Anziani, carisma per tutta la Chiesa

A cura della Comunità di Sant'Egidio, un libro di letture spirituali per la vecchiaia. Testi di Maria Cristina Marazzi, Ambrogio Spreafico e Francesco Tedeschi, edito da Morcelliana

Se c'è una vecchiaia da ricercare anche da giovani, bisogna riscoprire anche la giovinezza nella vecchiaia. Non è vero che la giovinezza muore del tutto. La società sarà pacificata quando avrà accolto i valori della vecchiaia e anche la Chiesa sarà più ricca quando avrà valorizzato il carisma degli anziani.
Ecco il messaggio del libro "Gli anziani e la Bibbia" di Maria Cristina Marazzi, Ambrogio Spreafico e Francesco Tedeschi, edito da Morcelliana a cura della Comunità di Sant'Egidio. Andrea Riccardi autore della prefazione e del capitolo ultimo dal titolo "Io, invece, continuo a sperare (Sal 71,14)" così scrive: «Chi legge il libro della storia di oggi, s'imbatte nel gran numero di anziani: un fenomeno nuovo a cui trovare un significato. Così è rimandato all'altro libro, la Bibbia. Chi sono gli anziani nella Bibbia? Cosa dice il messaggio biblico sulla benedizione di una vita lunga, sul rapporto tra giovani e anziani? Ecco allora il senso di questo libro, sulle figure "anziane" della Bibbia, nel loro rapporto con la vita e con i giovani, frutto di un'esperienza di amicizia pluridecennale con gli anziani che ha spinto a interrogare, con loro la Bibbia sui "vecchi"». (p. 9)
Il libro analizza dodici esperienze di anziani; l'apice di quest'analisi si trova nell'ultimo capitolo dove si commenta il Salmo 71. Qui la parola più ripetuta è Sedaqah (vv. 2, 15, 16, 19, 25), ovvero la giustizia liberatrice di Dio, che compendia in sé tutte le azioni di salvezza ("Prodigi": v. 16; "Meraviglie": v. 17; "il tuo braccio" e "la tua potenza": v. 18). E' in questa giustizia e in questa salvezza, il dono di Dio che il salmista ripone la sua speranza e la sua fiducia (pp. 185-211).
La vecchiaia è un'età che rende particolarmente evidente la povertà insita nella condizione umana, quella povertà che coincide con la verità stessa della persona. La vecchiaia è un'età della vita ed è vita a tutti gli effetti, con debolezze e opportunità proprie (vedi p. 75-77). Karl Barth ha scritto che «la vecchiaia offre all'uomo la possibilità eccezionale di vivere non per dovere, ma per grazia», di valere semplicemente per ciò che si è, più ancora che per ciò che si fa.
Purtroppo questa "sana povertà", questa umanissima povertà della vecchiaia che pone al centro della vita di un uomo il senso della intera esistenza, oggi è degradata da una concezione efficientistico-produttiva dominante che rende l'anziano un emarginato, spesso un abbandonato dagli stessi familiari e condannato alla solitudine. La vecchiaia diviene un'età in cui entrare (si vuole vivere a lungo) ma da non assumere (si vogliono eliminare i suoi portati ritenuti più spiacevoli).
Ecco allora che la coscienza biblica e la creatività dei credenti si vede interpellata dalla vecchiaia e dalle situazioni in cui oggi è vissuta. Non si tratta certo di esagerare retoricamente l'equazione, non sempre verificabile, per cui vecchiaia significa sapienza, ma di riconoscere la piena dignità di persona all'anziano e di rivedervi il memoriale di ciò che noi stessi possiamo divenire e testimonianza vivente di una storia di fedeltà alla vita, e magari di perseveranza alla fede.
«Papa Benedetto non ha esaltato, come fa una certa retorica cattolica, la saggezza dell'anziano. La vera saggezza è la fede, l'accoglienza, la bontà, la gratuità, la preghiera. Questa è la profezia degli anziani. Questo è il loro ruolo nella famiglia umana ed ecclesiale». (p. 208-209). Ora il vero profeta per la Bibbia non è tanto chi sa indovinare il futuro ma chi è capace di leggere nel groviglio della storia il segno della presenza e dell'azione di Dio, il suo rivelarsi salvifico.
Emblematiche sono, allora, le figure di due anziani nel Vangelo di Luca. Simeone ed Anna, "profeti" del Cristo. In loro l'attesa del passato viene placata nella "luce" e nella "gloria" racchiusa in Cristo; gli occhi ormai deboli di un anziano sanno penetrare la misteriosa realtà del piccolo affidato alle sue braccia (p. 143 e seguenti). Ed è proprio per questo che sul "giusto" Simeone lo "Spirito" profetico è fuso: «lo Spirito Santo era su di lui» (2,25). E con lui l'ottantaquattrenne Anna «rende grazie a Dio e parla del bambino Gesù a tutti quelli che aspettano la liberazione di Gerusalemme» (2, 38).
La terza età può trasformarsi allora in un incantevole mattino di speranza perché si avvertano alle porte i passi del Cristo che viene. Non dobbiamo dimenticare che la logica di Dio non procede necessariamente secondo le nostre vie, anzi le sue scelte possono essere paradossali, come afferma Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi: «Dio sceglie le realtà stolte per confondere i sapienti, le realtà deboli per confondere i forti, le realtà ignobili, disprezzate, che sono nulla per confondere le cose che sono» (vedi Noemi p. 63, Eli p. 89, Giobbe p. 109, Tobia p. 127). E il meraviglioso parallelo di due coppie vecchie, Abramo e Sara per l'antica alleanza (p. 41 e seguenti) e Zaccaria ed Elisabetta (p. 143 e seguenti) per la nuova alleanza. Con la prima il germe insperato della vita nasce da un grembo sterile e morto, dato che «era cessato a Sara ciò che sogliono avere le donne» (Genesi 18,11) e la storia dei credenti prende il suo avvio. Al riso dubbioso di Abramo (Genesi 17,17): «Abramo si prostrò fino a terra e rise dicendo in cuor suo: "potrebbe forse nascere un figlio a un uomo di cento anni?"», a quello di Sara (Genesi 18, 12): «rise Sara dentro di sé pensando: "dopo essere invecchiata avrò io il piacere?"» si sovrappone, potente e grandioso il riso di Dio incarnato nel nome del figlio Isacco che in ebraico significa "il Signore ha riso".
Come da una radice spenta era sorto il popolo dell'alleanza, così da un grembo ugualmente morto inizia la nuova storia con Elisabetta e Zaccaria, genitori anziani di Giovanni Battista. Dalla coscienza della propria fragilità può nascere, allora un impegno nuovo: «Il limite imposto da Dio non è una punizione ma un'offerta quella di imparare a dare senso ai giorni, uno dopo l'altro, uno alla volta perché non sono infiniti. La finitezza e la debolezza dell'uomo e della donna sono un'occasione per vivere nella maniera piena. La fine dà significato e forza all'inizio e al futuro» (p. 25).
Il tema della comunicazione della fede da parte della generazione anziana è costante nella Bibbia, in particolare nelle esperienze di questi personaggi: Noè, Abramo, Noemi, Eli, Barzillai, Giobbe, Tobia, Eleazaro, Nicodemo. «Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli ma diremo alla generazione futura le meraviglie che Egli ha compiuto» (Sal 78,3). L'anziano diventa così maestro di fede.
L'anziano guarda al suo passato di gioie e di fedeltà e al suo presente di difficoltà e magari di amarezze con occhio sereno, pronto a essere testimone della fede e della sapienza di Cristo. Nella vecchiaia, come ha notato Guardina, viene meno la Dynamis immediata, la forza, la lotta dell'età adulta, eppure subentra un altro tipo di efficacia: la persona lascia trasparire il senso vero delle cose. L'anziano non è "attivo" ma "irradiante".


[ Egidio Faglioni ]