La Comunità di Sant’Egidio, da 55 anni «vicina alle ferite che segnano le persone»

La celebrazione nella basilica lateranense con il cardinale presidente della Cei Zuppi. «Germoglio di pace che continua a fiorire, anticipo della pace che può far fiorire la vita». Il presidente Impagliazzo: «Confermiamo l’impegno per la responsabilità del bene»

La Messa celebrata nella basilica di San Giovanni in Laterano ieri, 9 febbraio, per i 55 anni della Comunità di Sant’Egidio è stata un’imponente manifestazione di stima, vicinanza e affetto per l’azione svolta in questi undici lustri. Imponente per la presenza di decine di cardinali, arcivescovi e vescovi: all’altare, con il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, membro della prima ora della Comunità, c’erano il decano del Collegio Re, il vicario della diocesi di Roma De Donatis, il prefetto del dicastero per i Laici Farrell, e il presidente emerito del Ponticio Consiglio per l’unità dei cristiani, Kasper. Come pure erano presenti la figlia del presidente della Repubblica Mattarella, Laura, i ministri Tajani (Esteri), Piantedosi (Interno) e Valditara (Istruzione e merito), il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, esponenti del mondo politico e culturale, di altre confessioni e religioni, numerosi ambasciatori.
Ma soprattutto c’erano i giovani per la pace, gli immigrati, i profughi ucraini e siriani, i senzatetto. In una parola, gli amici di Sant’Egidio, che hanno gremito la basilica. Lo ha ricordato Zuppi nella sua omelia: «Valdo Vinay, che condivise negli anni della sua vecchiaia il cammino dei nostri inizi, fece sua l’espressione di un giovane: “Qui l’amicizia non finisce mai”. Non è finita, anzi, si è rafforzata, affrontando da sempre tante pandemie di povertà e sofferenza. La Comunità si è sempre fatta vicina alle ferite che segnano le persone, i poveri».
Il cardinale ha ricordato gli inizi della Comunità tra le baracche del Cinodromo, le tante iniziative avviate nel corso del tempo, fino ai corridoi umanitari e agli aiuti forniti «nella tempesta della guerra» che «spegne anche i sogni e gli slanci. La Comunità di Sant’Egidio li riaccende, li difende, germoglio di pace che continua a fiorire, anticipo della pace che può fare rifiorire la vita. Sant’Egidio tutto è un popolo di operai di pace, perché avvicina i cuori, combatte le barriere, abbatte i muri, costruisce luoghi dove Fratelli tutti non è solo una visione grande ma la realtà di comportamenti e parole». E ringraziando il fondatore, Andrea Riccardi, e la presidenza della Comunità, Zuppi ha concluso: «Siete un popolo di poveri e di umili, di vecchi e giovani, di fratelli più piccoli e fratelli che si fanno piccoli e così diventano tutti grandi. Siete operai che possono sempre, ed è una grazia, lavorare per il Signore e quindi per il prossimo. È la Parola di Dio che continua a chiamare e a mandare che ha custodito la Comunità, perché non smette di renderci sensibili a nuovi aspetti di povertà e anche a capire in modo nuovo e più profondo i vecchi».
Al termine della celebrazione il presidente Marco Impagliazzo ha ricordato come «la Comunità è nata in questa Roma e, nella sua non più breve storia, porta i tratti della sua carità e universalità. Radicati in questa Chiesa e in questa città, a partire dalle sue periferie, abbiamo potuto allargare i nostri orizzonti e il nostro impegno al mondo intero». Ha anche ribadito ai ministri presenti «la volontà di continuare a collaborare a importanti programmi umanitari, sociali, educativi e di cooperazione internazionale», tra cui l’impegno a favore degli anziani soli e il programma dei corridoi umanitari per i profughi, una «buona pratica italiana, e speriamo presto europea, che sostiene quel carattere italiano di umanità che contraddistingue la nostra società». Citando gli auguri di un rabbino, Impagliazzo ha concluso confermando l’impegno per la «responsabilità del bene che ci assumiamo da questa celebrazione per il tempo che viene». 


[ Andrea Acali ]