Zuppi: «Servire chi soffre è profezia. No alla falsa sicurezza della violenza»

Zuppi: «Servire chi soffre è profezia. No alla falsa sicurezza della violenza»

Per i 56 anni della Comunità di Sant'Egidio la Messa nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma. Il presidente Impagliazzo: «Sentiamo la responsabilità della pace, da costruire come artigiani»
Mercoledì scorso la Comunità di Sant'Egidio ha spento 56 candeline. Il 7 febbraio del 1968 è infatti considerata la data di inizio della sua storia, quando a Roma un diciottenne di nome Andrea Riccardi si riunì per la prima volta con un gruppo di liceali nell'oratorio della Chiesa Nuova, sull'onda dell'entusiasmo suscitato dal Concilio Vaticano II.
Per festeggiare il compleanno, non tondo ma pur sempre ragguardevole, giovedì si è tenuta una celebrazione eucaristica nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, presieduta dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, presidente della Cei e soprattutto in questo caso figlio dell'esperienza della Comunità di Sant'Egidio. «Quanta gioia questa sera riempie le navate della basilica - ha detto il porporato nell'omelia - la basilica di San Paolo non è piccola, ma oggi sembra piccola. Quindi vuol dire che c'è molta gioia! Davvero contempliamo l'Evangelii Gaudium, la gioia del Vangelo, che diventa il ringraziamento per i tanti doni che, attraverso la Comunità di Sant'Egidio, hanno reso luminosa, beata, la vita di tanti». «Quel piccolissimo seme, gettato il 7 febbraio del 1968, non smette di dare tanti frutti» ha sottolineato Zuppi, «ecco perché oggi lodiamo il Signore. Non lodiamo i limiti, anzi sentiamo anche l'inquietudine per il tanto che manca da fare, personalmente anche il tanto che avrei dovuto fare. L'ansia di farlo meglio, di raggiungere i tanti dei quali sentiamo la sofferenza, spesso senza speranza, nella complessa, drammatica vicenda del mondo».
Volgendo lo sguardo al presente, il cardinale ha affermato che «una cultura di violenza sembra conquistare sempre più spazio, sembra essere pervasiva, convincente. Alla ricerca di sicurezza sembra dare sicurezza, e la maggioranza, spaesata e impotente, si rinchiude ancora di più in sé stessa. È quell'affermazione senza un "noi" e senza Dio, che porta inesorabilmente alla rovina. Un io nutrito da tanti fornitori di benessere individuale, e ce ne sono parecchi, ma che non trova mai sé stesso. Perché è solo uscendo da sé che capiamo chi siamo, ed è uno dei motivi per cui ringraziare la Comunità. Ci ha fatti uscire un po' tutti dall'egocentrismo e ci ha fatto accorgere degli altri. Per di più ci ha fatto anche amare gli altri e ci ha fatto vedere come amare gli altri, in realtà, ci fa star bene. Oltre che fa star bene».
Zuppi ha ringraziato Riccardi, che «non ha mai smesso di costruire casa e case, e di farci sentire a casa, di credere possibile che la terra sia una casa comune», ha rimarcato che «la Comunità non si è esaurita in una entusiasmante stagione di sogni, per poi addormentarsi nel grigio del cinismo e della indifferenza», ma «la radicalità dell'inizio è diventata la roccia di un amore fedele, che non abbandona nelle difficoltà, più forte delle delusioni e delle inevitabili fragilità».
Infine, «la Comunità rappresenta una profezia nel mondo. Cioè, la memoria degli inizi ci spinge a confermare con entusiasmo questa chiamata e la profezia vuol dire cominciare a vedere e a cercare e a realizzare oggi quello che sarà domani. I profeti vissero in tempi difficili. Non parlano di luce nel pieno del giorno, ma nella fatica della notte. Allora, ogni piccolo e umile servizio al prossimo è profetico, perché ritesse i frantumi delle società. Non si arrende, non si fa tentare - dice papa Francesco -dall'indietrismo, cioè guardare sempre un po' indietro - molto più facile di quello che si crede - ma cerca di vivere la passione dell'innamorato. La profezia è il gesto di amore che inizia oggi quello che sarà pieno domani. È per questo che la Comunità sente l'inquietudine di essere profezia nel mondo, del mondo che verrà. Che chiede oggi di costruirlo, di crederlo possibile, di riconoscerlo presente in quella creazione che tanto soffre». Chiudendo la sua riflessione Zuppi ha voluto ricordare «i fratelli dell'Ucraina, ma anche quelli, purtroppo tanti, che in moltissime zone di conflitto armato rappresentano con il loro amore la profezia della pace».
Molte le autorità civili ed ecclesiastiche che hanno partecipato alla Messa. Nel suo saluto il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, ha ringraziato «i membri del Governo e del Parlamento presenti così come i rappresentanti del Comune e della Regione», i «tanti membri del Corpo diplomatico che rappresentano tanti Paesi in cui la Comunità è viva e opera» . Anche l'avvocato Laura Mattarella e attraverso di lei il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha visitato recentemente un'opera della Comunità. «Negli anni abbiamo sentito la responsabilità della pace e l'abbiamo vissuta come costruzione artigianale - ha detto Impagliazzo - gli artigiani di pace sono uomini e donne della fraternità, del volontariato, della responsabilità sociale, del legame con l'altro. Sono educatori. Vivere la fraternità, aperti al mondo lontano come al prossimo vicino, fa germinare visioni di pace».
 
 
 

[ Tommaso Piccoli ]