Senza memoria non si va avanti. Per un cristianesimo nella storia. Editoriale di Andrea Riccardi
ARTICOLI

Senza memoria non si va avanti. Per un cristianesimo nella storia. Editoriale di Andrea Riccardi

Religione. Papa Francesco ha appena pubblicato una lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa
Concilio. Molto cambia con il Vaticano II. La parola historia, quasi assente nel magistero precedente, è citata 63 volte: è l'idea di un cristianesimo nella storia
Papa Francesco ha pubblicato una Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa che ha suscitato sorpresa. Per molto tempo, non c'è stata grande amicizia tra Chiesa e storia. Strano, perché - come scriveva Marc Bloch - il cristianesimo è religione storica a partire dai testi sacri. Si è allungata per decenni l'ombra della crisi modernista di inizio Novecento, nel sospetto verso storia e metodo storico, visti come spinta ad appiattire la fede a prodotto meramente umano. Al giovane Ernesto Buonaiuti, preso dall'entusiasmo per la storia e il progresso, il leader degli antimodernisti, mons. Benigni, dichiara: «Credete voi che gli uomini siano capaci di qualcosa di bene nel mondo? La storia è un continuo e disperato conato di vomito, e per questa umanità non ci vuole altro che l'Inquisizione!».
Si tratta di posizioni estreme. Storici ci sono sempre stati nella Chiesa. Eppure persisteva un sospetto, divenuto disinteresse. Nel 1954, Pio XII affermava, parlando agli storici: «La Chiesa cattolica è essa stessa un fatto storico». Nonostante le grandi affermazioni, permane però una diffidenza, spiegabile anche per il fatto che il metodo storico aveva messo in luce contraddizioni e fragilità. Storia, alla fine, significava caducità rispetto alla verità. Meglio chiudersi al dibattito scientifico, non praticare lo studio della storia comune, dei popoli e delle religioni.
Il card. Biffi, a fine Novecento, affermava: «senza gli occhi della fede, non si vede la Chiesa...». Le cose erano cambiate con il Vaticano II. Si pensi che la parola historia, quasi assente nel magistero precedente, è citata ben 63 volte: è l'idea di un cristianesimo nella storia. Queste posizioni avrebbero potuto portare a una rinnovata «amicizia» tra Chiesa e storia: un «cristianesimo nella storia». Anche perché - come scriveva lo storico Marrou - «conoscere storicamente è comprendere», fatto importante per una Chiesa che vuole leggere i segni dei tempi. Tuttavia, a livello d'istituti di formazione per il clero, la dimensione storica non è passata, mentre la filosofia è rimasta l'altra grande disciplina dominante accanto alla teologia. Questo comporta l'inevitabile chiudersi in una posizione astorica, specie nel groviglio della contemporaneità globale.
Francesco invece insiste sul fatto che «la storia della Chiesa ci aiuta a guardare la Chiesa reale»: bisogna formarsi a «una reale sensibilità storica». Ma la storia - continua - si deve liberare da una posizione «ancillare» verso la teologia. Del resto, il papa aveva già denunciato nella Fratelli tutti la «perdita di senso della storia»: «Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di decostruzionismo, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l'accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti». Le donne e gli uomini globali sono spaesati - diceva Todorov - e soprattutto figli del vuoto. Per il papa non è libertà, ma sudditanza ai processi manipolativi: «Nessuno può conoscere veramente chi è e che cosa intende essere domani senza nutrire un legame...»: con una comunità e la storia.
La riflessione di Francesco dà nuovo impulso alla sensibilità storica nella Chiesa e manifesta una preoccupazione complessiva, quella per un mondo senza storia. Che poi vuol dire, da una parte negarla, e dall'altra manipolarla al fine dei conflitti. La crisi della storia fa parte di un processo più vasto di deculturazione, che tocca fortemente le religioni. Emergono le religioni dell'emozione, quelle della teologia della prosperità, del neoprotestantesimo o del neopentecostalismo, legate all'istante, all'individuo, al miracolo. La Lettera di Francesco appare non solo un programma di ripresa di studi storici (sottolinea la necessità di recuperare la memoria degli umili e dei martiri), ma l'espressione di ancorare la coscienza religiosa a un robusto senso storico, che dovrà influenzare la formazione del personale ecclesiastico.
Un'operazione complessa, che incontrerà resistenze e inerzie, ma è una svolta culturale e nell'approccio con le persone e i popoli. Scrive a ragione un grande storico laico, Adriano Prosperi: «Solo la certezza di venire da lontano può spingere a guardare davanti a sé». Fine osservazione che, a suo modo, il papa sembra condividere quando scrive: «Senza memoria non si va mai avanti».
 
 

[ Andrea Riccardi ]