Tu sai come si fa a cambiare il mondo?

Le voci di alcuni dei 4.500 bambini provenienti da zone di guerra arrivati per incontrare il pontefice
C'è chi è giunto in Italia dal Corno d'Africa grazie ai corridoi umanitari, chi dalla Siria, dal Benin o da Gaza. Tutti sognano «che la guerra finisca e si possa vivere in pace»
A chi le chiede se sa chi è il Papa risponde che «è un uomo vestito di bianco che vuole bene a chi è in difficoltà». Ha le idee chiare Sama, 8 anni, arrivata dal Corno d'Africa lo scorso 16 aprile grazie ai corridoi umanitari. Non vede l'ora di vederlo, Francesco, e prepara disegni e domande. Per lei, che ha vissuto la maggior parte della sua vita in un campo profughi, a causa della guerra nel Tigray, l'Italia ha significato ricongiungersi, accompagnata dai genitori, con la nonna, che vive da tempo nel nostro Paese, abitare, con suo grande stupore e gioia, finalmente in una casa, andare a scuola, non avere più paura...
Come lei altri 4.500 piccoli provenienti da zone di guerra parteciperanno alla prima Giornata mondiale dei bambini. Molti, proprio come Sama, sono musulmani, altri ortodossi, altri ancora cattolici. «Si stanno preparando tutti con i loro abiti tradizionali, con cartelloni e disegni», racconta Stella Cervogni, coordinatrice delle Scuole di pace di Sant'Egidio e responsabile delle delegazioni estere della Gmb. «In loro c'è un grande senso di riconoscenza, di affetto e di allegria».
Alcuni di loro, in Italia da più tempo, hanno già incontrato il Pontefice il 6 novembre dello scorso anno, in Aula Nervi, altri si sono affacciati con lui dalla finestra di piazza San Pietro. «Questa volta porteremo la nostra bandiera», preannuncia il gruppo rom in arrivo dal campo di Scampia, il più antico di Napoli, e da quello di Giuliano, sempre in Campania. Una cinquantina in tutto, seguiti dai Fratelli delle scuole cristiane (i lasalliani), dalla comunità dei Gesuiti di Scampia, dalle Suore della Provvidenza, dalla stessa Sant'Egidio e dall'associazione Aizo rom e sinti, giungeranno a Roma spiegando ai loro coetanei il senso di quella ruota, l'eterno migrare, posta a metà tra l'azzurro del cielo e il verde della terra. Un viaggio reso possibile anche grazie al supporto di Migrantes, il cui referente in Campania è monsignor Giuseppe Mazzafaro, che coordina l'impegno nei campi. Per molti di loro, a parte un gruppetto di 12 bimbi già presente a novembre, sarà la prima volta che usciranno dal loro ambiente e da quell'esclusione totale che avvertono nella loro quotidianità. Tra loro anche Mimi, 13 anni, Angela e Cristina, 12, e Riccardo, di 9, che hanno ricevuto il battesimo la notte di Pasqua e faranno la prima comunione il 2 giugno. Per loro un cammino di due anni di catechismo che hanno alternato con il calcio per Riccardo, con il conservatorio per Cristina, con il teatro per Mimi, con la scuola per Angela. Anche a loro padre Fortunato ha chiesto di sfilare, nella parata di ingresso allo Stadio Olimpico, con i loro abiti tipici. Ha coinvolto un bimbo nell'offertorio, mentre Francesco è stato scelto per fare al Papa una delle dieci domande.
«Se ne avrò la possibilità vorrei chiedergli se sa come fare per cambiare il mondo», dice invece Alessio, 10 anni, che il Papa lo ha già incontrato. «Quella volta lì mi sono fatto firmare il pallone e la custodia del rosario, ma questa volta vorrei riuscire a chiedergli se sa come fare per cambiare il mondo». Anche perché lui a una soluzione sta già lavorando: «Vorrei creare un sistema per far aumentare le persone educate. Potrebbe essere una specie di passaparola dove uno fa del bene all'altro perché faccia del bene a un altro ancora e così via». È felicissimo di partecipare alla Gmb e ci tiene a precisare che «non andiamo dal Papa per prendere soldi o cose materiali, anche perché lui non è ricchissimo, ma ci andiamo per giocare, per conoscere altri bambini e perché lui ci vuole bene. La prima volta che lo abbiamo visto sembrava che ci conoscesse da sempre».
Originario del Benin, «ma sono italiano», con il sogno di «fare il doppiatore», ospite a Roma, con la mamma, del Protettorato di San Giuseppe che si occupa di accoglienza di minori in difficoltà, ride e scherza con Alejandro, 8 anni, che vuole «fare il calciatore e costruire una specie di prigione dove i cattivi possono studiare per diventare buoni», con Azab, 6 anni, che vorrebbe «che finisse subito la guerra in Ucraina», con Jwel, 10, che da grande vuole fare la veterinaria e salvaguardare l`ambiente. Il Protettorato riuscirà a portare dal Papa undici minori, mentre in totale la Cooperativa Auxilium, con il referente Roberto Rotondo, ne farà arrivare oltre 1.500.
Una trentina si metteranno in viaggio da Bitonto. «Sono tutti tra i 6 e i 12 anni», racconta Mariarosa Uccelli, «e alcuni di loro stanno aspettando da novembre. Appena rientrati da quella esperienza ci hanno immediatamente chiesto quando potevano tornare». Qualcuno arriverà anche dagli ospedali, dal Bambino Gesù e dal Gaslini. Tra loro alcuni piccoli di Gaza portati in Italia da Nave Vulcano. E poi ci saranno i bimbi siriani Antranik, 10 anni, e Charbel, 7, che disegnano ancora la guerra da cui sono scappati, Pamela, 7 anni e mezzo, che la Siria non la ricorda, ma la porta nel cuore. Era piccolissima quando i suoi genitori sono fuggiti verso il Libano e da lì, dopo l'esplosione del porto di Beirut, in Italia. E ora che ha da poco fatto la prima comunione, si appresta a partecipare alla Gmb con una speranza che affida alla preghiera: «Che la guerra in tutto il mondo finisca e che i bambini vivano in pace».

[ Annachiara Valle ]