La morte di Modesta Valenti è avvenuta mentre chi le stava intorno discuteva sul da farsi. Se caricarla o meno sull’ambulanza, dove portarla, se era opportuno o meno. Insomma si discuteva, mentre lei soffriva. E soffriva tanto. Vorrei in questa occasione porre l’accento su questo aspetto della sua morte ingiusta: ci ricorda innanzi tutto quanti muoiono così, soli e abbandonati mentre gli altri vanamente discutono. Il nostro è un mondo pieno di liti e discussioni che si svolgono mentre alle persone che soffrono e stanno male non vengono dati né soccorso né risposte.
Si litiga su tutto, ma in realtà non poco ci si pone il problema di risolvere situazioni difficili: spesso l’obiettivo delle discussioni è scaricare la responsabilità su qualcun altro o qualcosa altro.
È vero qui a Roma così come è vero in ogni città e in ogni paese. Nella nostra città si muore troppo perché con difficoltà si trova chi si prende la responsabilità di tentare una risposta o semplicemente di aiutare.
Molto spesso le autorità pubbliche cercano di nascondere una realtà che cresce ovunque: la casa è sempre più cara e si allarga il divario tra chi può permettersela e chi non ha i mezzi. Un problema enorme diventato un’emergenza globale anche secondo le nazioni Unite. La ricerca di soluzioni sembra quasi impossibile.
Siamo convinti, dopo anni di esperienza accanto a chi vive per strada, che non è vero che l’elemosina o l’aiuto individuale aumentano la povertà o la stabilizzano in qualche modo. Si tratta di una tipica fake news a cui si vuole credere per non prendersi responsabilità. Chi vive per strada non lo fa per sua scelta o per approfittarsi della generosità degli altri. Certo quando si sta per strada da anni è poi difficile tornare ad avere un tetto sulla testa.
Ci sono anche tanti disagi mentali come conseguenza di una vita così dura. Ma aiutare i senza fissa dimora è una forma di responsabilità umana e sociale di chi si prende cura della propria città e del proprio quartiere.
Delle soluzioni anche temporanee possono essere immaginate dai cittadini stessi, prima ancora che le autorità se ne occupino. Anzi: è proprio la presa in carico dei cittadini che può smuovere le autorità, anche se spesso si pensa il contrario. È quello che abbiamo cercato di fare con il programma di housing sociale che la Comunità ha sviluppato in questi ultimi anni a Roma. Centinaia di persone che vivevano per strada oggi hanno una casa, che magari condividono con altre persone. E dalla casa la vita rinasce in tutti i suoi aspetti.
Si dovrebbe smettere di discutere e litigare per provare ad avere uno spirito di immaginazione generoso che trovi soluzioni e offra aiuto laddove serve. In fondo non è difficile: dal portare una coperta contro il freddo ad offrire da mangiare a procurare quelle forme di aiuto di cui ognuno è capace. Molti a Roma già lo fanno ma tale movimento di solidarietà deve crescere perché crea un tessuto solidale che poi avvantaggia tutti. Una città fredda e ostile contro i poveri lo diventa per tutti. Partire dai poveri significa arrivare a tutti: una città che diventa più generosa e attenta si trasforma in una comunità più vivibile, simpatica e umana per tutti.
È come se Modesta ci lanciasse un appello: invece di discutere e litigare, aiutateci per aiutarvi.