L'orrore della guerra, vista e raccontata dai bambini nella mostra "Facciamo pace?!" delle Scuole della Pace. A Roma fino al 26 marzo

La mostra sarà poi itinerante in altre città italiane

 

 

"La guerra – scrive Claudia di 9 anni –è come una casa senza pavimento”. E Zahar, anche lei 9 anni, afghana: "Se tutti sapessero il significato della pace, non vivremmo questa miseria oggi nel campo profughi”. Ali di Homs di 10 anni: ” in Siria studiavo e mi vestivo bene… oggi siamo sfollati di guerra: ci spostiamo da un paese all’altro ma non troviamo la pace”.

È la voce dei bambini a spiegare ai "grandi" l'orrore della guerra e il bisogno della pace. Una voce fatta di disegni, installazioni, come le gru di carta a ricordo delle 1000 gru che la bambina giapponese di Hiroshima creò prima di morire per le radiazioni; i palazzi devastati dalle bombe costruiti su un terreno dove ricorre la scritta "pace" in più lingue, o gli zaini colorati che richiamano quello di un bambino in fuga dai bombardamenti in Ucraina.

Ci sono i disegni di aerei che sganciano bombe sulle case, quelle di barche dall'enorme stiva piena di tante figure di uomini piccolissimi, a ricordo forse di un viaggio in mare come solo i bambini che fuggono dalle guerre conoscono, barchette di carta colorata ciascuna con un messaggio di speranza e di pace.

C'è questo e molto di più nella mostra "Facciamo pace?! La voce dei bambini sulla guerra" realizzata dalle Scuole della Pace di Sant'Egidio, aperta fino al 26 marzo al Palazzo delle Esposizioni a Roma e poi in altre città italiane.

Inaugurata sabato 4 marzo, da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità, Edith Bruck, la scrittrice sopravvissuta alla Shoah, Vincenzo Morgante, direttore di TV2000 e Marco Delogu, presidente dell'Azienda speciale Palaexpo, la mostra ha visto una straordinaria partecipazione di pubblico.

Le opere raccolte provengono da paesi in cui sono attive le Scuole della Pace di Sant'Egidio. Ci sono quelle che giungono da Kiev, Irpin,  Kharkiv ed altre città ucraine, dai bambini fuggiti nei campi profughi in Congo e dai piccoli siriani profughi nei campi in Grecia e in Libano o arrivati in Italia con i corridoi umanitari. Attraverso il percorso espositivo, i visitatori possono comprendere le difficoltà e le sofferenze vissute nella guerra, dando voce ai bambini che ne sono le prime e più innocenti vittime.

Di fronte a questa mostra, che consigliamo di non perdere, emerge, insieme alla commozione, la consapevolezza che - come ha sottolineato Marco Impagliazzo - "i bambini hanno una loro percezione, una loro idea chiara della guerra che stanno vivendo; sanno definirla e danno un loro giudizio che ci sorprende. La sorpresa per questa chiarezza è il frutto di questa mostra".