La preghiera è fondamento della pace. La liturgia in San Petronio alla vigilia dell'Incontro #pontidipace2018

L'omelia di mons. Matteo Zuppi

Sapienza 7,7-11
Salmo 89 (90)
Ebrei 4,12-13
Marco 10,17-30
 

 

Iniziamo oggi con questa Santa Liturgia, dove impariamo tutti a ricevere e scambiarci la pace che Gesù stesso ci affida perché ne siamo artigiani, il pellegrinaggio di pace di questo anno. Cerchiamo la pace perché c’è la guerra e c’è tanta, troppa, insostenibile sofferenza. Cercare la pace ci fa entrare nella storia per cambiarla. Vogliamo anche far sentire a chi soffre la nostra preghiera e la nostra vicinanza. Chi sta male sa quanto è importante trovare comprensione e solidarietà, sapere che qualcuno si ferma, che prega per te, che non ti rimprovera come se fosse colpa tua, che non ti chiede “cosa hai fatto?” invece di aiutarti, che non ti lascia solo nella disperazione. Quando uno sta male è irritante, umiliante, disperante l’indifferenza. E tanti sono travolti dalla sofferenza. La pace chiede una conversione del cuore. Non pensiamo che la pace sia per sempre, perché non dimentichiamo il passato prossimo e non chiudiamo gli occhi sui tanti conflitti che abbiamo visto sorgere, prepararsi, scoppiare sotto i nostri occhi, tato da interrogarci sempre su cosa potevamo fare di più per impedirlo.

Non vogliamo dissipare questo che è il bene più prezioso affidataci da chi ha vissuto la guerra e sognava la pace, senza la quale non si vive e si perde tutto. Cercare la pace ci chiede di purificare il nostro cuore – perché un uomo che ha la pace la trasmette e la costruisce – per rendere migliore l’ambiente troppo intossicato dall’ignoranza, dal pregiudizio, dalla facile contrapposizione. Come l’ossigeno delle piante un uomo di pace dona l’ecologia buona del perdono, dell’attenzione, del rispetto, del valore di ogni persona. Noi vogliamo la pace, non il personale benessere che diventa stoltezza se si difende dicendo “a me che importa”, “sono forse io il custode di mio fratello”. Si, il fratello è affidato proprio a noi e possiamo custodirlo. La sua è la nostra pace! Il mondo è una stanza e senza pace ogni benessere è minacciato. Vorremo che questi siano giorni di cambiamento gioioso, perché è una gioia grande incontrarsi, conoscere, legare il nostro io a problemi, situazioni e sofferenze spesso ignorati, essere coinvolti in tanta umanità che lotta per il futuro e che lotta con speranza.
Ecco sono giorni in cui cerchiamo quella sapienza che dobbiamo preferire a scettri e troni, perché la ricchezza è un nulla rispetto ad essa. La vera sapienza è amare la pace e sceglierla, partendo da sé. Vogliamo con la nostra vita gettare tanti semi di incontro, memoria, speranza, conoscenza perché possano fiorire nel futuro. La Comunità ha fatta sua la consapevolezza di quel sopravvissuto saggio che fu San Giovanni Paolo II e di tutta la sua generazione che aveva chiaro come una altra guerra mondiale sarebbe l’ultima. E’ una consapevolezza che ci fa sentire orrore per il riarmo, fastidio per ogni parola che umilia l’altro, per i ponti che si distruggono con l’idea, sempre folle, di essere più sicuri se isolati e che il pericolo viene da fuori. Ogni ponte distrutto invece è un favore alla logica della guerra, perché fa crescere l’inimicizia.
Che cosa devo fare per avere la vita eterna, domandò quest’uomo. Egli cercava qualcosa che non finisca, consapevole della sua precarietà, della vanità delle cose. Anche noi ci rivolgiamo all’unico buono, libero da interessi, non ipocrita, non amante di un linguaggio doppio per le convenienze, davvero non violento, che insegna ad amare tutti quindi anche i nemici perché nessuno è nemico e in tutti ci insegna a vedere l’uomo. Gesù è l’unico che crede che questo sia possibile per tutti, perché con lui inizia oggi il mondo del futuro dove non ci sarà l’inimicizia. E’ l’unico buono che insegna ad esserlo e ci rende la bontà intelligente e possibile per tutti, anzi donata proprio a quelli che hanno sbagliato tutto, speranza per i tanti santi innocenti, severa consapevolezza per il suo giudizio finale che rivela oggi.
Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli parlò. Ecco cos’è la Parola di Dio, la nostra sapienza che ci fa possedere tutto e ci rende più importanti dei troni e dei re. Una parola di amore che ci coinvolge in quello che Dio vuole per il mondo e per gli uomini, via del futuro. “Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Ecco quello che c’è chiesto. Pace e poveri sono due delle nostre P e sono intimamente legati uno all’altra nel male, perché sappiamo come la guerra produce dolore e tanta povertà, tanta che non sappiamo misurarla, ma anche in positivo, perché ogni volta che usiamo misericordia verso uno dei piccoli combattiamo la guerra al male. A che serve conservare tutto se perdiamo tutto? La pace la capiamo e la troviamo solo amando. E ci è chiesto un amore di più, come diceva Mons. Yazigi, di più delle nostre paure, dei calcoli, delle convenienze, del limite stesso. L’amore cerca sempre di essere di più. Quell’uomo cercava una regola per stare bene lui. Gesù lo coinvolge invece per fare stare bene gli altri, perché la pace non si divide ed è sempre frutto dell’amore e quindi pieno. Amò lui e lo chiamò a seguirlo per diventare costruttore di pace insieme a lui. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò triste perché possedeva molti beni. Aveva paura di perdere il suo benessere. Gesù gli proponeva la pace per tutti e lui si aggrappa al suo piccolo possesso.  Non aveva capito l’amore, il destino comune di Gesù con lui e di lui con il prossimo. Riduce tutto ad un dovere, ad una legge che senza amore è davvero eccessiva.
In questi giorni non vogliamo restare scuri in volto difendendo la nostra ricchezza, anzi, con gioia vogliamo dire al Signore: Ti seguo nella tua scelta disarmata, di mettere ogni spada nel fodero, di non dire pazzo a nostro fratello, di guardare con amore chiunque. Non mi serve altro, perché ho trovato quello che cercavo e l’unico di necessario. Lascio tutto per avere tutto. Lascio anche il mio benessere per amare il mondo e non abituarmi al dolore di interi paesi che non esistono. Perdiamo la ricchezza di pensarci da soli. La vita e il futuro non dipendono dai beni ma da quello che abbiamo fatto con questi. Per costruire la pace andiamo oltre la paura che fa conservare tutto, perché come diceva Thomas Merton: “La tragedia del nostro tempo non è tanto la cattiveria dei malvagi, quanto l’inerme vanità delle migliori intenzioni dei buoni. E’ probabile che ogni guerra su larga scala si trasformi senza preavviso in un cataclisma nucleare globale non possiamo più permetterci di ignorare il nostro obbligo di lavorare per l’abolizione della guerra come mezzo per risolvere i problemi internazionali”.

Chi salva un uomo salva il mondo intero. Ci aiuta sempre San Francesco che suggeriva “La pace che annunziate con la bocca abbiatela ancor più nei vostri cuori”. Facendo misericordia si appianano le strade della storia. Questo significa essere perfetti: non è non sbagliare, ma amare come Gesù ci ha insegnato! Liberiamoci dalla paura che prosciuga l’energia dell’uomo e svuota le sue risorse, ci rende scuri in volto. Liberiamoci dalla paura e quindi dalla tristezza, con l’amore perché solo l’amore caccia la paura. Liberiamoci dalla paura con la fede in Dio che si prende cura dell’individuo. Nulla è impossibile a Dio, perché siamo uomini di fede. Nulla è impossibile a chi crede. Diciamo a tutti, con la nostra preghiera e la nostra umanità:  359 « Il Signore vi dia la pace!», come faceva San Francesco  a tutti quanti incontrava o venivano a lui.

Avvenga anche a Bologna quello che descrive un uomo, che si trovava in quell'anno (1222), allo Studio di Bologna e che ascoltò nella festa dell'Assunzione della beata Madre di Dio, il sermone che san Francesco tenne sulla piazza antistante il palazzo comunale, ove era confluita, si può dire, quasi tutta la città. "Non aveva stile di uno che predicasse, ma di conversazione. In realtà, tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta  di nuovi patti di pace. Dio conferì alle sue parole tale efficacia, che molte famiglie signorili, tra le quali il furore irriducibile di inveterate inimicizie era divampato fino allo spargimento di tanto sangue, erano piegate a consigli di pace". Che sia così anche da Bologna per il mondo intero. Pace.

(mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna)