Quando Emanuele Durante voleva trasformare i cattivi in buoni

Quando Emanuele Durante voleva trasformare i cattivi in buoni

Napoli, il delitto del ventenne

Morire a vent'anni a Napoli. Ancora un omicidio di un giovanissimo insanguina le strade della nostra città. L'agguato di sabato sera si è consumato in una strada centrale e trafficata, davanti ad automobilisti attoniti. Un'esecuzione di un ragazzo poco più che ventenne, freddato come un boss da sicari senza scrupoli. Questa volta quello che balza subito all'occhio è il cognome della vittima, Emanuele Durante era un parente di Annalisa, la ragazzina uccisa a 14 anni nel 2004 a Forcella. Quella morte scosse profondamente la città, e diventò la molla del riscatto del quartiere, con tutta una serie di iniziative e di manifestazioni che nel suo nome cominciarono a fiorire creando luoghi di aggregazione, fino alla realizzazione di una biblioteca in uno spazio comunale, dove tuttora vengono svolte attività culturali, sociali e rappresentazioni teatrali.
L'omicidio di sabato sembra gettare una maledizione su una intera famiglia. Tuttavia la lunga lista di giovani napoletani che in questi anni 
hanno versato il loro sangue innocente, ci parla di una carneficina che ha coinvolto troppi figli di Napoli.
Oggi Emanuele, ieri Santo, Francesco Pio e Giovanbattista, l'altro ieri Genny, Annalisa e tanti altri ancora. Un ricordo che si perde nel tempo e resta solo nel dolore delle madri che hanno visto improvvisamente stramazzare al suolo i propri figli nel fior fiore della gioventù. Giovani che hanno visto la loro vita rubata per una scarpa sporcata, per uno sguardo di troppo, o per aver difeso un amico; oppure per cercare di emergere da un'esistenza anonima attraverso appartenenze e modelli perversi. Altre volte per caso, alla fine per niente.
Sembra che non si finisca mai di imparare da queste tragedie, eppure in questi anni sono nate diverse iniziative per i minori, di associazioni, della Chiesa e anche alcune istituzioni sembrano aver innescato processi virtuosi come un monitoraggio più efficace dell'abbandono scolastico. Tuttavia il tempo è sempre troppo poco, e la violenza giovanile è un'emergenza che forse richiederebbe un 
cambio di passo, una risposta più efficace e sinergica.
Lo dimostra oggi con molta chiarezza la vicenda di Emanuele Durante. Era stato seguito nella Scuola nella pace della Comunità di Sant'Egidio
, quando frequentava le elementari. La sua era una famiglia molto difficile, una situazione ben conosciuta ai servizi sociali. Quando i genitori si separarono andò a vivere con il padre, che per un periodo finì in carcere. 
Il bambino appare in un video girato durante la colonia estiva quando racconta che la cosa più bella di quei giorni di vacanza erano gli amici, ma anche il grande spazio a disposizione, che evidentemente a casa non aveva. Poi davanti alla domanda "cosa faresti se avessi una bacchetta magica". Emanuele dà una risposta che lascia senza fiato: "i cattivi li trasformerei in buoni!". Emanuele Durante era un ragazzino molto sensibile, chi lo ha conosciuto racconta che durante le feste che si facevano con gli anziani negli istituti era quello più affettuoso. Aveva però una grande difficoltà nell'apprendimento a scuola: restava sempre indietro agli altri bambini. "Poi lo abbiamo perso di vista" dice la maestra che lo seguiva in quel tempo. Aveva avuto piccoli precedenti, ma non sappiamo se avesse fatto uno "sgarro" oppure volesse fare il grande salto nel mondo criminale, una scelta che gli sarebbe costata cara.
C'è da chiedersi come possa accadere che ragazzi normali, magari di buoni sentimenti, una volta cresciuti possano essere attratti dal fascino della malavita. Adolescenti che come altri sono appassionati di rap, musica, sport, ma che poi cercano di uscire dall'anonimato e decidono di farsi risucchiare da quel buco nero che è la camorra, una strada senza ritorno e senza futuro.

Il fenomeno della violenza giovanile è molto complesso e riguarda aspetti diversi e differenti fasce d'età. Una carriera criminale che comincia fin da piccoli fino a vederli arrivare appena maggiorenni in carcere a dettare legge e a vessare i detenuti più deboli, come talvolta accade, minacciando o passando alle vie di fatto per ottenere i loro servigi. Bisognerebbe cominciare a occuparsene nei primi mesi della loro vita come più volte ha suggerito Paolo Siani, senza trascurare gli anni successivi della scuola e dell'adolescenza.
E' un'emergenza che richiede un grande sforzo di risorse, di intelligenze e conoscenze, con diverse sinergie da mettere in campo. Non c'è più tempo da perdere, non possiamo più cincischiare. Il sangue dei giovani di Napoli urla di fare presto.

 

 
 


[ Antonio Mattone ]