L'eterno dilemma Accoglienza o rifiuto? Il libro di Andrea Riccardi e Lucio Caracciolo

La competenza di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio, e Lucio Caracciolo, esperto di geopolitica e fondatore della rivista Limes, è già un motivo per leggere un dialogo pubblicato da Piemme col titolo Accogliere (pp. 112, euro 17,90). È evidente che gran parte del dibattito attuale, italiano e internazionale, ruota intorno a questo verbo sfaccettato, che non coinvolge solo i migranti, ma riguarda anche le politiche inclusive dei singoli Paesi e il senso (o non senso) di alcune regole «preistoriche».
Nelle prime pagine del libro, il direttore Caracciolo ricorda come l'accogliere o il rifiutare di accogliere rappresentano due atti contrapposti e, al tempo stesso, riflessi su noi stessi. In questi due atteggiamenti riveliamo e mettiamo alla prova il nostro io. L'estraneo, sin dalla cultura classica, è colui che rompe una regola e che, inevitabilmente, ci smaschera. «Di fronte al migrante - scrive Caracciolo rischiamo di scoprirci stranieri a noi stessi e a quel che pensavamo di essere. Per questo ci piace classificarlo in figure definitive e approssimative: il nero, il cinese, l`afghano eccetera. Insomma siamo all'essenzialismo più astratto».
Oggi, nei paesi occidentali, il verbo «accogliere» diventa quasi sempre sinonimo di «invasione». Si creano così schieramenti ideologici, che eludono l'unica domanda necessaria: fino a che punto siamo disposti ad accogliere uomini e donne d'un altro mondo? E questa domanda ci richiama il libro del politologo Huntington, Chi siamo?, in cui veniva fuori l'idea di come l`accoglienza ci metta in crisi, per cui, nella vita di una comunità o di uno Stato, viene a rappresentare un nodo esistenziale divisivo.
Riccardi, a sua volta, risponde che «accogliere o non accogliere è una domanda primordiale, che ogni uomo, ogni famiglia, ogni comunità si è sempre posta dinanzi a coloro che vengono da fuori». Cita la Bibbia e Adamo, nel deserto, quando vede arrivare tre sconosciuti, da lontano. La prima domanda rivolta è «amici o nemici?», cioè «accogliere o difendersi?».
Si potrebbe anche aggiungere che tutta la nostra radice mediterranea è incentrata sui miti di viaggio, di accoglienza e di rifiuti, da Ulisse a Enea. Quest'ultimo, in particolare, è un viaggiatore inquieto, ma soprattutto uno straordinario simbolo della nostra contemporaneità. Oggi definiremmo Enea un profugo, come tanti, col proprio figlio addosso, come uno dei tanti bimbi che, tempo fa, hanno percorso un viaggio tremendo da Moria alle porte d'Europa, in cerca di accoglienza e trovandosi, spesso, davanti a muri, fili spinati, violenti respingimenti, come quelli - oggi quasi dimenticati - dei polacchi. E poi c'è la storia italiana, come ricorda Riccardi, quella delle generazioni fino agli anni '60: un tempo pieno di emigranti, i quali fecero i conti con il disprezzo e col pregiudizio.
Fra le righe del libro si riscontra una consapevolezza di fondo: la storia delle migrazioni è continua e incessante, e tende a riproporre modelli di alterità-nemica mai superati. E dinanzi a tali temi non c'è potenza mondiale che non si spacchi. Per esempio gli USA si sono contrapposti politicamente e culturalmente (e continuano, in parte, a farlo) intorno al muro del Rio Grande al confine con il Messico, laddove poi, l'`architetto Rael ha bonificato parte di quelle lamiere «di rifiuto» in strutture architettoniche di accoglienza e gioco. Un fatto unico al mondo.
E l'Italia? Con alti e bassi, l'Italia ha tentato di accogliere, secondo il fondatore di Sant'Egidio, grazie a un modello familiare, che ha innescato percorsi di convergenza esistenziali e lavorativi. Caracciolo aggiunge un riferimento alla non caratterizzazione etnica dell'impero romano, tratto che poi è stato elevato dalla Chiesa cattolica romana - a principio di amore e carità. Questa caratteristica si è consolidata, nel tempo, nel «carattere nazionale» italiano. Interessante notare l'asimmetria fra chi cita il Cristianesimo come elemento identitario (fomentando il rifiuto dello straniero) e il dato reale: l'impoverimento del messaggio cristiano, e la perdita di influenza della Chiesa nella nostra società, stanno determinando un'accelerazione xenofoba.
 
 

[ Dorella Cianci ]