Pro pace: Italia firmi trattato no anni

In occasione del 2 giugno, Festa della Repubblica, le associazioni e organizzazioni del mondo cattolico e dei movimenti ecumenici e non violenti su base spirituale, hanno chiesto che il Governo italiano ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari dell'Onu come primo passo per arginare la guerra in Ucraina e intavolare un percorso diplomatico che porti alla pace.
«Ci troviamo in uno scenario apocalittico, oggi è necessario più che mai che il Trattato venga firmato perché il crinale su cui stiamo camminando è pericolosissimo» ha dichiarato Carlo Cefaloni del Movimento Focolari aprendo la conferenza stampa alla Camera dei deputati. Nel suo intervento Enkolina Shqau della Papa Giovanni XXIII ha sottolineato che «per dire di no alla guerra e alle armi nucleari non si tratta di essere buoni ma di essere intelligenti perché non è possibile che ancora non abbiamo imparato nulla dai disastri del secolo scorso». «In occasione della Festa del 2 giugno vogliamo ricordare come l'Assemblea costituente - ha sottolineato Emanuela Gitto, vicepresidente settore giovani di Azione cattolica - decise di mettere il ripudio della guerra tra i pilastri fondativi della nostra Repubblica, per questo è importante che da queste stanze parta la ricniesta di far tacere le armi e di aprire un vero dialogo verso la pace».
«In questi mesi è mancata la politica, soprattutto una visione profetica della politica - ha detto Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Adi -. E così a vincere sono i soliti trafficanti, compresi quelli di droga e di esseri umani. Impegniamoci invece per firmare questo trattato come gesto profetico, come segnale forte per iniziare un vero percorso di pace e per accompagnare mons. Zuppi in questa sua missione in Ucraina, perché possa davvero aprire le strade necessarie».
Mario Marazzitti della Comunità di S. Egidio ha precisato che «la firma di questo documento sicuramente non serve a risolvere il conflitto in Ucraina, ma è un primo passo per abbassare la febbre della guerra e questa corsa folle agli armamenti». «La buona politica è quella che ci fa uscire dalla logica del mercato - ha affermato Maurizio Certini della Fondazione Giorgio La Pira - quindi dal business legato alla produzione di armi perché bisogna far capire a tutti che le bombe portano insicurezza». 

[ Ilaria Sputa ]