i piccoli borghi che invece non avevano più vita per lo spopolamento e la denatalità. Addirittura, in alcuni casi, non si sono più chiuse scuole elementari grazie all'arrivo di queste persone.
I Corridoi umanitari sono una forma di reinsediamento e di ricollocamento: reinsediamento di persone che stanno al di fuori dell'Ue in attesa di essere considerati rifugiati, il ricollocamento invece è quello che l'Italia, per esempio, chiede nel momento in cui arrivano tanti migranti sulle nostre coste e chiede di ricollocarli, ma queste persone sono già in territori Ue. Il reinsediamento alcuni Paesi Ue non lo praticano affatto.
Leggo dal libro Accogliere, di Lucio Caracciolo in dialogo con Andrea Riccardi (Piemme 2023): «Non si tratta solo dell`accoglienza alle frontiere, ma c'è una cultura dell'accoglienza che è conversione dall'Io al Noi, che deve trasformarsi in una politica ragionata»: cosa aspettarsi quindi dal futuro? I Corridoi sono una situazione temporanea che implica un intervento da parte della politica?
Sicuramente sì, tra l'altro noi, non essendo un partito o un movimento politico, dialoghiamo con le istituzioni e da tempo abbiamo proposto di rivedere un po' l'organizzazione dell'accoglienza ai migranti, ma anche l'approccio a questo fenomeno. Perché sicuramente è un fenomeno che non si può arrestare facilmente, per esempio adesso si sta cercando di capire come fare per aiutare i Paesi da cui le persone provengono e questo è giustissimo, ma nel frattempo noi siamo di fronte a un terribile fenomeno, quello della denatalità, che va affrontato a livello familiare, facendo quindi politiche che favoriscano la famiglia, ma queste politiche, che finora abbiamo fatto in maniera scarsa, anche se le mettessimo in moto adesso in maniera potenziata, darebbero i loro frutti tra 20 anni, ci vuole del tempo. Allora noi l'ultimo anno abbiamo perso 179.000 persone, in 5 anni la popolazione italiana è diminuita di 1 milione, ci dobbiamo porre il problema di come fare per il futuro, anche perché la popolazione anziana, e quindi i pensionati, aumentano e diventerebbe un problema insostenibile.
Di fronte a questo l'immigrazione potrebbe essere una chance: gli Stati, a partire dall'Italia, devono capire questa possibilità perché possa diventare un'occasione e non invece un problema, come è stato comunque presentato. Quello che noi abbiamo chiesto da tanto tempo è per esempio quello di favorire, di allargare i flussi d'ingresso regolare, per motivi di lavoro, di cui tutti gli imprenditori hanno bisogno, ma anche tutte le famiglie, pensiamo alle badanti che mancano. Gli imprenditori hanno calcolato che servirebbero circa 200.000 immigrati ogni anno per poter bilanciare il mercato del lavoro. Allora c'è stato un primo passo: questo nuovo Decreto Flussi che prevede l'arrivo di 450.000 persone in 3 anni, non si arriva ai 250.000 all'anno ma è già abbastanza e soprattutto sono state inserite nuove categorie, come quelle delle badanti e soprattutto nuove nazionalità che prima non c'erano. Adesso stiamo a vedere. Perché, se noi riusciamo a far funzionare questi flussi di ingresso regolare, sarebbe un disincentivo all'immigrazione clandestina. Poi restano chiaramente questioni di fondo.
Siamo coscienti quindi che i Corridoi umanitari non risolvano il problema e per questo chiediamo nuove politiche, però continuiamo con i Corridoi che sono un modello e se gli Stati copiassero questo modello a spese loro si potrebbe fare molto di più e potrebbero entrare molti più rifugiati.
Com'è la risposta da parte dei cittadini, delle famiglie e comunità che accolgono?
I numeri appena presentati dimostrano che gli Italiani sono disponibili all'accoglienza, eppure è realtà una certa "paura dello straniero". La paura del migrante nasce dal fatto di non conoscere il migrante, cioè queste persone e quindi le loro fragilità, le loro storie spesso anche terribili, le guerre da cui provengono. Una volta che invece la cosa è preparata, l'arrivo ha tutti i crismi del "benvenuto" e noi vediamo che, in qualche modo, ci si scioglie come neve al sole: le comunità accolgono e le persone si inseriscono anche in realtà, per esempio, pensando all'Italia, dove ci sono state manifestazioni di rifiuto. Spesso anzi accade che le comunità si vivacizzano.
Il problema è la non conoscenza, ma anche la gestione, perché si tratta di persone che vengono "gestite" in quanto non arrivano all'improvviso, ma c'è tutto un programma già scritto che è pronto ad accoglierle.
Il fatto che ci sia un'organizzazione dietro fa quindi da garanzia?
Assolutamente, ma noi non lo facciamo da soli: ci siamo alleati con tantissime persone non solo per fare il Corridoio umanitario in sé, quindi andare a prendere le persone, ma a livello locale in Italia ci sono tantissime parrocchie, associazioni, famiglie, quindi tutto un movimento che si è creato attorno. La comunità quindi con tutti i suoi amici.
Com'è stata la risposta dei governi a questa realtà?
Noi dialoghiamo da sempre con tutte le istituzioni e tutti i governi: facciamo delle proposte, come quelle di cui si parlava prima, chiaramente chiediamo che il nostro progetto continui. Devo dire che rispetto ai Corridoi umanitari non abbiamo mai incontrato resistenze, se mai rallentamenti burocratici, ma sia i governi di centro sinistra sia quest'ultimo di centro destra, come anche i vari governi tecnici, hanno sempre considerato i Corridoi umanitari come una best practice. Ci sembra tra l'altro una proposta bipartisan perché non punta a favorire una parte o l'altra, ma è una possibile risposta a un problema: quello delle persone in attesa di un asilo politico. Io credo tra l'altro che aiutare i migranti aiuti anche gli italiani e ci si sta accorgendo di questa cosa.