E' la Domenica delle Palme del 2014, in una piazza della città ucraina di Zaporozhye scendono centinaia di persone: con i loro slogan vogliono contestare i manifestanti di piazza Maidan che a Kiev si oppongono alla sospensione, da parte del governo ucraino, dell’accordo di associazione tra Ucraina e Unione Europea. Nel giro di poco tempo, attorno a loro si raduna un numero molto maggiore di persone favorevoli a quella sospensione che li circondano e iniziano a tempestarli di uova e farina. Arrivano pullman di persone da altre città per rafforzare le fila degli assedianti: in una città che si trova proprio sul confine delle zone in conflitto c’è il rischio serissimo di un’esplosione di violenza. Il vescovo cattolico e quello ortodosso-ucraino si incontrano e decidono di andare a parlare con le due parti, poi l’ortodosso solleva il medaglione con l’immagine di Maria e, insieme, i due si mettono alla guida di una colonna di persone, rompendo l’assedio e portando in salvo le donne e gli uomini che erano circondati.
Luka Kovalenko, il vescovo della chiesa ortodossa ucraina che è stato protagonista di questo episodio, è stato in visita a Genova lo scorso finesettimana, dove ha incontrato la Chiesa genovese e ha parlato a molta gente. In occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ricordare come l’amicizia con il vescovo cattolico permise di salvare tante vite evitando uno spargimento di sangue, aiuta a comprendere come la ricerca dell’unità non sia solo un esercizio di cortesia, ma «l’unità è misteriosamente e concretamente un muro contro il male». Invitato dalla Comunità di Sant’Egidio, Kovalenko, che è arcivescovo dell’eparchia di Zaporozhe e Melitopol’, non ha tenuto una vera conferenza, ma ha dialogato – nella sala Frate Sole del convento dell’Annunziata – sulle sfide della riconciliazione in Ucraina, sul ruolo dell’educazione e dei media, sul dialogo tra le generazioni.
«Noi cristiani – ha spiegato il Vescovo – non esortiamo mai alla vittoria dell’una parte o dell’altra, ma per noi l’unica vittoria è la riconciliazione. La Chiesa conosce una sola vittoria: quella dell’uomo su se stesso». Passando dalla politica alla spiritualità, Luka Kovalenko ha raccontato qualcosa delle tensioni che ancora lacerano l’Ucraina (nonostante la tregua ufficiale, solo nel giorno di venerdì scorso settanta scontri a fuoco nel paese - «cristiani che sparano ad altri cristiani» - con un soldato morto e più di dieci feriti), ma ha anche voluto parlare di quanto sia necessario un lavoro di pacificazione che parta dall’interiorità degli uomini e delle donne: «noi siamo chiamati a creare fiducia, a costruire quella che Sant’Agostino chiamava una “concordia ordinata”, ad educare noi stessi e i nostri figli alla pace: la riconciliazione non è innanzitutto un lavoro diplomatico, ma inizia dal cuore dell’uomo».