Il cardinale Zuppi: la guerra è sempre una sconfitta per tutti

«La guerra è sempre una sconfitta per tutti, pertanto, le soluzioni vanno cercate nella complessità della realtà. Conoscere la "profondità della storia" serve proprio a questo, ovvero a mettere insieme i diversi frammenti e a costruire un noi più grande dell`io». Si è espresso così il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, alla presentazione del libro di Andrea Riccardi li grido della pace (San Paolo), che si è svolta ieri sera a Roma nella sede trasteverina della comunità di Sant'Egidio. Confermando, nella risposta ai giornalisti, di avere incontrato il Papa di ritorno dalle sue missioni a Mosca, la più recente, e prima a Kyiv, come inviato speciale del pontefice, e di aver parlato con lui della priorità di oggi, che è «quella di lavorare per i più svantaggiati, come i bambini, e vedere se si riesce ad avviare il meccanismo per farli ritornare a casa, e aiutare perciò la parte umanitaria. Speriamo che si cominci dai più piccoli, da quelli che sono più fragili. I bambini devono poter tornare in Ucraina», ha sottolineato ancora.
Nel corso della presentazion - cui hanno preso parte, con la moderazione del professor Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, anche il giornalista Marco Damilano, il presidente del Censis Giuseppe De Rita, e la filosofa Donatella Di Cesare - Andrea Riccardi ha sottolineato che è tempo di «ritornare a ragionare su cos'è la pace». Oggi, la guerra fa paura, «sì, ma forse non abbastanza», ha detto ancora. Per questo, «va sconfitta la visione della guerra come game: questo porta alla sua inesorabile accettazione, a una familiarità della guerra, quasi alla sua riabilitazione».
Ma dov'è il movimento della pace oggi, si è chiesto? «Non lo so, non lo vedo - è la risposta - però ci sono tanti frammenti in movimento, che siamo chiamati a ricomporre per ricostruire la comunità». Pertanto, da parte della politica «ci vogliono pensieri più lunghi e visioni più larghe, ci vuole un maggiore investimento nella diplomazia. Occorre riprendere la storia e la memoria, come quelle della seconda guerra mondiale e della Shoah. Superare il discorso del derby, delle curve da stadio, alimentando una cultura di pace e facendo sì che tale cultura sia diffusa tra la gente».
Sulla memoria della guerra e delle guerre si è soffermato anche Marco Impagliazzo, sottolineando come «oggi in Europa abbiamo perduto i testimoni delle crudeltà» del novecento, dimenticandoci «il valore della pace e mancando il compito morale di promuoverla ogni giorno». Mentre il giornalista Marco Damilano, ha posto l'accento sul pericoloso legame tra «guerra e nazionalismo, che sembravano essere stati spazzati via con la fine del secondo conflitto mondiale e, invece, sono tornati prepotentemente nel XXI secolo». Tanto che oggi la «"non-pace" è quasi un mostruoso punto di equilibrio» della geopolitica e delle relazioni internazionali. E ricordando il discorso del presidente del parlamento europeo David Sassoli (scomparso lo scorso anno) a Campo di Fossoli nel luglio 2021 sulla nascita dell'Europa dalla tragedia della Shoah, ha sottolineato che «la non-pace oggi è l'altra faccia di una frattura in cui l'odio prevale e diventa progetto politico: mentre lavorare per la pace è un atto di resistenza, un grido disperato ma pur sempre di speranza».
Per costruire un senso comune, «più che il grido sono importanti le voci dei tanti che lavorano per la pace, come Paolo VI o Giorgio La Pira nel passato», ha detto Giuseppe De Rita, che ha evidenziato l'importanza di poter «ragionare con l'uomo e con la comunità, insieme, perché solo così si può sconfiggere l'odio, il vero nemico della pace». Per farlo, «bisogna comprendere da dove nascono le ostilità e le diverse visioni del mondo, facendo attenzíone alla storiografia del profondo».
Purtroppo, «la familiarità con la guerra nasce oggi dall'indifferenza e dal processo di forte de-politicizzazione in atto» nel discorso e nella vita pubblici, ha detto Donatella Di cesare. Sottolineando che «la Chiesa e l'Europa possono essere due pilastri imprescindibili» per ricostruire il senso del bene comune. Come ha scritto Papa Francesco in Fratelli tutti: «Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni», perchè «ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato».

[ Roberto Paglialonga ]