Le Chiese e l'unità difficile: nazionalismi, etnicismi, diverse culture pesano sull'ecumenismo. Ma nel 2025 la data della Pasqua coinciderà per i cristiani di Oriente e di Occidente. Un'occasione da non perdere. Editoriale di Andrea Riccardi
DIALOGO

Le Chiese e l'unità difficile: nazionalismi, etnicismi, diverse culture pesano sull'ecumenismo. Ma nel 2025 la data della Pasqua coinciderà per i cristiani di Oriente e di Occidente. Un'occasione da non perdere. Editoriale di Andrea Riccardi

Il calendario. Fra un anno la data della Pasqua coinciderà per i cristiani di Oriente e di Occidente.
Ieri si è celebrata la Pasqua nelle Chiese ortodosse e orientali (armeni, copti, siriaci, etiopi e altri). Per lo scrittore russo, Nikolaj Gogol, i russi considerano la Pasqua come «essenza» della loro cultura. Putin ha partecipato, nell'imponente cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, alla liturgia pasquale celebrata dal patriarca Kyrill.
La liturgia al Santo Sepolcro di Gerusalemme è particolare: dall'edicola del sepolcro, il patriarca offre ai fedeli la fiamma di Pasqua, che si comunica ai presenti, illuminando la chiesa buia. Per Pasqua l'Oriente segue il calendario giuliano, non quello gregoriano, introdotto in Occidente nel 1582. Più volte, nel Novecento, si è posto il problema ecumenico di una data comune, ma sono emersi grandi ostacoli. Tali questioni coinvolgono la sensibilità dei popoli e si rischiano non solo aspre discussioni, ma scismi.
Da non molto, il patriarca copto, l'egiziano Tawadros, si è espresso per una data comune fissa, non mobile secondo il calendario. Papa Francesco sembra favorevole a spostare la celebrazione cattolica sulla data ortodossa. Non siamo però in tempi ecumenici. Ovunque si è raffreddato l'entusiasmo per l'unità dei cristiani, forte nella seconda metà del Novecento e dopo il Vaticano II. Il dialogo teologico ha fatto seri passi in avanti, ma è ancora parziale. Ci sono problemi teologici, ma soprattutto di storia e mentalità.
Il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras, morto nel 1972, che tanto operò per l'ecumenismo, colse l'incipiente processo di unificazione del mondo: invitò i leader cristiani a non arrivare divisi a quell'appuntamento. Invece, le Chiese sono giunte divise alla globalizzazione, anche se in migliori rapporti del passato. Il mondo globale fa emergere tante identità nazionali, etniche e religiose. Si p
ensi all'Ucraina. Costantinopoli ha riconosciuto nel 2019 l'autocefalia dell`ortodossia ucraina, suscitando l'ira di Mosca. L'invasione russa dell'Ucraina ha visto il sostegno della Chiesa russa a Putin nel quadro tradizionale della Santa Russia. La Chiesa ucraina ha difeso la resistenza, anche se il governo di Kiev non pare tanto interessato alle religioni. Esiste poi in Ucraina una grossa Chiesa ortodossa autonoma ma sotto Mosca, in seria difficoltà con il governo di Kiev. Il mondo ortodosso si è spaccato sulla questione ucraina. La divisione era evidente dal 2016, quando la Chiesa russa e altre tre rifiutarono di partecipare al Concilio panortodosso di Creta.
Le istituzioni internazionali, a partire 
dall'Onu, sono in difficoltà. Questo clima si ripercuote sulle Chiese, che spesso non reagiscono o si assimilano. Le forti Chiese anglicane di Nigeria e Uganda hanno rotto con gli altri anglicani favorevoli al sacerdozio di donne e omosessuali dichiarati. La Chiesa etiopica, bastione dell'unità del Paese, è divisa da varie crisi: gli ortodossi del Tigrai si sono staccati dal patriarcato dopo la guerra con Addis Abeba.
Del resto anche la Chiesa cattolica ha avuto una crisi per la reazione negativa delle Chiese africane a un recente documento vaticano che prospettava anche la benedizione delle coppie dello stesso sesso. La crisi è rientrata con una mediazione tra Roma e il cardinale Ambongo di Kinshasa, che ha criticato severamente 
la scelta romana per contenuto e metodo.Nazionalismi, etnicismi, diverse culture pesano sulle Chiese. Le opinioni pubbliche cristiane, ieri sensibili all'ecumenismo, ora lo sono poco.
Di fronte al rischio di conflitti e frammentazioni, la coincidenza - grazie al calendario - della data di Pasqua nel 2025 tra Oriente e Occidente appare un'occasione da non perdere. Certo siamo lontani da quel 1978, in cui il metropolita russo Nikodim, gran tessitore di rapporti con i papi, diceva al giovane Kyrill, di 
fronte alla basilica di San Pietro: «Nel 2000 con loro saremo uniti!». Di fronte alle guerre aperte e al rischio di guerre più larghe, le Chiese non dovrebbero, per loro missione, richiamare all'unità? Il Vaticano II ne aveva spiegato la missione, riprendendo l'antica visione della Chiesa, «sacramento di unità del genere umano». Ma le priorità di varie Chiese oggi sono altre.

[ Andrea Riccardi ]