Abudi, da 3 anni in Italia: i corridoi umanitari funzionano e scrivono una nuova storia dell’accoglienza

Il prossimo arrivo dai campi profughi del Libano il 4 giugno

Nei prossimi giorni, il 4 giugno, arriverà a Roma un nuovo gruppo di profughi siriani con i  corridoi umanitari.

Mentre li aspettiamo, vogliamo raccontare una storia, una delle 2500 e più che stiamo scrivendo insieme. È la storia di un bambino, Abudi, arrivato a Genova nel febbraio 2016, con mamma e papà, da Homs, in Siria. Sono fuggiti da un quartiere bombardato e rifugiati in Libano, nel campo profughi di Tell Abbas. Abudi ha 10 anni e la spina bifida. Vivace come solo i bambini sanno essere, nel campo profughi ha già imparato a chiedere a tutti in italiano “Come ti chiami?”. Ha una gran voglia di vivere, e si vede al Gaslini di Genova, dove è ricoverato e operato d’urgenza. Il neurochirurgo che lo ha tuttora in cura ha dichiarato che si è arrivati appena in tempo! Nei due mesi trascorsi in ospedale, Abudi conquista tutti: sorridente, mai capriccioso, nonostante  la postura fissa, le cannule, i dolori, a chi gli chiede come sta risponde sempre "bene".

All’uscita dall'ospedale trova una nuova casa, vicina alla scuola, un fratellino in arrivo... Abudi ha iniziato la scuola elementare in terza, oggi, a 13 anni, sta finendo la quinta. Ha partecipato ad ogni attività della classe, comprese le gite scolastiche. I suoi spostamenti sono affidati alla carrozzina che ormai maneggia con destrezza, esce con gli amici della
Scuola della Pace, presto andrà nuovamente in vacanza con loro. È molto popolare tra i vicini di casa che hanno imparato a conoscere e a voler bene a questa famiglia, che si è perfettamente integrata.

Come ha detto recentemente il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo “Quando con i corridoi umanitari accogliamo con la Chiesa italiana e con le comunità evangeliche i rifugiati siriani o dell’Africa, chiediamo alle parrocchie, alle famiglie, alle comunità, di accoglierli e di integrarli. Attorno a questo lavoro si crea una sinergia impressionante, la gente si conosce e lavora, anzi collabora perché queste persone si integrino. È un lavoro di popolo, di piccoli paesi, di parrocchie, un lavorare insieme”. (vai all’articolo).

Un lavoro che continua. Martedì 4 giugno arrivano altri 57 profughi. Continuamo a scrivere insieme storie che danno speranza.

 

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