«Abbiamo sperperato il bene prezioso della pace». Meditazione di Marco Impagliazzo nel Mercoledì delle Ceneri

2 marzo 2022, Santa Maria in Trastevere, Mercoledì delle Ceneri

Marco Impagliazzo

Gioele 2,12-18

"Or dunque - oracolo del Signore -,
ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti.
13Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso,
lento all'ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male".
14Chi sa che non cambi e si ravveda
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
15Suonate il corno in Sion,
proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
16Radunate il popolo,
indite un'assemblea solenne,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
17Tra il vestibolo e l'altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
"Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti".
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
"Dov'è il loro Dio?".
18Il Signore si mostra geloso per la sua terra
e si muove a compassione del suo popolo.


Sorelle e fratelli,
il cammino della Quaresima lo iniziamo insieme, come popolo. Così siamo radunati in questa solenne assemblea che coinvolge tutti, senza escludere nessuno. Si allarga a tutte le nostre Comunità e giunge fino ai rifugi di Kiev, dove sono riparati i nostri fratelli e le nostre sorelle.
I vecchi, i fanciulli, i bambini lattanti, lo sposo, la sposa, i sacerdoti, i ministri del Signore. È un momento comunitario e tutti siamo chiamati a ritornare al Signore e invitati a pentirci, cioè a ricucire quella distanza dal Signore che c’è nella nostra vita. L’invito è proprio quello di ritornare al Signore, come abbiamo ascoltato dal profeta Gioele, il che significa, se questo è l’invito, che ci siamo allontanati, separati. Abbiamo preso le distanze da lui, abbiamo poco ascoltato la sua parola, poco l’abbiamo vissuta.
Questa preghiera la viviamo mentre si svolge la dolorosa vicenda di questa tragica settimana di guerra in Ucraina. Come popolo, come assemblea ci chiediamo, a nome nostro e di un popolo più numeroso come quello che vive in Europa: cosa significa essersi allontanati dal Signore?
Una prima risposta, forse la più evidente, è che abbiamo sperperato il bene prezioso della pace e oggi rimaniamo giustamente atterriti e preoccupati per ciò che accade. Ci siamo come abituati, nella ricchezza, a sprecare ciò che di buono abbiamo ricevuto dai nostri padri o costruito negli anni, ripiegandoci su di noi e sulle nostre piccole esigenze o capricci. Ci siamo anche abituati a lasciare crescere le conflittualità, le contrapposizioni, a non far tacere le piccole guerre del cuore o della mente.
Per questo, è tanto opportuno e necessario fermarsi oggi, Mercoledì delle Ceneri, ma anche ogni giorno di questi quaranta giorni preziosi, per una revisione di vita, per ascoltare la voce del Signore con tutto il cuore, per disarmare il nostro cuore. Lo facciamo con due gesti, ricevendo sul capo le ceneri, che ci ricordano la nostra finitezza, ma anche che il limite può essere superato credendo al Vangelo: convertitevi e credete al Vangelo. E poi passando attraverso la porta di questa basilica, in un pellegrinaggio ideale di ritorno al Signore.
La preghiera di questo tempo ci deve coinvolgere pienamente, così è scritto, con tutto il cuore, cioè con tutti i nostri sentimenti. Dobbiamo dare tempo alla preghiera, personalmente e come popolo. Vogliamo ascoltare con attenzione ciò che il Signore ci chiede, quando ci dice: Ritornate a me. Ce lo dice oggi, in questo inizio della Quaresima e in questo oggi vogliamo esserci tutti, facendo cadere ogni distanza o distinzione.
Ascoltiamo questo invito con responsabilità, cioè rispondendo al Signore che ci chiama. C’è un’urgenza, la situazione lo impone. La stessa urgenza che sentì il figliol prodigo, rientrato in se stesso, quando decise senza tentennamenti, dopo aver dilapidato il patrimonio del padre e aver sofferto una vita dura di privazioni, quando decise di ritornare alla casa del padre. Mi alzerò e andrò e gli dirò: padre, ho peccato verso il cielo e davanti a te. Sappiamo bene, in quel ritorno, cosa ricevette in cambio dal padre, un abbraccio e un bacio, segno di grande accoglienza, ma anche la veste più bella, un anello e sandali nuovi.
Ritornare al Signore che è misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, significa tornare ad essere pienamente figli, rigenerati e rivestiti di un abito nuovo. È quello che ci prepariamo a vivere in questo tempo, una rigenerazione e una novità che ci liberino dal peso del peccato che ci separa dal Signore e dai fratelli.
Per questo, deponiamo ogni parola, ogni pensiero, ogni sentimento che possono ferire o colpire gli altri. Chiediamo al Signore che nella sua misericordia ci faccia indossare l’abito dei pacifici e dei pacificatori e da questa Quaresima, come abbiamo ascoltato, intraprendiamo come popolo, con maggiore convinzione e coraggio la via della pace.
Nel ritornare al Signore c’è un motivo in più, quello di ringraziare perché ci ascolta, si prende cura di noi e non ci lascia soli.
Nel Vangelo c’è un altro ritorno, è quello del lebbroso risanato che torna a ringraziare Gesù. Ringraziare è un grande motivo per ritornare al Signore. In dieci erano stati guariti, ma solo quell’uomo fu anche salvato, perché era tornato a ringraziare. Tutti abbiamo bisogno di essere guariti e salvati da Gesù, di buttarci ai suoi piedi come il lebbroso e dirgli: Gesù, sono qui davanti a te con la mia polvere, il mio peccato, le mie miserie. Tu sei il medico, tu puoi liberarmi, guarisci il mio cuore.
Ti preghiamo, Signore, questa sera con fede e insistenza: libera e guarisci il mondo dal male della guerra.

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