Appello: cercasi lavoratori

Comunità di Sant'Egidio. Un approccio concreto al fenomeno immigrazione. Cinque proposte serie e intelligenti per sottrarre l'immigrazione alla strumentalizzazione della politica.
Non solo a beneficio degli immigrati ma anche delle famiglie e imprese italiane

Sottrarre l'immigrazione alla strumentalizzazione politica e affrontarla non come un problema da subire, ma un'opportunità da cogliere. E' urgente farlo non solo a beneficio degli stranieri che scelgono il nostro Paese come luogo di residenza e lavoro, ma anche delle famiglie e delle imprese italiane, insomma del "sistema Italia", che soffre di una grave crisi demografica e che, per favorire la ripresa occupazionale in tanti settori, lancia alle forze politiche e alle istituzioni il pressante appello "Cercasi lavoratori".
Come si sta facendo in altri campi, occorre una pianificazione, seria e lungimirante, in grado di liberarsi di quell'approccio burocratico che frena e trasforma ogni procedimento amministrativo in una corsa a ostacoli, fa perdere attrattività al nostro Paese e lascia cittadini e imprenditori da soli davanti a una società e a un mercato del lavoro in rapida trasformazione. Le associazioni di categoria, dalla Confindustria a Federalberghi, segnalano da tempo una carenza strutturale di manodopera, soprattutto per il comparto agricolo e turistico, l'autotrasporto e la logistica, professioni a basso livello di competenza, per cui l'Italia avrebbe bisogno di 200 mila lavoratori l'anno, sia a tempo indeterminato, sia stagionali.
Ma all'appello mancano anche numerosi lavoratori per la cura della persona, soprattutto infermieri e badanti, la cui penuria mette in seria difficoltà il modello italiano di welfare familiare, soprattutto per gli anziani e le persone con disabilità, proprio ora che il governo si sta avviando verso un'ampia domiciliarizzazione delle cure e dell'assistenza. Per questo in un momento difficile per l'Italia, con la guerra in Ucraina che ha sconvolto il piano di ripresa economica avviato nei mesi precedenti, la comunità di Sant'Egidio lancia le seguenti proposte per un approccio concreto e intelligente al fenomeno dell'immigrazione:
• Ampliare e semplificare i decreti flussi. Quello entra to in vigore lo scorso 17 gennaio ha allargato le quote di ingresso regolare rispetto a quelle degli anni precedenti, arrivando a 76 mila persone. Purtroppo non ha ancora prodotto risultati apprezzabili per un complicato sistema di presentazione della domanda per fare ingresso in Italia. Per cui mentre la stagione turistica è già in fase avanzata i lavoratori stagionali non sono ancora arrivati. Si tratta di velocizzare le pratiche ed emanare più decreti flussi nel corso dell'anno per favorirne un'effettiva efficacia. Senza, peraltro, escludere (inspiegabilmente) alcune nazionalità, come Perù, Colombia, Ecuador, le cui comunità sono presenti e ben integrate da anni nel nostro Paese;
• Reintrodurre il "soggetto garante responsabile" per l'ingresso dei lavoratori immigrati. Questa figura, prevista nell'ordinamento fino al 2002, potrebbe assumere un ruolo determinante — sia che si tratti di persone fisiche o giuridiche (imprese o associazioni) — nel facilitare la prima fase di ingresso in Italia, la sistemazione alloggiativa e il reperimento di un'occupazione lavorativa, naturalmente sotto la sua responsabilità economica;
• Estendere i ricongiungimenti familiari, finora possibili solo tra coniugi o per i figli minorenni, ad altri gradi di parentela, perché questo strumento si è rivelato molto efficace a livello di integrazione, essendo la prima accoglienza affidata alla famiglia del migrante già residente stabilmente in Italia;
• Superare i gravi ritardi nelle procedure relative alla regolarizzazione del 2020. Dopo due anni, su 207 mila domande, solo 128 mila pratiche sono state definite, spesso con un diniego, il più delle volte, per motivi burocratici e per l'eccessiva discrezionalità nell'interpretazione delle norme. Ad esempio, si potrebbe eliminare l'obbligo dell'idoneità alloggiativa (un impegno illogico, se lo si chiede a persone che potrebbero avere affitti regolari solo dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno), come si fece con un articolo di legge nel 2013 (art. 9, comma 10, d.l. 76/2013);
• Estendere i corridoi umanitari anche per le migrazioni cosiddette economiche. Questo strumento legale rappresenta un modello di felice interazione tra società civile e istituzioni nel garantire una buona integrazione e facilitare l'ingresso nel mondo del lavoro, ed andrebbe utilizzato — con le dovute differenze — oltre alla protezione umanitaria.
Quest'anno è stata raggiunta la cifra di cento milioni di rifugiati. Un record drammatico, davanti a cui è forte la tentazione di spaventarsi, assuefarsi e cadere nel senso di impotenza. Alla fine di giugno, grazie a un protocollo tra Sant'Egidio, Cei, Unhcr e governo italiano, sono atterrate a Roma con un volo aereo 95 persone liberate dai campi di detenzione in Libia: i corpi segnati da anni di violenze e soprusi, i volti ancora in grado di sorridere davanti all'opportunità di cominciare una nuova vita. Anni di amicizia e di lavoro per la loro accoglienza e integrazione ci hanno mostrato che i migranti non si arrendono mai.
Lo abbiamo visto anche alcuni giorni fa, con il primo consistente arrivo nel nostro Paese di famiglie afghane, finora rifugiate in Iran e Pakistan, grazie ai corridoi umanitari. Questo progetto, nato dalla società civile e dalla collaborazione tra comunità, Chiese e istituzioni, ha tenuto viva nella coscienza collettiva una sensibilità solidale e accogliente, ma ha anche liberato tante energie positive. Bisogna ripartire da qui per dare una risposta più umana a chi è in cerca di un futuro migliore. E anche una risposta economicamente conveniente per chi accoglie, che avrebbe solo da guadagnare dalla capacità di resilienza e dalla voglia di ricominciare di chi è accolto. 


[ Marco Impagliazzo ]