Venerdì 4 aprile, giovani della Comunità di Sant’Egidio, studenti e studentesse, amici e colleghi di Ilaria Sula, si sono riuniti davanti all’Edificio di Statistica della Sapienza, per ricordare la studentessa uccisa pochi giorni fa e tutte le donne vittime di violenza.
Un momento di ricordo, di riflessione, di conforto per chi conosceva la ragazza e le voleva bene ma anche di speranza per un mondo di dialogo e pace.
Dopo la lettura del Vangelo di Marco (5,1-19) è stato letto un appello scritto insieme dai giovani: “È qui all’Università che dobbiamo affermare con determinazione il nostro “no” a ogni forma di violenza e discriminazione. È qui che dobbiamo promuovere una cultura fondata sull’educazione, sulla ricerca, sull’ascolto, sull’azione concreta, sulla pace e sulla solidarietà. Oggi siamo qui per chiedere di non abituarci al male: vegliare significa anche custodire la speranza e non essere indifferenti di fronte al male”.
Al termine della preghiera, sono stati posti dei fiori davanti al la sua immagine, all'ingresso del dipartimento di Statistica a nome di tutti i giovani della Comunità.
L'APPELLO DEI GIOVANI
Oggi siamo qui riuniti e abbiamo ascoltato queste parole perché sappiamo quanto sia importante oggi non rimanere in silenzio.
È importante non solo condividere il dolore ed interrogarci ma anche non smettere di cercare vie di cambiamento, perché queste vie esistono. La tragedia di Ilaria ci colpisce profondamente, scuote le nostre coscienze e ci chiama a una responsabilità comune: non possiamo accettare che tutto questo accada come se fosse inevitabile.
Lo dobbiamo a Ilaria. Lo dobbiamo a tutte le vittime della violenza.
Non possiamo abituarci a queste notizie. Ogni volta che una donna viene uccisa per mano di un uomo, è l’intera società a fallire. La lotta alla violenza contro le donne è una responsabilità comune.
La morte di una giovane è l’evento più tragico e doloroso che la vita umana può conoscere. Che la giovane sia una figlia, una sorella, che questa morte sia stata violenta, moltiplicano questo dolore, nell’intensità e nel tempo. Non è sufficiente questo dolore a far capire a tutti, a tutti, a tutti, quanto è grande e immensa e insostituibile, nell’intensità e nel tempo, la vita di una persona?
Questo grande dolore e questo vuoto ci interrogano - noi come rispondiamo? Davanti alla folla di gente che si schiaccia a vicenda, che sembra schiacciare la donna del brano evangelico, noi cosa risponderemo? Non vogliamo rimanere indifferenti. Vogliamo svegliarci. Vogliamo raccontare e vivere e moltiplicare la bellezza, la grandezza, l’intensità della vita che oggi non c’è. Era splendida ed insostituibile. Oggi può continuare a camminare solo se non lasciamo che l’indifferenza cancelli lei ed altre. Mai più mai più mai più.
Crediamo nella cultura, nell’Università, nel ruolo dei giovani per il futuro. Crediamo che la conoscenza non passi solo attraverso un sapere teorico che ricaviamo dai libri o che ascoltiamo nelle aule di questa Università, ma che sia anche una forza che deve trasformare ed educare la società.
Oggi la preghiera rappresenta un momento di conforto nel dolore comune, ma anche di riflessione e di speranza: sappiamo che è necessario costruire una cultura di pace, a partire dalle relazioni, attraverso il dialogo, l’ascolto, il rispetto reciproco.
Nel Vangelo di Marco si racconta di una grande folla che circonda Gesù. In mezzo a quella folla c’è una donna che soffre, da anni. È una donna fragile, ma determinata. Non pretende grandi gesti, non alza la voce: semplicemente, con discrezione, cerca di avvicinarsi alla speranza, di toccare anche solo il mantello di Gesù, perché sente che da Lui può venire la guarigione.
Gesù si accorge della donna che l’ha toccato. Si ferma, si volta, la guarda. Non resta indifferente. E questa è una chiamata per tutti noi: fermarci, guardare, non voltare lo sguardo dall’altra parte, oggi più che mai.
Qui, oggi, siamo una voce che ascolta. E vogliamo essere quella luce che abbraccia il dolore di Ilaria, della sua famiglia, dei suoi amici e delle sue amiche che l’hanno conosciuta ed amata.
Possiamo allora immaginare insieme il grado di sofferenza in cui versano tante donne, tante giovani ragazze come Ilaria, come Sara, come Giulia sopraffatte da un amore che non è amore.
E allora oggi, in questa Università, in questo luogo-casa della cultura, vogliamo dire con forza e a gran voce (una voce non di lotta violenta, ma una voce che abbraccia, che ascolta e protesa al dialogo) che non basta formarsi in termini di competenze: è qui che dobbiamo affermare con determinazione il nostro “no” a ogni forma di violenza e discriminazione. È qui che dobbiamo promuovere una cultura fondata sull’educazione, sulla ricerca, sull’ascolto, sull’azione concreta, sulla pace e sulla solidarietà.
Siamo qui per non restare in silenzio.
Siamo qui per dire, ancora una volta, NO alla violenza, in ogni sua forma.
Siamo qui per riaffermare il valore della vita di ogni donna e perché la morte di Ilaria sia veramente l’ultima.
Oggi siamo qui per chiedere di non abituarci al male: vegliare significa anche custodire la speranza e non essere indifferenti di fronte al male. Chiediamo così di spezzare l’indifferenza, per scegliere il coraggio della speranza. E lo facciamo insieme.