La croce e i sandali di Sister Mary e Sister Regina sull’altare dedicato ai Nuovi Martiri dell’Africa nella basilica di San Bartolomeo

L'omelia di mons. Vincenzo Paglia e le immagini della celebrazione

 

 

La basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina a Roma si è impreziosita di una nuova memoria proveniente dal Sud Sudan. Nella cappellina dei martiri di Africa e Madagascar sono stati posti i sandali, l’abito religioso e la croce pettorale di suor Mary Daniel Abut e suor Regina Roba Pasqual. Il 16 agosto 2021 le due religiose sud-sudanesi, appartenenti alla congregazione diocesana delle Sacred Heart Sisters della famiglia comboniana, sono state colpite a morte nel corso di un agguato al pulmino su cui viaggiavano di ritorno da una celebrazione.

La cerimonia è stata presieduta da mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, alla presenza di suor Alice Jurugo Drajea, superiora generale delle Sacred Heart Sisters, degli ambasciatori degli Stati Uniti d’America e del Giappone presso la Santa Sede, di Andrea Riccardi e del rettore della basilica, don Angelo Romano.

Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell'omelia di mons. Vincenzo Paglia

Gv 15,26 - 16,4a

Care sorelle e cari fratelli,
signori ambasciatori degli Stati Uniti e del Giappone,
ci troviamo assieme in questa Basilica di San Bartolomeo che san Giovanni Paolo II volle fosse dedicata ai Nuovi Martiri. E accogliamo la veste e i sandali di Suor Regina e di suor Mary, uccise in Sud Sudan il 16 agosto 2022 sulla strada per Juba mentre tornavano, insieme a molte altre persone, dalla celebrazione per il centenario della parrocchia di Loa, nella diocesi di Torit. Uomini armati hanno attaccato l’autobus dove viaggiavano. Tutti i passeggeri, comprese le due suore, sono riusciti a scendere dall’autobus e fuggire, ma gli assalitori hanno mirato appositamente alle due religiose e le hanno uccise.
Con questa preghiera ricordiamo l’ora della loro testimonianza, come abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni. Due discepole di Gesù hanno dato la loro vita per il Signore e per le sorelle e i fratelli. Suor Regina e Suor Mary si uniscono al numero dei testimoni e delle loro reliquie che arricchiscono questa Basilica. Per noi e per coloro che da oggi la visiteranno sono una testimonianza che edifica – non solo in senso figurato, ma reale – perché possiamo crescere nell’amore per il Vangelo con quella generosità che distingue coloro che hanno testimoniato sino al sangue la fedeltà al vangelo. Oggi sentiamo la grazia di applicare anche noi quanto scrive la Lettera agli Ebrei: “Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta”(12, 1-2). Potremmo dire, care sorelle e cari fratelli, che la testimonianza di suor Regina e suor Mary ci esorta a continuare a camminare – anzi a correre - sulla strada della comunicazione del Vangelo. Mi torna in mente l’inizio di una omelia che mons. Oscar Arnulfo Romero – che possiamo considerare il primo dei Nuovi Martiri – pronunciò al funerale di un prete ucciso dagli squadroni della morte: “Il Concilio Vaticano II – disse l’arcivescovo – chiede a tutti i cristiani di essere martiri, ossia di dare la propria vita per i fratelli. Ad alcuni, come a questo sacerdote, gliela chiede sino al sangue. A tutti comunque chiede di dare la propria vita gratuitamente per la salvezza degli altri”.
Questa Basilica dedicata ai Nuovi Martiri ci ricorda che il Vangelo va vissuto con quella dimensione di “eroicità” propria di Gesù. In questo tempo – segnato in maniera così radicale dall’individualismo – c’è bisogno della testimonianza di un Vangelo senza aggiunte, radicale. Il Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato ci ricorda che è lo Spirito di Gesù, lo Spirito Santo, che guida i cristiani. E noi di questo Spirito dobbiamo essere testimoni: un amore gratuito che spinge a donare gratuitamente la propria vita per la salvezza di tutti. Per questo il “mondo” – o meglio il principe di questo mondo – non vuole la pace. E non può non odiare i discepoli di Gesù che ne sono i testimoni. Per questo Gesù dice: “Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio”.
Care sorelle e cari fratelli, oggi deporremo l’abito religioso, la croce e i sandali di Sister Mary e Sister Regina sull’altare dedicato ai Nuovi Martiri dell’Africa. La loro testimonianza possa spingere il Sud Sudan sulla via della riconciliazione e della pace! E la visita che Papa Francesco si appresta a compiere sia di benedizione per il Sud Sudan e per l’intero continente africano, a noi tutti tanto caro. Da anni la Comunità di Sant’Egidio ha a cuore il Sud Sudan e l’intera Africa. Questa preghiera rinsalda l’impegno comune per pace.
E ringraziamo la Madre Generale, Sister Alice e le altre suore della Congregazione del Sacro Cuore a cui appartenevano Sister Mary e Sister Regina, per il dono prezioso che ci ricorda il martirio di queste due loro consorelle africane. La loro testimonianza ci rende pensosi di fronte alla violenza che hanno subito. Sia Sister Mary, che aveva anche ricoperto la carica di superiora generale delle Sorelle del Sacro Cuore, sia Sister Regina, che era amministratrice del Catholic Health Training Institute della diocesi di Wau, avevano vissuto fin da bambine in mezzo alla guerra. Sapevano bene che cosa significava doversi nascondere, fuggire con i propri familiari, cercare rifugio. Tutte e due – fedeli al Vangelo - avevano scelto di dedicarsi al Signore e ai loro fratelli, unendosi alla Congregazione del Sacro Cuore, particolarmente impegnata nella educazione delle donne, delle giovani soprattutto, come sappiamo essere tra le prime vittime di ogni conflitto.
Ambedue avevano affrontato in altre occasioni sfide difficili. Sister Mary, aveva testimoniato pubblicamente in più occasioni che solo grazie all’aiuto del Signore aveva potuto affrontare i gravi problemi che quella responsabilità le aveva presentato. Ecco alcune sue parole: “La guerra, le etnie, la divisione tra i leaders politici: solo la fede, nel mezzo della prova, faceva sì che la paura divenisse lo stesso grido di aiuto che ha salvato nella loro umiltà Giuditta (Gd 9), Esther (Es. 4, 17-30) e la madre Siro-fenicia (Mc. 7, 24-30); tutte donne che chiamano tutti all'unità e alla pace a partire dalla base.” Sister Mary e Sister Regina hanno dato la loro testimonianza, hanno donato la vita per il Vangelo nel loro paese, perché il loro sangue possa essere seme di pace e di fede nel Signore Gesù, perché venga presto il tempo della liberazione del popolo del Sud Sudan da ogni odio e violenza. Purtroppo il principe del male non cessa di seminare odio tra le diverse popolazioni che compongono questo paese, tra popolo e popolo, etnia ed etnia, tra pastori e agricoltori, membri di diverse formazioni politiche e milizie. La vostra Congregazione, care sorelle, continua a testimoniare la forza del Vangelo della pace: per lungo tempo, negli anni della guerra di indipendenza, avete subito espulsioni da parte delle autorità di Khartoum, ma questo non vi ha impedito di crescere e di maturare in Sud Sudan ed anche in Uganda. Oggi la testimonianza delle due suore parla anche nel cuore della Chiesa del Papa e assieme ai tanti martiri che vediamo raccolti nell’icona dell’altare lo accompagneranno nel prossimo suo viaggio in Africa perché sia pieno di frutti di amore e di pace. E così sia.