A Lesbos e Samos si lavora insieme, profughi e volontari, per migliorare la vita di tutti. #santegidiosummer continua...

Cronaca di un'estate straordinaria, oltre le differenze di lingua e di religione

 

 

Hanno indossato anche loro le pettorine blu con la colomba e l'arcobaleno di Sant'Egidio, e si sono messi - gratuitamente - a servire gli altri: sono i profughi delle isole greche di Lesbos e Samos. Si, perchè il bene è contagioso, non c'è che dire. E la vita vuota, angosciata di chi è fuggito dal proprio paese e attende mesi di sapere il proprio destino, riprende forza quando si possono usare le proprie energie per gli altri, a riprova che chi fugge in cerca di futuro non vuole essere un peso, ma è una risorsa. 


Il contagio della solidarietà si va allargando a turisti e cittadini greci, che si affacciano ad offrire aiuto, vincendo la paura e scoprendo la bellezza dell'integrazione. 
In queste settimane, la Comunità ha incontrato e aiutato quasi 5.000 profughi (3.500 a Lesbos sui circa 10.0000 presenti sull'isola, e 1.200 a Samos, dove in totale se ne contano circa 6.000).


La prima emergenza è il cibo: la maggior parte dei profughi riesce a malapena a mangiare una volta al giorno. Due piadine, una razione di fagioli e un cetriolo a persona, questo è più o meno ciò che è normalmente disponibile. E capita che per accaparrarsi le poche risorse disponibili, si creino tensioni. Ogni sera, si preparano più di 500 pasti: la cena attorno al tavolo, per gruppi di famiglie, abbondante e servita con cortesia, sana tante ferite e restituisce dignità: ed ecco che in tanti si mettono ad aiutare, le donne cucinano, i ragazzi servono a tavola.
Per la festa musulmana dell'Aid el Adha, un cuoco afghano ha preparato il cibo tradizionale per tutti - cristiani e musulmani. Alla distribuzione dei pasti hanno partecipato anche alcuni rifugiati africani cattolici. E qualche giorno dopo, per la festa dell'Assunzione di Maria, i cristiani hanno ricambiato, con una grande cocomerata alla fine della messa, nel cortile della piccola chiesa cattolica di Mitilene,
I rifugiati, anche quelli che stanno aiutando, vivono in situazioni precarie. Sotto tende malmesse abitano più famiglie, i servizi igienici sono assolutamente insufficienti, A tutti è praticamente negata l’assistenza sanitaria, tranne in casi di emergenza.
In entrambe le isole, con il mare calmo, continuano gli sbarchi. A Samos, non c'è più posto nemmeno nei campi informali. Tanti  - singoli e famiglie - non avendo un posto dove stare, sono rimasti per giorni ai bordi della strada che porta al campo, praticamente sull’asfalto, con soltanto dei cartoni.
Nei nuclei familiari appena arrivati gli uomini si mettono la lavoro per creare un riparo per la loro famiglia, ma per le donne sole, spesso con bambini piccoli, la situazione è ancora più grave. Per loro sono state acquistate e consegnate delle piccole tende, che permettono di dormire al riparo.
Il 22 agosto ci si è riuniti per pregare nel ricordo dei tanti che non ce l'hanno fatta a raggiungere le coste greche e sono morti in mare. Un momento commosso a cui non hanno partecipato solo i cristiani.
La speranza viene dai tanti che, stupiti e attratti dall'amicizia che si è costruita in queste settimane, stanno offrendo il proprio aiuto: nei prossimi giorni, si prepara una nuova pulizia del campo insieme agli immigrati e feste con i bambini.