Preghiera del Lunedì Santo. Meditazione di S.E. José Tolentino de Mendonça sul Vangelo di Matteo 26, 47-50
"Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!". 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò. 50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono".
Il primissimo riferimento alla persona di Giuda nel Vangeli lo troviamo in quella lista di dodici discepoli che Gesù sceglie perché vivano prossimi a lui. In ebraico Giuda significa “il prediletto”, così come Cefa, il nome di Pietro, significa “pietra”. C’è chi vede in questo un segno dell’humor di Gesù, che chiama “pietra” un seguace così impaurito come Pietro e ha come discepolo traditore uno che di nome ha “prediletto”. Ma dobbiamo pur dire che in entrambi i casi la verità dell’amore prevale largamente sull’ironia. E non possiamo avere dubbi, Gesù non scelse Giuda per nessun’altra ragione che non fosse l’amore.
Il tradimento di Giuda viene raccontato in modo diretto ed espressivo, come abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo di Matteo, ma forse il suo tratto più raffinato, più intenso, è il fatto che si consuma servendosi di un simbolo di amicizia. Nei tre Vangeli sinottici Gesù viene consegnato a causa di un bacio.
In Marco Gesù non ha neppure il tempo di reagire. Giuda lo baciò e una folla con spade e bastoni gli mise le mani addosso e lo arrestò. In Luca siamo collocati davanti alla indignazione per il fatto che lo stratagemma scelto sia proprio questa manipolazione, non dovuta, di una manifestazione dell’affetto. E viene chiesto: Giuda, con un bacio tu tradisci il figlio dell’uomo? Nel racconto di Matteo troviamo invece questa dolorosa domanda, che non cessa mai di risuonare: Amico, perché sei venuto?
Il bacio sul viso era una pratica normale fra amici, come ancora oggi succede. Nella pura relazione maestro-discepolo, era usuale invece baciare le mani al primo in segno di rispetto. Ma Gesù, sappiamo, non è un maestro comune, anche nella forma in cui tratta i suoi discepoli. Ciò si può vedere nella scena della lavanda dei piedi, la cui singolarità è raccontata molto bene attraverso la reazione stupefatta di Pietro: Signore, tu lavi i piedi a me?
Non è, pertanto, strano che Giuda baci il volto del suo maestro, ma è sorprendente che Gesù, pur conoscendo il significato di quel bacio, lo chiami ancora amico: Amico, perché sei venuto? Giuda, con quell’atto ostile, rivela che ormai non è disposto a quella pratica di ospitalità che l’amicizia costituisce. Gesù, tuttavia, lo chiama amico, anche nello stesso decorrere del tradimento.
Come se l’amicizia di Gesù si protraesse fino alla fine e andasse, anzi, al di là della fine. Anche se Giuda traduce, attraverso questa rottura violenta, la sua incomprensione totale rispetto a Gesù, Gesù gli rimane vicino, custode della sua umanità, fedele della sua ricerca.
Apprendiamo noi, nei manuali scolastici, la celebre massima attribuita al proconsole romano Servilio Scipione: Roma non paga i traditori. Gesù, però, lo ripaga con un’amicizia incondizionata. Amico, perché sei venuto? Cosa significa la parola amico? Penso alla definizione di uno scrittore come Christiansen: Non siamo mai davvero soli, quando si ha un amico. Un amico sta ad ascoltare quello che tu dici e cerca di comprendere ciò che non riesci a dire.
In questo difficile incontro Giuda dice a Gesù che può fare a meno della sua amicizia, ma Gesù ribadisce a Giuda che egli non è solo, che lo sta ad ascoltare, che con lui condivide il suo destino. Che si sente parte di Giuda e sente Giuda come parte di se stesso, che gli offre la sua vita rubata, il sacrificio della croce. Che gli offre la vita di Dio, che non smetterà di trasmettere la pace e per questo accetta, in quelle circostanze, il suo bacio. Giuda lo prova, ma Gesù non poteva fare di meno. Umiliato dal tradimento, non cessò di mostrare il suo amore, si fece servo di Giuda, si fa servo di ogni uomo.
Più di una volta papa Francesco ha fatto riferimento a un capitello della basilica di Vézelay, in Borgogna. C’è lì una rappresentazione in volgare, che vista da vicino sconcerta. Da un lato si vede Giuda impiccato, la sorpresa, però, arriva dall’altro lato del capitello. Si vede un uomo che porta sulle spalle il corpo di Giuda, è il buon pastore che porta su di sé la pecora perduta. L’artista ha voluto esprimere l’ossimoro ardente che è sempre la speranza, ipotizzando che anche per Giuda, nel cuore di Cristo, vi sia stata salvezza.
A commento di questa immagine papa Francesco ha citato l’omelia che don Primo Mazzolari, in una Settimana Santa, tenne, dedicata proprio a Giuda “nostro fratello”. Povero Giuda -aveva esordito il sacerdote- che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. È uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po' di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non mi vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore, e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E, chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: Amico. Non possiamo tradire l’amicizia del Cristo. Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici, anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di lui, anche quando lo neghiamo. Davanti ai suoi occhi e al suo cuore noi siamo sempre gli amici.
Abbiamo così la responsabilità, e questa Settimana Santa ce lo ricorda, la responsabilità di vivere e testimoniare, come artigiani di giustizia e pace, un’amicizia che non scade mai. Sempre valida, sempre possibile, sempre pronta a ricominciare.