Merkel a Erdogan: "Rispetti la democrazia o niente visti per l'Ue"

L'incontro al summit umanitario dell'Onu a Istanbul. L'appello: "Mobilitazione per far cessare le guerre"

Gli aiuti umanitari così non funzionano. Nel mondo le guerre si moltiplicano, la gente muore, gli sfollati hanno raggiunto il numero di 60 milioni, e le persone in cerca di assistenza sono 130 milioni. Tuonano dal palco del primo Vertice umanitario mondiale di Istanbul due big come Angela Merkel e Recep Tayyip Erdogan. Spesso contrapposti, ma a volte in sintonia. E più che mai ora, dopo l'accordo Europa-Ankara sul contenimento dei migranti. Anche se la Cancelliera non ha risparmiato parole dure sulla deriva autoritaria del presidente turco. «Ho espresso seria preoccupazione - ha spiegato la Merkel - per l'approvazione della norma che prevede la revoca dell'immunità parlamentare. La Turchia ha bisogno di un sistema giudiziario e di una stampa indipendenti, e di un parlamento forte». E sulla liberalizzazione dei visti ha aggiunto: «La Turchia deve soddisfare tutte le condizioni».
«Il sistema di assistenza umanitaria ancora non funziona», scandisce la cancelliera tedesca. Che aggiunge: «Troppe promesse sono state fatte, il denaro non arriva per portare a compimento i progetti. Tutto ciò deve finire». E il presidente turco, che fa gli onori di casa, adotta un doppio registro, alzando la voce prima e poi offrendo la mano. «L'attuale sistema è insufficiente e sull'orlo dell'implosione - dice - Il peso è sopportato solo da alcuni Paesi, mentre ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. C'è la tendenza a sfuggire fra gli attori della Comunità internazionale». Poi, in un'intervista al Guardian, calibra il tiro: «Per mantenere l'immigrazione illegale sotto controllo, l'Europa e la Turchia devono lavorare insieme».
Il primo summit internazionale dedicato esclusivamente alla questione umanitaria, inaugurato nella metropoli stesa fra due Continenti, si è aperto con ottimi propositi ma non senza polemiche. C'è l'impegno personale di Papa Francesco, e quello mondiale delle Nazioni Unite. Ci sono 65 fra Capi di Stato e di governo, e centinaia di organizzazioni civili. Ma a disertare l'incontro, e non è una defezione da poco, è un protagonista in prima linea da anni come Medici senza frontiere. «Il vertice - accusa l'organizzazione presente in tutti i teatri di guerra e di crisi - è diventato una foglia di fico fatta di buone intenzioni, che trascura di rafforzare gli obblighi degli Stati per attuare le leggi umanitarie e dei rifugiati». Scetticismo pure sulla sede della conferenza, la Turchia, dove i migranti hanno quasi raggiunto il numero di 3 milioni.
Le parole della Merkel e di Erdogan rimbombano nelle sale del Centro congressi non lontano da piazza Taksim, e fanno discutere gli addetti ai lavori. Quello attuale è un anno catastrofico per i diritti umani. Il vertice sancisce di fatto il mezzo fallimento dell'azione umanitaria. Anche per questo il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha convocato il summit confidando nell'azione e nelle parole di Bergoglio, il quale nei suoi ultimi due viaggi apostolici ha voluto ricordare l'imminenza di questo incontro. «Entro il 2030 bisogna dimezzare il numero degli sfollati», dice nel suo appello il numero uno dell'Onu. E il Papa invia un messaggio: «Nessuna famiglia deve essere privata di una casa, a nessun rifugiato va negata l'accoglienza, a nessun ferito siano negate le cure, nessun bambino sia privato della sua infanzia, nessun uomo e nessuna donna devono essere privati del futuro». Parole lette dal segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, a nome del PontefiCe.
Tre i documenti attesi. E cinque i pilastri individuati dall'Onu: prevenire e porre fine ai conflitti, rispettare il diritto umanitario internazionale in guerra, non abbandonare nessuno, lavorare per mettere fine alle necessità, investire nell'umanità. Suggerisce il presidente della Comunità Sant'Egidio, Marco Impagliazzo: «Nell'aiuto umanitario si tenga in conto il tema dell'integrazione, via maestra per vincere ogni tipo di esclusione». Spiega a Repubblica il viceministro degli Esteri, Mario Giro, a Istanbul in rappresentanza dell'Italia: «L'idea di collegare aiuti umanitari e investimenti allo sviluppo è fondamentale». Oggi le conclusioni.


[ Marco Ansaldo ]