La pace spegne la violenza. Padre Mourad, ex ostaggio dell’Isis, incontra gli studenti a Tor Bella Monaca

 

 

Padre Jacques Mourad, monaco siro-cattolico, rapito nel maggio 2015 in Siria e rilasciato dopo cinque duri mesi di prigionia, consegna il suo cuore e il suo pensiero ai numerosi giovani convenuti nell’Aula Magna del liceo Amaldi di Roma venerdì scorso. Ripercorrendo i ricordi lucidi della prigionia, risponde alle numerose domande degli studenti di varie scuole del quadrante Est della capitale. Il confronto crea un ponte ideale tra Tor Bella Monaca e la Siria, periferie in cui il male comune della violenza si manifesta in diverse forme. Alla domanda se saremo in grado di costruire un mondo diverso dopo le ferite lasciate dalla pandemia, Padre Mourad risponde che “la via per cambiare il mondo considera ognuno, soprattutto i giovani! Noi adulti ci sentiamo colpevoli perché abbiamo lasciato a voi giovani una terra malata. Siamo tutti responsabili del cambiamento della vita e della terra”. Francesca, del movimento Giovani per la Pace, racconta il dilagare della violenza per le strade di Tor Bella Monaca, con le due recenti sparatorie avvenute in pieno giorno negli ultimi due mesi, chiedendo a Padre Mourad cosa possano fare di più i giovani per contrastare la violenza. Padre Mourad offre una risposta sorprendente, che nasce dalla sua esperienza: “la violenza esiste solo quando c’è una reazione violenta. Se si accoglie la violenza verso di noi con pazienza, con amore, con sensibilità, la violenza se ne va. Ho sempre imparato nella mia vita a non reagire alla violenza dell’altro” e aggiunge “Tutto si può cambiare anche qui, quando impariamo a credere che nulla è impossibile”.
Jacques Mourad racconta quali siano state le sue armi durante la prigionia: “Il dono che avevo nel momento della prigionia è stato guardare i miei carcerieri nei loro occhi e cercare Dio nei loro occhi. Dove può esistere Dio in queste persone così crudeli? Mi sono trovato profondamente una richiesta diretta di Dio di incontrare l’uomo in queste persone. Non era facile, ma con questo sguardo nei loro occhi sono arrivato veramente al loro cuore. C’erano due armi, quindi, due doni che ho ricevuto: guardare nei loro occhi per cercare l’uomo e la seconda arma era il silenzio. Il non reagire alla violenza è stata la risposta più forte tanto che i miei carcerieri hanno iniziato a trattarmi con meno durezza. Restavo in silenzio con un piccolo sorriso e con uno sguardo di mitezza”.
Padre Mourad racconta cosa lo ha tenuto in vita durante la prigionia: la preghiera, che lo ha aiutato a trovare il suo equilibrio e la sua pace.
Alla domanda di Marica, studentessa del Liceo Amaldi, se fosse riuscito a perdonare i suoi carcerieri, Padre Mourad risponde che “come cristiano non posso non perdonare. Il perdono è un’arma molto efficace. Non è solo un metodo di fare la pace ma un’attitudine di apertura senza limite”.  
Riprendendo l’immagine di Papa Francesco “siamo tutti sulla stessa barca” afferma che la barca del mondo sta andando verso la morte anche per il problema ambientale e il lavoro che tutti siamo chiamati a fare, a testimoniare e a lottare per cambiare questa situazione inizia dentro di noi. “Il vero miracolo viene da dentro. Quello che io ho vissuto con il mio rapimento, il mio ritorno alla vita è stato un miracolo. Questo miracolo è avvenuto dentro di me. La forza della mia testimonianza, del mio confronto, dell’amore che avevo verso i miei carcerieri ha salvato me. La tua vera forza – afferma Padre Mourad - è avere una vita interiore”.
Padre Mourad, al termine dell’incontro, racconta di come sia riuscito a scappare grazie all’aiuto di alcuni musulmani e che la notte prima della sua libertà abbia sognato una grande finestra dalla quale sarebbe uscito correndo e cantando “I am free, I am free”, pur non conoscendo la lingua inglese. Il giorno dopo, fuggendo sulla motocicletta con Hammad, appena superato il check point, P. Mourad si ricorda del sogno e canta “I am free, I am free”. La libertà – conclude P. Mourad - non è solo la libertà fisica ma soprattutto la libertà interiore. “Nella mia fuga ho celebrato la libertà interiore che non sono riusciti a togliermi”.