Il secolo della vecchiaia: giovani e anziani insieme per un mondo più umano. Intervista a mons. Vincenzo Paglia

Servizio di TG1 Dialogo

Il XXI secolo è considerato dagli studiosi il secolo della vecchiaia, non rischia di penalizzare se non di cancellare i giovani e quindi di alimentare lo scontro e non il dialogo tra le generazioni?

Viviamo 20 o 30 anni in più, è come se fosse sorto un nuovo popolo. Ecco perché il futuro, arricchito dagli anni,, deve essere arricchito di dialogo tra i bambini e giovani, tra i nonni e giovani, tra gli adulti e i nonni e i più piccoli. Questo è il futuro del nostro paese, perché il nostro paese, per altro, è il secondo paese al mondo per speranza di vita.

Dopo il covid Che ha travolto molti anziani che cosa è cambiato?

È più difficile perché richiede un cambio di paradigma, vorrei dire che è indispensabile inventare questi ultimi 30 anni di vita perché abbiano senso per chi li vive, per esempio per me, ma anche per chi viene dopo di me, dopo di noi. Se la vecchiaia è un naufragio quale speranza noi diamo ai nostri ragazzi?

Oggi lei ha 77 anni come vive la sua condizione di anziano?

Cerco di legarmi ancor più alle generazioni che dovranno salire proprio per rispondere a quel rafforzamento dei legami. Per parte mia io posso dare anche tanta esperienza, un esempio: sono nato nel 45, io non ho mai visto la guerra fino ad ora per questo mi fa ribrezzo. E sono intristito dalla facilità della di corsa alle armi, al conflitto. Questa testimonianza per me è preziosissima da trasmettere io non posso tacerla.  

Di tutte queste catechesi di Papa Francesco che cosa l'ha colpita in modo particolare?

Papa Francesco ha scritto il manuale su come invecchiare cristianamente. Su come vivere da cristiani e umani in questi 30 anni in più, ed è un primo pensiero organico che a mio avviso dobbiamo anche poi fare per tutte le altre età. Se passa l'idea che la giovinezza è l'ideale dell'umano, siccome siamo tutti fragili, è facile che veniamo tutti scartati. E chi vince? Il più forte? Il più ricco? Il più sano? Ma vincendo non vince, si prepara lui stesso una società amara di solitudine perché il problema di fondo è che la vita è bella se condivisa, è bella se chi è più forte aiuta chi è più debole.

E in questa realtà della Comunità di Sant'Egidio a Roma si cerca proprio di realizzare un clima di gioia e di serenità, è l'alternativa all’istituto, alle RSA, oggi sono 26 gli anziani che vivono qui in piccoli appartamenti e qui è stato accolto Alessandro Ventricini di 72 anni, ha fatto tanti lavori nel corso della sua vita, è stato anche negli Stati Uniti, poi si è trovato a Roma senza casa, senza un'attività perché?

Un'attività insieme a mio figlio l’avevamo avviata, era un bistrot, enogastronomia, enoteca che poi purtroppo dati i tempi è andato un po' in fallimento.

Ed è poi finito in una RSA. Nelle RSA molti anziani sono morti di COVID. Lei dove ha trovato la forza per resistere, per chiedere aiuto?

Ho cercato di reagire aiutando chi invece chi soffriva un po’ di più, come per esempio non poter ricevere visite da parenti, da amici, da amici stretti, spingendo carrozzine, cercando di portare gli anziani un po’ in giro, giocandoci a carte, facendogli fare chiamate, videochiamate ai parenti.

Valeria Mariantoni di Sant’Egidio: In questa casa, cerchiamo proprio di ricostruire per loro un ambiente familiare, dove si possano sentire a casa propria.