Giornata della Memoria, meditazione di Don Marco Gnavi su Ezechiele 37,1-14
Oggi celebriamo, fratelli e sorelle, la Giornata della Memoria. In Italia questo è cominciato nell’anno 2000, ma nel 2005 le Nazioni Unite ne hanno fatto un evento universale, indicato al mondo intero. Il 27 gennaio 1945 è la data che ci riporta alla liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau per opera dell’armata sovietica.
È stata scelta questa data perché è un’epifania assoluta e tremenda del male. In quei campi e in quel campo, l’affermazione del popolo ebraico: “le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”, deve avere risuonato nel cuore, nell’anima, nei pensieri straziati degli ebrei destinati alla morte.
Auschwitz è un campo di sterminio, Vernichtungslager, la parola sterminio, in tutta la sua crudezza, non rende però a sufficienza la radicalità del termine. Vernichtungs, infatti, significa “trasformare qualche cosa in nulla”, nell’annientamento totale, ed era il risultato auspicato dalla follia nazista e di quel processo fondato sul pregiudizio antisemita che ha condotto, appunto, all’annullamento, al nulla. Anzitutto di 6 milioni di ebrei, ma con loro anche di quanti hanno collaborato allo sterminio.
La morte dell’umanità, della pietà, dei sentimenti migliori, della capacità di essere uomini. E nessuno era più al sicuro, lo sanno i rom, gli oppositori politici, quanti furono inghiottiti anch’essi insieme agli ebrei nell’abisso.
Ad Auschwitz dalla ferocia nazista furono uccisi forse dai 3 ai 4 milioni di ebrei in poco più di 2 anni, dal 1942 al 1944. E quanti altri campi di cui conosciamo i nomi: Majdanek, Treblinka, Mauthausen, Sobibor. Molti, troppi.
Occorre tornare con lo sguardo a quei luoghi, e ci aiuta il Primo Testamento. Il profeta Ezechiele, che aveva conosciuto la distruzione dell’anno 586, la disperazione, dice: “La mano del Signore fu sopra di me. Il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa. Mi fece passare accanto ad esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima nella distesa della valle e tutte inaridite”.
Chi fosse andato nei campi di concentramento o di sterminio, ha visto una valle di ossa inaridite o quello che era rimasto degli strumenti per annientare, uccidere e bruciare.
Al profeta viene detto in visione: “Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa di Israele”. Infatti, si voleva uccidere tutto il popolo di Israele, l’olocausto, che è consumazione della vittima, di tutto il popolo. E la sopravvivenza del popolo ebraico è stata minacciata innumerevoli volte nel corso della storia. Qual è l’anima della sua resilienza? La Torah, la sua vocazione, la cultura.
Ricordo quanto ci disse il rabbino Brodman insieme ad una folta assemblea di studenti giovani, ad Auschwitz-Birkenau. Il rabbino conobbe l’orrore di due campi e sopravvisse, era un bambino. All’estremo della fame, quando la madre non riusciva a sottrarre un pezzetto di pane per nutrirlo e lui disperato piangeva, lei diceva: Piccolino, recita con me i Salmi. E, sopravvissuto, è divenuto rabbino.
Il cardinale Wyszynski primate di Polonia, arcivescovo di Varsavia, dopo la guerra in pellegrinaggio al campo di Majdanek, di fronte alle ceneri dei corpi degli uccisi, si chiedeva straziato dal dolore: Potranno queste ossa rivivere? Potranno queste ossa rivivere? E’ una domanda lacerante che ci raggiunge ancora oggi. Milioni di vite perdute, come ripeté e scrisse Settimia Spizzichino. Milioni di vita, ma ogni vita erano sogni, famiglia, storia, futuro, speranze, nome, identità.
A Largo 16 Ottobre 1943 una lapide ricorda: E non cominciarono neppure a vivere. A Roma questa targa è stata posta in ricordo dei neonati sterminati nei lager nazisti: e non cominciarono neppure a vivere. E la targa prosegue: I pochi scampati alla strage, i pochi solidali, invocano dagli uomini perdono e pace, e invocano da Dio amore e speranza. Potranno queste ossa rivivere? Questa stessa domanda, rivolta dall’Altissimo al profeta è indirizzata a noi: Figlio dell’uomo, e noi tutti, potranno queste ossa rivivere?
Il brano del profeta Ezechiele pensa alla resurrezione del popolo, alla rinascita del popolo, non tanto in termini di resurrezione dei corpi, anche se il linguaggio intende mostrare questo, ma è tutta la casa di Israele che chiede di sopravvivere. “Profetizza su queste ossa e annuncia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore a queste ossa: Ecco io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete, metterò su di voi i nervi, farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”.
Il popolo eletto è sopravvissuto. Lo spirito è la vita infusa nelle generazioni che sono nate dopo la Shoah e lo spirito è quella vita che è stata protetta e difesa dai giusti. Accanto a Yad Vashem, a Gerusalemme, accanto al museo dell’olocausto, c’è il viale dei Giusti d’Israele, indica i nomi di quanti hanno protetto, salvato. Alcuni di grandezza d’animo insperata, eroi, ma anche molte persone ordinarie, che nella prova hanno scelto il bene ed hanno scelto la vita esponendosi.
Ed oggi, davanti alle manifestazioni odierne del male, occorre scegliere, occorre ancorarsi alla Parola di Dio, occorre, come noi facciamo con tanta passione e gratitudine, rafforzare i nostri legami fraterni con tutto il popolo ebraico, come avviene in molti luoghi in Europa dove la Comunità è presente. E come avviene anche dove le comunità ebraiche non ci sono, per distanza geografica, per storia.
Ma preservare il popolo ebraico e con loro preservare il mondo, è anche preservare la nostra umanità e costruire il futuro e sperare con loro. Perché anche a noi è data una vocazione: combattere la morte, combattere il male con il bene che ci viene da questi fratelli, da queste sorelle, con il Primo Testamento, con il Vangelo che ci ha fatto figli della speranza, fratelli di Gesù.
Siamo certo che la promessa di Dio si realizzerà: Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete. Ma, sorelle e fratelli, questo Giorno della Memoria ci aiuti a vivere vigilanti, a vivere in maniera empatica, da fratelli e sorelle, sapendo che l’antisemitismo è madre di molti altri odi e pregiudizi. E sapendo che preservare il popolo ebraico è anche preservare la nostra vita insieme a loro, la vita della comunità intera.
Chiediamo al Signore che ci accompagni verso un futuro privo di odio, privo di antisemitismo, privo di violenza, perché trionfi la promessa di Dio. Amen.